Karl Marx

Con materialismo storico si intende, nell'ambito dell'analisi marxiana[1] di struttura e sovrastruttura, la concezione materialistica della storia intesa come storia delle società umane (materialistische Geschichtsauffassung) secondo il cosiddetto socialismo scientifico.[2] L'uso di questa espressione, ma non il concetto, si deve soprattutto a Engels che la usò nel 1859 e negli ultimi anni della sua vita scrisse ripetutamente di «concezione materialistica della storia».[3] Nella celebre Prefazione a Per la critica dell'economia politica (1859), Marx espone sinteticamente le categorie sopra menzionate di struttura e sovrastruttura e offre una rara quanto preziosa delucidazione del proprio metodo storiografico.

Basandosi sulla dialettica hegeliana e dunque sulla visione dialettica della storia come continuo evolversi dei rapporti servo-padrone, Marx formula il materialismo dialettico, che mantiene questa concezione dialettica della storia liberandola però del suo idealismo, che vede la dialettica come frutto dello scontro delle idee intese nel senso filosofico letterale, ossia valori assoluti ed esistenti su un piano d’esistenza ideale e pertanto assoluto. Marx introduce una concezione materialistica della dialettica, applicandola poi alla concezione della storia (intesa come storia umana), interpretandola certamente come frutto di valori e movimenti, ma in principio come conseguenza delle condizioni materiali che li generano (non considerandoli quindi come manifestazioni di idee, ma come conseguenze di realtà materiali strutturali). Tali condizioni materiali sono in primo luogo determinate dal sistema economico, che, nell’analisi marxiana, costituisce la struttura sulla quale si costruisce la sovrastruttura in ogni sua forma.

Il materialismo

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L'analisi di Karl Marx è materialistica perché considera come determinanti per lo sviluppo della storia umana e per la creazione di un ordine sociale diversi fattori strutturali materiali (si tratta cioè non di un materialismo ontologico, ma di un materialismo come approccio epistemologico-scientifico applicato alla scienza della storia, materialismo storico, appunto), in particolare tecnologici ed economici.[4] Questa visione della storia si differenzia da quella degli idealisti, che alla base dei cambiamenti politici e sociali pongono la politica, la filosofia, l'arte o la religione, quelli cioè che Marx chiama elementi sovrastrutturali.[4]

Convinto della mutevolezza del mondo e di tutte le fasi, seguendo una prospettiva storica ma non storicistica, declinata alla luce del rovesciamento della dialettica di matrice hegeliana, Marx afferma la transitorietà del modo di produzione capitalistico. Secondo la prospettiva marxiana difatti è possibile superarlo in direzione di una nuova, superiore forma sociale.[4]. Viene altresì considerata, nel Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels, la possibilità alternativa della comune rovina delle classi in lotta.

Le affermazioni fondamentali di Marx sono le seguenti[5]:

  1. Le fondamenta economiche di una data società – che sono il modo in cui la ricchezza è prodotta e distribuita – determinano in generale il punto d'osservazione di quella società per quanto riguarda la condotta e le relazioni dei suoi membri, ma queste condizioni sociali sono esse stesse nel processo di cambiamento e costituiscono l'elemento dinamico e mutevole nella storia. Tali fondamenta costituiscono ciò che Marx denomina struttura o modo di produzione, al cui interno possiamo distinguere due aspetti: le forze produttive (ovvero il livello maggiore o minore di specializzazione - quindi, la divisione del lavoro - ; le tecniche impiegate nei processi produttivi) e i rapporti di produzione, che forniscono il quadro giuridico e normativo entro il quale dette forze operano e si sviluppano.
  2. Vi è un'evoluzione sociale, con nuove società, con diverse basi economiche, che scaturiscono dalle vecchie – a causa di certi elementi che si sono sviluppati in queste ultime. In particolare, all'interno di ogni modo di produzione, lo sviluppo delle forze produttive entra ad un certo punto in contrasto con i rapporti giuridici di produzione, che da iniziale stimolo allo sviluppo si sono convertiti in catene. Tale contrasto genera un periodo di sconvolgimenti rivoluzionari, che pongono la premessa per la definizione di nuovi rapporti e pertanto segnano il passaggio a un nuovo modo di produzione. I cambiamenti nella struttura economica avranno a loro volta ripercussioni sul piano sovrastrutturale, sulla politica, il diritto, le espressioni culturali in senso lato.
  3. La storia, considerata come sviluppo dei rapporti di produzione e di distribuzione (e delle relative forme di proprietà che ne rappresentano il riflesso giuridico), è un susseguirsi di lotte di classe che sono tutte di natura politica, perché, anche se nascono per interessi particolari, in definitiva hanno come obiettivo il controllo del potere statale. Il capitalismo rappresenta l'ultima forma antagonistica di lotta di classe; il proletariato, classe oppressa, è anche classe universale, in quanto la propria esigenza di liberazione - particolare - interseca e collima con l'esigenza di liberazione dell'uomo da ogni forma di alienazione e sfruttamento - universale. Pertanto, il proletariato, liberando se stesso, libera di fatto l'intero genere umano da ogni forma di soggezione economica.
  4. La storia è il risultato dell'azione delle condizioni sociali sull'uomo e dell'azione dell'uomo sulle condizioni sociali.

