Geno Pampaloni, vero nome Agenore Pampaloni (Roma, 25 novembre 1918Firenze, 17 gennaio 2001), è stato un giornalista, critico letterario e scrittore italiano. Benché si sia sempre rifiutato di riunire in volumi la sua sterminata produzione critica,[1] Geno Pampaloni è considerato uno dei maggiori conoscitori, interpreti e critici letterari del Novecento italiano.[2]

Biografia

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Nato a Roma da genitori toscani (padre di Colle di Val d'Elsa, Agenore Pampaloni, e madre di Anghiari, Assunta Guerri, sorella di Domenico Guerri), Pampaloni compì gli studi liceali a Grosseto, dove frequentò il ginnasio-liceo classico Carducci, diplomandovisi nel 1937. Successivamente compì i propri studi universitari dapprima presso l'Università di Firenze e poi presso la Normale di Pisa e l'Università di Pisa, dove conseguì la laurea con Luigi Russo.

Dal 1938 al 1940 collaborò alla rivista letteraria Ansedonia, in qualità di vice-direttore. Durante la seconda guerra mondiale combatté in Corsica nelle file del Corpo Italiano di Liberazione. Scrisse su Italia Libera, il quotidiano del Partito d'Azione; per dodici anni fu collaboratore di Adriano Olivetti quale responsabile dei servizi culturali e segretario generale del movimento Comunità. Più tardi divenne direttore editoriale delle case editrici Vallecchi e De Agostini. Come giornalista e critico letterario svolse un'attività intensa collaborando a vari quotidiani (Il Corriere della Sera, Il Giornale fondato da Indro Montanelli, per poi seguirlo su La Voce) e riviste (La Fiera Letteraria, Il Mondo, L'Espresso), sia come saggista letterario, sia come "attento osservatore del costume politico e sociale"[3]

Con i suoi numerosi saggi, contributi in volumi, recensioni, prefazioni e articoli, favorì la comprensione della letteratura italiana del XIX e soprattutto del XX secolo, mediante acute analisi di autori come Emilio Cecchi, Italo Svevo, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Elio Vittorini, Cesare Pavese e molti altri. Tra i pochi saggi raccolti in volume, sono da menzionare in modo specifico quelli dedicati a Pavese (Trent'anni con Cesare Pavese, 1981)[4] La sua delicata vena narrativa traspare da brevi scritti autobiografici come Buono come il pane (1983), Fedele alle amicizie (1984), Bonus malus (1993), I giorni in fuga (1994).

La sua morte fu da tutti considerata la scomparsa di un grande critico letterario.[5] A dieci anni dal decesso, la sua nota ritrosia venne ricordata, tra l'altro, in un elzeviro di Pietro Citati.[6]

Riconoscimenti

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Opere

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Introduzioni, saggi, curatele

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Note

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  1. ^ A tal riguardo, il grande poeta Mario Luzi scrisse di lui: «È stato avaro non di sé, ma verso di sé. Peccato!» (Il segreto di una lettura mai separata dalla vita, in La Nazione, 18 gennaio 2001, p. 23.)
  2. ^ Grande dizionario enciclopedico UTET, Appendice VII (2002), p. 201.
  3. ^ L'universale, Letteratura, volume II, Garzanti libri (2005), p. 767.
  4. ^ Serena Andreotti Ravaglioli, Pampaloni, Geno, in Enciclopedia Italiana Treccani, V Appendice (1994).
  5. ^ «2001. Muore Geno Pampaloni, fra gli ultimi rappresentanti della grande critica militante e giornalistica», in Grande dizionario enciclopedico UTET, Appendice VII, p. 201.
  6. ^ Il critico Pampaloni, scrittore nascosto, in Il corriere della sera, 12 novembre 2011.
  7. ^ » ACCADEMIA AADFI, su aadfi.it. URL consultato il 15 agosto 2022.
  8. ^ Anno 1992 Geno Pampaloni, su prolocogrosseto.it. URL consultato il 6 gennaio 2022.

Bibliografia

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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