Libro Primo della Metafisica
Statua di Aristotele a Calcide
AutoreAristotele
1ª ed. originaleIV secolo a.C.
Generetrattato
Sottogenerefilosofia
Lingua originalegreco antico
SerieMetafisica
Seguito daLibro Secondo della Metafisica

«Tutti gli uomini per natura tendono al sapere.»

A (Alpha Maior) è il libro che apre la Metafisica di Aristotele. In esso tuttavia non sono introdotti i contorni essenziali di questa scienza onnicomprensiva, poiché lo stesso filosofo dimostra una certa cautela nell'elencare i requisiti che essa deve avere.

Il tema della sophia

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Con la celebre affermazione secondo cui tutti gli uomini tendono per natura al sapere (980a), Aristotele apre il Libro A parlando di sophia e prote philosophia, termini che indicano sia la nuova scienza come sapienza e filosofia prima (cioè filosofia basilare per le altre scienze), sia come filosofia dei predecessori e cioè antica saggezza dei filosofi precedenti. Ipotesi quest'ultima ben più ragionevole secondo la maggioranza degli studiosi moderni, poiché Aristotele mai come in questo libro fa riferimento agli endoxa (letteralmente: "esempi"), cioè va ad indagare cosa hanno detto le dottrine filosofiche prima di lui a proposito di una probabile scienza delle cause prime seguendo le teorie che vanno da Talete al maestro Platone passando dai pitagorici e dagli eleati.

Alcuni poi rintracciano un Aristotele ancora "immaturo" dato che, se da un lato ha come intento di staccarsi dallo studio della fisica secondo l'impostazione accademica, dall'altro usa termini e formule ancora molto legati alla scuola platonica. Un segnale chiave di questa congettura è quello dell'uso della prima persona plurale, che secondo avalli di recenti studi è un tratto peculiare dell'Accademia, in cui nelle lezioni al soggetto "io" si sostituiva per convenzione il "noi". Inoltre che il libro sia molto antico è dimostrato anche dalle numerose affinità con il Protreptico, poiché neanche qui è ben definita la scissione fra scienze teoretiche, pratiche e poietiche.

Il passo in avanti rintracciato in questo scritto è la descrizione dei tratti caratteristici della scienza ricercata, ossia scienza che deve avere come oggetto elementi divini (theoria), che nasce dalla meraviglia di fronte e al mondo (thaumazein) e che deve allo stesso tempo essere universalissima, in modo che conoscendola si possa conoscere anche tutto ciò che da essa deriva. Di rilievo è inoltre la differenziazione tra questa scienza e la scienza empirica, che invece nasce dall'esperienza e quindi è inferiore (981a).

Le quattro cause

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Nell'incipit dell'opera, la filosofia viene dunque definita come scienza prima, e oggetto principale del suo studio sono le cause e i princìpi (982a). Diversamente dagli altri esseri viventi, gli uomini, si è detto, ambiscono alla conoscenza, e la conoscenza altro non è che la ricerca delle cause relative ai fenomeni, quindi conoscenza delle cause.

Di queste cause, Aristotele nega che ve ne sia una sola, ma ne rintraccia ben quattro (982b):

Le dottrine dei predecessori

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Enunciate le quattro cause, Aristotele passa ad analizzare le dottrine dei suoi predecessori, da Talete a Platone. Risulta comunque chiaro che lo Stagirita nel fare ciò non ha alcuna intenzione storiografica. Anzi, come sottolinea Reale, egli dimostra di avere interessi esclusivamente teoretici, mirando a rilevare divergenze e continuità nel pensiero dei diversi sapienti e filosofi da lui analizzati. Per questo motivo, Aristotele non esita a tradurre le parole dei propri predecessori con i nuovi termini della filosofia da lui coniati.

Aristotele inoltre, rivela due tipi di errori in tali dottrine: da un lato, hanno peccato di unilateralità, presentando un'unica causa - e comunque mai tutte; d'altro lato, di queste cause da loro trovate, essi hanno parlato con scarsa chiarezza. Dalla lettura del libro A si deduce quindi che tutti i pensatori da lui citati e studiati hanno peccato per eccesso o scarsità nelle proprie teorie.

Molto approfondita e densa è la critica a Platone che così si può sintetizzare:

Collegamenti esterni

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