Vincenzo Ferrari (Cremona, 1941 - Milano, 2010) è stato un artista concettuale italiano.
Nato a Cremona nel 1941 e trasferitosi con la famiglia a Milano nello stesso anno, Vincenzo Ferrari ha compiuto i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove è stato prima allievo poi assistente di Gianfilippo Usellini. Dal 1971 ha ricoperto nella stessa Accademia la cattedra di Decorazione[1].
Dopo le prime esperienze strettamente legate alle pittura, nel 1967 inizia la propria ricerca riferibile all’Arte concettuale[2]: nei lavori di questi anni compaiono lettere alfabetiche e scritte di cui Ferrari si serve per mettere in atto una ricerca sulla parola, al fine di indagarne la funzionalità. Le opere si presentano come una scacchiera, una scatola di sole lettere che spesso compongono diagrammi e schemi, e dove le parole vanno via via a sostituirsi alle immagini, smontando in tal modo i temi e le modalità della pittura dei primi anni, di cui tuttavia mostra sempre una certa nostalgia soprattutto nell'impostazione dei suoi lavori su scale cromatiche[3].
Nel 1969 inizia a collaborare con la prima delle due gallerie d’arte alle quali rimarrà legato per tutta la sua carriera: la storica Galleria Blu di Luca Palazzoli[4].
Se avete bisogno di immagini pensatele voi (1971) e Non ho immagini da dare (1971) sono i titoli di due opere che sanciscono in maniera esplicita la volontà dell'artista di far prevalere la parola sull'immagine, secondo "un'iconoclastia ironica e mentale[5]" praticata dal suo concettualismo linguistico. La sperimentazione sulle scritte, soggetto principale delle opere che vanno dalla fine degli anni Sessanta alla metà inoltrata degli anni Settanta, permette all'artista di delineare un nuovo alfabeto, un linguaggio enigmatico che smonti e che permetta di vedere oltre le consolidate certezze della realtà.
L'indagine sulla parola trova valore, negli stessi anni, anche nella produzione di libri d'artista: il primo tra questi è Corso di Deculturizzazione del 1971. Nel tempo ha realizzato, oltre ad una decina di edizioni, circa 200 volumi in copia unica, parte dei quali sono conservati nelle biblioteche di vari musei, tra cui il Beaubourg di Parigi e il Mart di Rovereto, e in biblioteche nazionali come la Biblioteca nazionale di Parigi e la Biblioteca Nazionale Braidense[6].
Nel 1972 partecipa alla XXXVI Biennale di Venezia nella sezione dedicata ai libri d’artista, curata da Renato Barilli e Daniela Palazzoli e intitolata Il libro come luogo di ricerca[7].
Fondamentale è per lui, a partire dal 1969, l’amicizia con Vincenzo Agnetti, ma anche con altre figure importanti come Ugo La Pietra, Alik Cavaliere, Ugo Carrega con cui ha successivamente realizzato pubblicazioni, opere, installazioni a quattro mani, esposizioni.
Nel 1975 firma il Manifesto della Nuova Scrittura realizzato con vari artisti tra cui Vincenzo Accame, Magdalo Mussio, Ugo Carrega e Anna Oberto. Il Manifesto è introdotto dall'articolo di Renato Barilli intitolato Fra significante e significato[8].
Nel 1977 partecipa a Dokumenta di Kassel con alcuni libri d'artista[9].
Continuando il lavoro sul rinnovamento del linguaggio attraverso la parola, Ferrari elabora, verso la fine degli anni Settanta, una “enciclopedia del non sapere[10]", ovvero un nuovo alfabeto composto da pittura a caratteri mobili e da ideogrammi ricorrenti come frecce, labirinti, parentesi, ellissi, solidi, sfere, mani, occhi, che, accostate tra loro in maniera sempre diversa, danno origine a infinite variazioni. L'obiettivo di Ferrari è quello di creare opere in cui le innumerevoli possibilità create dagli elementi presenti nelle sue tele vadano volontariamente a suscitare nello spettatore delle domande, degli interrogativi, con la consapevolezza però che queste non trovino una risposta. È l'ansia di conoscenza infatti, rappresentata metaforicamente dall'immagine del labirinto, a condurre l'uomo alla verità, che però, alla fine della sua ricerca, risulta essere ancora una volta una domanda: solo nel ciclo infinito di domande che si pone, l'uomo può ritenersi libero, ovvero nella non risposta. Ecco allora che nelle opere di questi anni Ferrari introduce lettere, frammenti d'arte, figure geometriche, labirinti, segni riscoperti, frecce che non conducono da nessuna parte accompagnate da lettere senza alcun preciso riferimento: tutti questi elementi, che in un primo momento sembrano stare tra loro in un ordine perfetto, in realtà celano l'ignoto e fanno quindi sorgere nello spettatore il bisogno di cercare una risposta, che non troverà. Fondamentale per questo pensiero risulta essere l'amicizia e il legame lavorativo che Ferrari instaura con l'artista concettuale Vincenzo Agnetti con cui condivide la volontà di smontare la realtà, le certezze e i dogmi, per andare oltre il linguaggio e la cultura dogmatica, mettendone in evidenza la profonda inconsistenza e rendendo l'uomo consapevole della limitatezza del suo sapere[11].
