Rachicentesi | |
---|---|
Classificazione e risorse esterne | |
ICD-9 | 03.31 |
MeSH | D013129 |
eMedicine | 80773 |
Sinonimi | |
puntura lombare |
La rachicentesi, chiamata anche puntura lombare, è una pratica chirurgica utilizzata per poter estrarre il liquido cefalorachidiano, prodotto dai plessi corioidei, che scorre nel canale midollare della colonna vertebrale, negli spazi subaracnoidei e nei ventricoli cerebrali.
La rachicentesi non porta a paralisi, dato che il prelievo viene fatto a un'altezza dove non è presente il midollo spinale e si scongiura il rischio di ledere qualsiasi nervo.
La puntura lombare può anche essere un mezzo efficace per veicolare determinate sostanze nello spazio subaracnoideo, in particolare alcuni antibiotici o composti ad attività antitumorale.
Una volta prelevato il liquor può essere sottoposto a specifiche analisi: macroscopica (si valuta l'aspetto ed il colore), microscopica (conta ed osservazione del tipo di cellule), biochimica (determinazione delle concentrazioni di glucosio e proteine), microbiologica (ricerca della presenza di microorganismi).
Il cervello e il midollo spinale sono avvolti da uno strato di fluido (nel soggetto adulto circa 125-150 ml in totale) che agisce come un ammortizzatore e fornisce un mezzo per il trasferimento delle sostanze nutrienti e i prodotti di scarto. La maggior parte di questo liquido è prodotta dai plessi corioidei e da lì viene trasferita verso altre aree, prima di essere riassorbita nella circolazione, prevalentemente attraverso le granulazioni aracnoidee.[1]
Il fluido cerebrospinale può essere raccolto con maggiore sicurezza nella cisterna lombare, dove il midollo spinale termina nella cauda equina, subito al di sotto del livello della prima (L1) o seconda (L2) vertebra lombare.
Prima di poter effettuare l'operazione è necessario:
L'operazione consta di alcuni punti ben precisi:
Si ricorda che il midollo spinale termina generalmente all'altezza di L1-L2, mentre, procedendo verso il basso, la dura madre e l'aracnoide continuano fino all'altezza di S2 formando il cosiddetto sacco durale che contiene il liquor cefalo-rachidiano e le radici della cauda equina.
Dopo il prelievo è necessario che il paziente segua determinate procedure:
Dopo l'esecuzione della rachicentesi il paziente può sperimentare una cefalea, talvolta intensa, generalmente frontale o occipitale, che tende ad aumentare di intensità con l'assunzione della posizione eretta. Le pazienti giovani, di sesso femminile, con una storia precedente di cefalea, sembrano avere maggiori probabilità di presentare il disturbo. Il sintomo tende alla spontanea risoluzione e può essere controllato con il ricorso ai normali analgesici oppure all'assunzione di caffeina. Per ridurre la probabilità che si verifichi questo fastidioso effetto collaterale è possibile ricorrere all'utilizzo di un ago di tipo atraumatico e di piccole dimensioni. Tuttavia ricorrere ad un ago di dimensione inferiore ai 22 G risulta spesso poco pratico se non francamente improponibile.[3] Inoltre il paziente è invitato a restare supino a letto, senza ricorrere al cuscino, per alcune ore dopo la procedura. Altri disturbi, che si verificano con minore frequenza, sono la comparsa di dorsalgia e lombalgia ed il dolore radicolare.
In una review del 2008 si evidenzia come tali procedure, mantenimento della posizione supina e l'iperidratazione successive alla rachicentesi, che un tempo si ipotizzavano utili per evitare la noiosa emicrania post-rachicentesi, non si sarebbero confermate indispensabili.[4]
Questo prelievo si utilizza nella diagnosi di varie patologie, in particolare quelle che colpiscono il cervello, le meningi ed il midollo spinale:[5][6]
L'indicazione al prelievo può essere considerata urgente nel caso il sospetto clinico indirizzi verso una diagnosi di meningite/meningoencefalite,[8] oppure di emorragia subaracnoidea con un primo riscontro di TAC negativa.[9][10]
In base alle diverse condizioni cliniche e storie personali, non tutti i pazienti possono essere sottoposti alla procedura della rachicentesi, dato che alcune condizioni possono rendere l'esecuzione dell'esame eccessivamente pericolosa, all'interno di un'ottica di rischio/beneficio.