Esercizio di cristianesimo
Titolo originaleIndøvelse i Christendom
Altri titoliScuola di cristianesimo
AutoreSøren Kierkegaard
1ª ed. originale1850
1ª ed. italiana1950
Generesaggio
Sottogenerereligione
Lingua originaledanese

Esercizio di cristianesimo (in danese Indøvelse i Christendom) è un'opera del filosofo Søren Kierkegaard, pubblicata con lo pseudonimo di Anti-Climacus il 27 settembre 1850. In italiano è noto anche come Scuola di cristianesimo o Esercizio del cristianesimo.

Con lo stesso pseudonimo Kierkegaard aveva pubblicato l'anno precedente La malattia mortale, entrambi miranti a esporre la sua visione ideale della cristianità, in opposizione ai lavori firmati con lo pseudonimo di Johannes Climacus, considerato piuttosto autore di opere estetiche. L'uso dello pseudonimo, anche se ormai chiaramente individuabile,[1] sta a significare l'inadeguatezza dell'autore rispetto all'ideale da lui perseguito, come segno di umiltà. Il libro venne pubblicato in seconda edizione nel 1855 quando l'autore scrisse anche un articolo su Fædrelandet (n. 112, 16 maggio 1855), rinunciando ufficialmente all'anonimato.

Contenuto

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Tema

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L'opera è insieme polemica e omiletica, preludio degli attacchi successivi che vedranno l'autore scagliarsi definitivamente contro la Chiesa come istituzione, dedicandosi alla ricerca di una cristianità più sincera, per quanto inevitabilmente fondata sul paradosso umano di non poter comprendere razionalmente Dio. L'esposizione si divide in tre parti. La prima ha a che fare con l'invito di Gesù a rivolgersi con fiducia e umiltà al divino, e a farlo tutti, un suggerimento valido persino se non egli fosse stato il figlio di Dio, da compiere al solo fine di ricevere degnamente la grazia.

La seconda parte mira a dimostrare come sia «beato colui che non si scandalizza» ma crede ai miracoli di Gesù. Si è infatti sempre davanti a un bivio tra la fede e lo scandalo, ma «non si giunge mai alla fede senza passare attraverso la possibilità dello scandalo»[4], che essenzialmente ha a che fare con la sintesi di Dio-uomo, avvenuta in Cristo, ma potenzialmente presente in ogni singolo uomo. Non è l'ordine costituito la sua sede, ma l'interiorità di ciascuno, poiché «ogni uomo, assolutamente ogni uomo, ha e deve avere per suo conto»[5] un rapporto con Dio (perciò i farisei si scandalizzarono di Cristo). In questo senso, l'Uomo-Dio è un segno, rimanda a qualcosa di non immediato e però è un «segno di contraddizione»[6], tutt'altro che un professore di dottrina o un'unità fantastica che non è esistita se non sub specie aeternitatis: egli invece è incognito e indiretto, come una persona, che è sempre di meno di ciò che essa è, ovvero inconoscibile fino in fondo. Qui sta l'errore della chiesa precostituita e di certi pastori che considerano Cristo come atto di comunicazione diretta, una specie di uomo politico e un idolo, laddove si toglie la sua inconoscibilità. Invece «non si può diventare cristiani a così buon mercato»[7].

La terza parte inizia con una preghiera[8], quindi parla della seduzione di Cristo, in sette discorsi (il primo dei quali riproduce una propria predica nella Cattedrale di Nostra Signora il 1º settembre 1848). Diventare cristiano è un compito difficile, perché esige di abbandonare la ragione e l'esigenza di prove empiriche, che al massimo servono ad attirare l'attenzione fino al momento in cui si giunga alla porta della fede, poi serve un «salto»[9]. La possibilità dello scandalo non può essere evitata che col credere. La fede però non è solo una decisione umana, ma un dono di Dio, così come l'essere cristiano non è una dottrina che si può insegnare e imparare, ma una verità che si fa vita attraverso l'imitazione nella sofferenza di Gesù Cristo[10].

Edizioni

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Note

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  1. ^ Una spiegazione, per esempio, l'aveva messa in coda alla Postilla conclusiva non scientifica alle briciole di filosofia (1846).
  2. ^ Mt Matteo 11,28, su laparola.net..
  3. ^ Basato su Gv Giovanni 12,32, su laparola.net..
  4. ^ ed. Spera, p. 121.
  5. ^ ed. cit., p. 134.
  6. ^ Lc Luca 2,34, su laparola.net..
  7. ^ ed. cit., p. 198.
  8. ^ «Signore Gesù Cristo! Quante cose ci distolgono da te: vuoti passatempi, futili gioie, preoccupazioni indegne: ci son troppe cose che ci scoraggiano dal venire: un'ambizione che è troppo vile per accettare d'essere aiutata, una timidezza codarda che si schermisce per la sua perdizione, un'angoscia del peccato che sfugge la purificazione della santità come il malato sfugge la medicina. Ma tu sei tuttavia il più forte: allora attiraci ancora più fortemente a te. Noi ti chiamiamo il nostro salvatore e redentore, perché tu sei venuto sulla terra a redimerci dalle catene che ci tenevano schiavi o di cui noi stessi ci eravamo cinti: sei venuto per salvare quelli che eran perduti. È stata questa l'opera che tu hai consumato e che continuerai a compiere fino alla fine dei giorni. Perché tu l'hai detto, e quindi lo farai: "Innalzato da terra, attirerò tutti a me"»; ed. cit. p. 212.
  9. ^ Mariano Fazio, Un sentiero nel bosco, Roma, Armando, 2000, p. 121.
  10. ^ In questo senso Cornelio Fabro ha definito la terza parte del libro una soteriologia esistenziale che contrappone il sofista e il credente, l'ammiratore e l'imitatore di Cristo, la chiesa trionfante e quella militante dei perseguitati; ed. Studium, pp. 36-37.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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