Altro artista molto importante per l'attività artistica di Ferrari è Alik Cavaliere, con il quale produce opere spesso impostate sui temi di una classicità visionaria e della nostalgia della bellezza. Cavaliere, anch'egli affascinato dal labirinto, crea a partire dagli anni Ottanta delle grandi installazioni, dei Percorsi intricati in cui l'artista stesso e lo spettatore possono entrarvi e perdervisi: con essi propone le tematiche più ricorrenti del fare artistico, come la memoria e il tempo, il classico e la modernità, il "vero" e il "falso", il confronto tra l'arte e la vita[12]. Tutta la sua attività tende a indagare il rapporto dell'uomo con la natura, coinvolgendo i temi più ampi dell'esistenza e della vita sociale: contro ogni tipo di linguaggio precostituito, Cavaliere fonde in maniera innovativa le tecniche della tradizione classica con le soluzioni dadaiste attraverso l'impiego di materiali moderni e versatili[13].
Nel progetto di Ferrari e Cavaliere Attraversare il tempo (1978), così come in altri loro lavori a quattro mani, il concetto del viaggio e del tempo è centrale: gli elementi che i due artisti introducono in questi lavori spaziano tra periodi storici temporalmente molto distanti tra loro: dalle figure nere tratte dai vasi achei accostate alle colonne brunelleschiane, ai segni egizi, micenei, caldei. Emerge da queste opere la volontà di recuperare da una parte un eterno presente per esplorare i “giardini della memoria”[14] attraverso la ripresa di segni, figure e immagini della storia, dall'altra la bellezza di memoria classica recuperata tramite l'esercizio del disegno che determina la continuità con la storia dell'arte[15].
“Pensarlo, cioè, non come una freccia indirizzata verso il futuro,” affermava l'artista riferendosi al tempo “ma come un percorso a spirale, un eterno ritorno dove il passato riaffiora ciclicamente nel presente. La spirale rappresenta la mia idea dell’arte: un continuo cercare[16]".
Oltre ad opere su tela o su tavola, Ferrari ha realizzato anche una serie di “carte fotografiche”. Servendosi della carta fotografica dove normalmente avviene l'impressione dell'immagine, egli traccia e produce su di essa immagini ex novo. L’artista infatti non propone un analogo della realtà, come vorrebbe il mezzo fotografico, ma disegna sulla carta utilizzando direttamente i liquidi di sviluppo e fissaggio, piegando ancora una volta il tempo e la sua traccia allo spazio dell’opera.[17]
Nel 1980 partecipa alla mostra collettiva Documento, opera, ricerca, tenutasi presso la storica Galleria Milano di Milano di Carla Pellegrini. Con la gallerista stringerà un profondo rapporto professionale e umano, che durerà per tutta la vita e che tradurrà nella collaborazione per l’ideazione e l’allestimento di mostre, sue e di altri autori[18].
Nel 1980 è inviatato a partecipare a un progetto speciale della Biennale di Venezia, intitolato Cronofotografie, dove si occupa del coordinamento del settore dedicato alla memoria, collocato in un’ampia stanza dove sono esposti una serie di libri realizzati da Ferrari e da altri artisti, dietro suo invito[19].
Nel 1982 firma Il Piccolo Manifesto dell’Artescrittura realizzato con Ugo Carrega, Magdalo Mussio e Luca Patella[20].
Nel corso della propria attività artistica, Ferrari si è anche dedicato alla pratica della scenografia: da menzionare le scenografie per la Fenice di Venezia e per il salone Pier Lombardo. Ha inoltre realizzato due cortometraggi dal titolo Bang e Buco tuttora depositati presso l’Archivio Cinematografico del Museo di Arte Moderna di San Paolo in Brasile[21].
Negli anni Novanta, Ferrari torna alla pittura, elaborando un arte più figurativa per esprimere il dubbio e l'incertezza, temi a lui cari fin dagli albori della sua carriera.
In particolare sviluppa il tema della banalità, riproposto in molte delle sue opere di questo periodo. Nel 1996 prende parte alla mostra collettiva Il classico e la metamorfosi, presso la Fondazione Stelline di Milano[22].
Nel 1997 è coinvolto in un incidente automobilistico a causa del quale non sarà più in grado di realizzare in autonomia le sue opere. Grazie alla collaborazione dei suoi aiutanti, però, il suo lavoro artistico prosegue, continuando ad esserne l’artefice dell’ideazione e della progettazione, incrementando la produzione di libri d’artista. Nel 2001 la galleria milanese Il Mercante di Stampe e la Galleria Libreria Derbylius di Carla Roncato gli dedicano due mostre personali. Presso quest’ultimo spazio tra il 2003 e il 2008 sarà ospite fisso di Leggere non leggere… libro d’artista e oltre[23].
