Senecione gibboso | |
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Jacobaea gibbosa | |
Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Superasteridi |
(clade) | Asteridi |
(clade) | Euasteridi |
(clade) | Campanulidi |
Ordine | Asterales |
Famiglia | Asteraceae |
Sottofamiglia | Asteroideae |
Tribù | Senecioneae |
Sottotribù | Senecioninae |
Genere | Jacobaea |
Specie | J. gibbosa |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Sottoclasse | Asteridae |
Ordine | Asterales |
Famiglia | Asteraceae |
Sottofamiglia | Asteroideae |
Tribù | Senecioneae |
Genere | Jacobaea |
Specie | J. gibbosa |
Nomenclatura binomiale | |
Jacobaea gibbosa (Guss.) B.Nord. & Greuter, 2006 | |
Sinonimi | |
Bas.: Cineraria gibbosa Guss. (1821) |
Il senecione gibboso (nome scientifico Jacobaea gibbosa (Guss.) B.Nord. & Greuter ], 2006) è una specie di pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Asteraceae (sottofamiglia Asteroideae).[1][2]
Il nome generico (Jacobaea) potrebbe derivare da due fonti possibili: (1) da San Giacomo (o Jacobus); oppure (2) in riferimento all'isola di Santiago (Capo Verde).[3] L'epiteto specifico (gibbosa) significa “rigonfia”[4] (probabilmente dato per le gibbosità basali delle brattee involucrali).
Il binomio scientifico attualmente accettato (Jacobaea gibbosa) è stato proposto prima dal botanico italiano Giovanni Gussone (1787 - 1866) e poi perfezionato dai botanici Rune Bertil Nordenstam (1936-) e Werner Rodolfo Greuter (1938 -) nella pubblicazione ”Willdenowia. Mitteilungen aus dem Botanischen Garten und Museum Berlin-Dahlem. Berlino-Dahlem” del 2006.[5]
Habitus. L'altezza di queste piante varia da 3 a 6 dm. La forma biologica è camefita suffruticosa (Ch suffr), ossia sono piante legnose alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm. Le porzioni erbacee seccano annualmente e rimangono in vita soltanto le parti legnose. Queste piante possiedono al loro interno delle sostanze chimiche quali i lattoni sesquiterpenici e alcaloidi pirrolizidinici[6][7][8][9][10][11][12]
Radici. Le radici sono avventizie da rizoma.
Fusto.
Foglie. Le foglie si possono distinguere in basali e cauline. Il contorno della lamina delle foglie inferiori è triangolare (dimensioni: larghezza 8 cm; lunghezza 15 cm). In tutti i casi la lamina è profondamente incisa (in modo diverso a seconda che siano basali o apicali) e si presenta con più o meno 5 lacinie lineari o lanceolate per lato e un segmento apicale dalle dimensioni di 4 x 6 cm a forma lobata o tripartita. La consistenza è grassetta e coriacea. Il colore è bianco niveo nella pagina inferiore e cenerino-farinoso (o verde scuro) in quella superiore. Le foglie lungo il fusto sono picciolate a disposizione alterna e con dimensioni minori ma simili nella forma.
Infiorescenza. La sinflorescenza è formata da diversi capolini in formazione di ampi e densi corimbi a volte circondati da rami laterali. La struttura dei capolini (l'infiorescenza vera e propria) è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro cilindrico composto da più brattee disposte su un unico rango e tutte uguali fra loro, che fanno da protezione al ricettacolo più o meno piano e nudo (senza pagliette)[13] sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati gialli e quelli interni tubulosi di colore giallo aranciato. Alla base dell'involucro possono essere presenti alcune squame minori (da 1 a 3); mentre le squame interne sono glabre e alla base sono ingrossate in una gobba. Diametro dei capolini: 10 – 15 mm. Diametro dell'involucro: 5 – 6 mm. Lunghezza delle squame: 4 – 5 mm.
Fiori. I fiori sono tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Sono inoltre ermafroditi, più precisamente i fiori del raggio (quelli ligulati e zigomorfi) sono femminili; mentre quelli del disco centrale (tubulosi e actinomorfi) sono bisessuali o a volte funzionalmente maschili.
