L'ornitomanzia è l'antica pratica greca di leggere auspici nel comportamento degli uccelli, equivalente a quella degli auguri del mondo etrusco e romano.
Sebbene fossero principalmente i voli e i canti degli uccelli ad essere studiati, ogni loro azione poteva essere interpretata per predire il futuro o ricevere messaggi dagli dèi. In particolare l'osservazione del modo di beccare dei polli (auspicium pullarium o auspicium ex tripudiis) era una pratica divinatoria che veniva effettuata soprattutto in occasione delle spedizioni militari: il massimo grado del favore divino era rappresentato dal tripudium sollistimum, vale a dire dalla circostanza in cui i polli dimostravano di beccare con grande appetito. Al contrario, quando i polli tradivano inappetenza, il presagio per l'esito della battaglia era da considerarsi funesto.
La divinazione ornitomantica divenne una vera e propria branca della religione romana di stato, con il suo proprio sacerdozio e pratica.[1] Presso gli antichi Greci invece, un esempio degno di nota si ha nell'Odissea, quando un'aquila appare tre volte, volando verso destra, stringendo una colomba morta fra gli artigli; questo presagio viene interpretato come l'arrivo di Odisseo e la morte dei pretendenti di sua moglie, e dunque la fine delle loro aspirazioni al trono.[2]
Una bellissima scena di ornitomanzia è raffigurata nella Tomba François della necropoli etrusca di Vulci. Il dipinto presenta il titolare della tomba, Vel Saties, riccamente ammantato e coronato d'alloro con lo sguardo rivolto al cielo mentre ai suoi piedi un intendente sta per lanciare in volo un picus martius.[3]
L'ornitomanzia viene menzionata diverse volte nella versione Septuaginta della Bibbia, dove viene espressamente proibita.[4]
Sul piano filosofico-religioso l'ornitomanzia si basava sulla convinzione, comune a diverse arti divinatorie come l'astrologia, l'estispicina (esame delle viscere animali), o l'oniromanzia (interpretazione dei sogni), che esistesse una corrispondenza tra l'Uno e i molti, tra spirito e materia, macrocosmo e microcosmo: come sostenuto da Jung, i segni divini venivano dedotti in una maniera non causale ma sincronica, cioè secondo l'analogia simbolica con un determinato modello o archetipo di riferimento.[6]
Anche il filosofo e umanista Marsilio Ficino, nella Disputatio contra iudicia astrologorum (1477), accostava l'ornitomanzia all'astrologia, preoccupandosi di spiegare sulla base della dottrina plotiniana,[7] come le pratiche divinatorie andassero intese non come capacità ad esempio degli astri di esercitare un influsso causale sugli eventi umani, bensì come una forma di consonanza tra questi e la posizione dei pianeti, i quali si limitano cioè a «descrivere» quel che accade, allo stesso modo in cui il volo degli uccelli presso i Romani era ritenuto portatore di un significato.[8] Per Ficino, attribuire agli astri un influsso deterministico sarebbe come affermare che gli uccelli agiscano causalmente sull'uomo.[9] Quella di Ficino è invece una concezione basata sulla corrispondenza e l'interdipendenza di ogni parte dell'universo, da leggere e interpretare secondo l'esperienza psicologica dell'anima, alla quale è attribuita la capacità oggettiva di tradurre il mondo in forma di simboli.[10]