Dopo la prima mostra nel 1972, la Galleria Blu torna a dedicargli nel 2007 una mostra personale: Carte d'identità presenta alcuni lavori, tra cui tre installazioni, che ancora una volta indagano il tema della memoria, del ricordo e delle tracce. In occasione della mostra è stato realizzato un libro d’artista, integrato da un testo di Elena Pontiggia, dal titolo “Carte d’identità”[24].
Nel 2011 la Galleria Blu lo coinvolge in due collettive: Fuoco sacro[25], la mostra in cui opere di grandi maestri vengono accostate e integrate dai lavori di Claudio Costa, Guido Biasi e Vincenzo Ferrari, e Biasi - Costa- Ferrari. Lo spazio della memoria[26], mostra incentrata, come già il titolo allude, sul tema della memoria, tema che accomuna il lavoro e la poetica dei tre artisti.
Nello stesso anno, avrà una personale alla Galleria Milano intitolata Lo spazio del tempo, dove presenta anche un nuovo progetto editoriale intitolato La Traccia[27].
A causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, Vincenzo Ferrari muore a Milano nell’aprile del 2012.
Nel 2018 la Galleria Milano inaugura una mostra intitolata Vincenzo Ferrari. I significati e l’ambiguità[28], curata da Elena Pontiggia. Segue una personale nella Sala Ristorante dell’Università Bocconi, realizzata in collaborazione con la stessa Galleria Milano[29].
1971 Premio Pascali, Pescara, secondo classificato
1972 XXXVI Biennale di Venezia
1973 Triennale di Milano
1974 Joanneum Museum, Graz
1974 Museo d'Arte Moderna, Stoccolma
1974 Museo d'Arte Moderna, San Paolo del Brasile
1975 Centro Universitario Cairoli, Pavia
1977 Documenta 6, Kassel
1978 Galleria d'arte moderna di Bologna
1978 War Memorial College, Sidney
1978 Fortezza da Basso, Firenze
1979 Rotonda della Besana, Milano
1979 Sala d'arte contemporanea, Alessandria
1980 Biennale Internazionale d'Arte di Venezia
1980 Palazzo Carignano, Torino
1981 Palazzo delle Esposizioni, Roma
1981 Rotonda della Besana, Milano
1981 Biblioteca nazionale di Parigi
1983 British Council, Londra
1984 Hayward Gallery, Londra
1984 Galleria d’Arte Contemporanea Taipei, Formosa
1985 Esposizione Universale, Tsukuba
1985 Kunsthaus, Berna
1985 Kunstmuseum, Stoccarda
1986 XLII Biennale Internazionale d'Arte di Venezia
1986 XI Quadriennale d’Arte, Roma
1987 Arte di gruppo, Kassel
1993 Sala Napoleonica Accademia di belle arti di Brera, Milano - con Alik Cavaliere
1995 Sala Napoleonica Accademia di belle arti di Brera, Milano
1996 Fondazione Stelline, Milano
1997 Museo del Risorgimento, Roma
1997 Palazzo Branciforte, Palermo
1997 Quadriennale, Roma
1997 Museo d'Arte Moderna, Trento
1999 Museo d'Arte Moderna, Bolzano
2000 Quadriennale, Roma
2001 Fondazione Stelline, Milano
2002 Pac, Milano
2004 Casa del Mantegna, Mantova
2008 Mart, Rovereto
2008 Galleria d'Arte Moderna, Gallarate
1967 Galerie Clasing, Münster
1971 Galleria La Bertesca, Genova
1972 Galleria Blu, Milano - con Ugo La Pietra
1972 Galleria Il Modulo, Milano
1974 Mercato del Sale, Milano
1975 Galleria Il Canale, Venezia
1976 Mercato del Sale, Milano
1977 Galleria il Falconiere, Ancona
1978 Galleria Solferino, Milano
1978 Mercato del Sale, Milano
1979 Galleria Inoltre, Monza
1979 Villa Olmo, Como
1980 Mercato del Sale, Milano
1982 Mercato del Sale, Milano
1985 Mercato del Sale, Milano
1986 Galleria Bassanese, Trieste
1987 Mercato del Sale, Milano
1988 Galleria Milano, Milano
1990 Galleria Morra, Napoli - con Ugo Carrega
1990 Galleria Milano, Milano - con Alik Cavaliere
1990 Mercato del Sale, Milano
1995 Galleria Niccoli, Parma
1996 Arte Centro, Milano
1996 Studio Lattuada, Milano
2001 Fondazione Stelline, Milano
2001 Galleria Tabanelli, Milano
2007 Galleria Blu, Milano
2009 Università Bocconi, Milano
2011 Galleria Milano, Milano
2013 Galerie Michael Hasenclever, Monaco
2013 Galleria Blu, Milano
2018 Galleria Milano, Milano