Frutti. I frutti sono degli acheni con pappo. La forma degli acheni è ellittico-oblunga oppure strettamente oblunga; la superficie è percorsa da diverse coste longitudinali e può essere glabra o talvolta pubescente. Possono essere presenti delle ali o degli ispessimenti marginali. Non sempre il carpoforo è distinguibile. Il pappo (persistente o caduco) è formato da numerose setole snelle, bianche disposte in serie multiple.
Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama tramite farfalle diurne e notturne).
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi (gli acheni) cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). In questo tipo di piante avviene anche un altro tipo di dispersione: zoocoria. Infatti gli uncini delle brattee dell'involucro (se presenti) si agganciano ai peli degli animali di passaggio disperdendo così anche su lunghe distanze i semi della pianta. Inoltre per merito del pappo il vento può trasportare i semi anche a distanza di alcuni chilometri (disseminazione anemocora).
Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Endemico.
Distribuzione: è una specie distribuita in tutta l'Europa meridionale (e naturalizzata nell'America del Nord). In Italia è distribuita in Calabria (nella zona di Palmi risulta specie protetta[17]) e Sicilia.
Habitat: l'habitat tipico di questa specie sono i luoghi marini rocciosi; si trova facilmente su pietraie e muretti.
La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sudamerica, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[18], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[19] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[20]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie; la sottofamiglia Asteroideae è una di queste e rappresenta l'evoluzione più recente di tutta la famiglia.[1][10][11]
Il genere di questa voce appartiene alla sottotribù Senecioninae della tribù Senecioneae (una delle 21 tribù della sottofamiglia Asteroideae). La struttura della sottotribù è molto complessa e articolata (è la più numerosa della tribù con oltre 1.200 specie distribuite su un centinaio di generi) e al suo interno sono raccolti molti sottogruppi caratteristici le cui analisi sono ancora da completare. Il genere di questa voce, insieme al genere Bethencourtia, forma un "gruppo fratello" e si trova, da un punto di vista filogenetico, in una posizione abbastanza centrale della sottotribù.[11]
I caratteri distintivi per le specie del genere Jacobaea sono:[12]
Nell'ambito della flora spontanea italiana J. gibbosa fa parte del "Complesso di Jacobaea maritima" comprendente la specie:
Questo gruppo è caratterizzato da portamenti suffrutici sempreverdi alti da 2 a10 dm con pelosità più o meno bianco-tomentosa, da foglie a consistenza grassetta e forme da pennatosette a lobate, da sinflorescenze formate da ricchi capolini piccoli e con fiori gialli. L'habitat varia da aree marittime a quelle montano-vulcaniche; in generale è un ambiente limitato alle zone più calde del bacino Mediterraneo.[12]
La specie J. bibbosa è individuata dai seguenti caratteri specifici:[12]
Il numero cromosomico di J. gibbosa è: 2n = 40[21]
I “senecioni” (almeno quelli della flora spontanea italiana) non sono molto dissimili uno dall'altro. La Jacobaea maritima si distingue soprattutto per il suo habitus bianco-tomentoso. Altri senecioni hanno le foglie simili (tomentose color cinereo) come la Jacobaea incana (ma è molto più basso e vive a quote più alte), oppure la Jacobaea persoonii (si trova solo nel Cuneese) oppure la Jacobaea uniflora (le foglie sono intere e lineari) oppure il Senecio gallicus (è distribuito nelle Alpi centro-orientali).
Più difficile è il riconoscimento delle specie del "Gruppo di J. maritima". Il disegno a lato sia delle foglie che dell'involucro possono aiutare l'identificazione delle varie entità.
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
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Questa pianta in generale contiene alcaloidi pirrolizidinici che sono molto tossici per il fegato. La medicina popolare per il Senecio cinerario riconosce la seguente proprietà: oftalmica (facilità il flusso del sangue agli occhi e quindi rafforza la resistenza alle infezioni).[22]
La specie di questa voce è in coltivazione nei giardini europei fin dal 1563. Ad esempio era presente nel giardino botanico del medico e anatomista italiano Andrea Cesalpino (1519 – 1603).[23]
Necessita di un'esposizione in pieno sole, predilige i terreni ben drenati, sabbiosi o a scheletro prevalente (pietrosi). Tollera bene la siccità e la salinità (sia del terreno che per aerosol marino). Esistono molte cultivar utilizzate a scopo ornamentale, esse sono selezionate in base al colore e alla dimensione di foglie e fiori.