Questa idea di progresso storico risente anche dell'influsso dell'antropologia e dello storicismo, in particolare quello della concezione romantica della storia (Vico, Hegel), poi divenuta positivista (Comte) ed evoluzionistica.[6] In un famoso saggio dal titolo Significato e fine della storia, Karl Lowith ha sostenuto il materialismo storico essere una versione secolarizzata di una teleologia della storia già presente, peraltro, in Agostino; lo stesso «Manifesto del partito comunista è anzitutto un documento profetico, un verdetto e un invito all'azione, ma non è assolutamente un'analisi puramente scientifica fondata su dati empirici».[7] La storia sarebbe incamminata verso un fine - telos - che ne rappresenta il perfezionamento e coronamento. Il comunismo, in altre parole, ponendo fine a ogni antagonismo di classe, ad ogni forma di sfruttamento e alienazione, chiuderebbe la preistoria umana - così Marx nella già citata Prefazione all'opera Per la critica dell'economia politica - e inaugurerebbe il tempo della compiuta manifestazione del genere umano, in una versione terrena e secolarizzata, ma non meno densa di tensioni escatologiche, della città celeste prefigurata nell'opera La città di Dio.

I modi di produzione

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Marx distingue inoltre specifiche fasi, nella storia dei popoli, caratterizzate da varie e particolari condizioni e rapporti economici che vengono chiamate "modi di produzione".[8] Essi sono[8]:

  1. la fase "selvaggia" vera e propria, priva di qualsivoglia sovrastruttura permanente e con un legame strettissimo al mondo naturale, come si riscontra in alcune popolazioni aborigene delle foreste, e
  2. la fase barbara, come quella delle popolazioni della Germania antica oltre i confini dell'Impero romano e degli indiani del Nord America prima dell'invasione degli europei. Nella società barbarica, nonostante non sia sviluppato uno Stato né una divisione del lavoro (salvo quella indotta da caratteristiche biologiche come il sesso o l'età), esistono alcune istituzioni di carattere tribale-gentilizio. Nel comunismo primitivo l'evoluzione sociale può essere delineata osservando il passaggio attraverso diversi tipi di matrimonio e diversi sistemi di parentela, essendo ancora la società basata su vincoli di sangue (ciò che Engels chiama "costituzione gentilizia"). Il surplus economico dato dal miglioramento delle tecniche dell'agricoltura e le conseguenti crescita e dispersione della popolazione hanno in diverse occasioni storiche condotto società di questo tipo ad evolvere (spesso in modo traumatico) in altre formazioni sociali.[8]
  1. la fase inferiore (spesso chiamata "socialismo"), dove esistono ancora il denaro e il diritto e una forma di Stato in via di estinzione, poiché non si è ancora raggiunto un sufficiente livello di sviluppo delle forze produttive per garantire la sovrabbondanza universale; nella fase di transizione dal capitalismo al socialismo, dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato, la lotta di classe dei salariati contro la borghesia assume la forma della dittatura del proletariato; questa fase non rappresenta un modo di produzione a sé stante ma soltanto l'organizzazione dello Stato durante la trasformazione rivoluzionaria della società, nel periodo in cui nel pianeta ancora convivono i modi di produzione capitalista e comunista.[8][12][13] In questa ottica si inseriscono i socialismi realizzati come quelli dei paesi comunisti.
  2. la fase superiore (il comunismo vero e proprio), in cui queste istituzioni ereditate dalla società divisa in classi non hanno più ragione di esistere.[8]

Il materialismo storico nell'applicazione pratica

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Queste fasi non rappresentano stadi necessari dello sviluppo di ogni comunità umana, come dimostra il fatto che il modo di produzione asiatico non si è sviluppato in Europa e viceversa il feudalesimo e la successiva evoluzione capitalista non si sono generalmente verificati (se non per invasione/assimilazione) nelle zone del pianeta dove ha prevalso il modo di produzione asiatico, né d'altronde ogni società tende inevitabilmente ad evolversi verso le fasi "successive" visto che alcune di queste formazioni socioeconomiche sono rimaste stabili per millenni. In particolare, i rapporti tra i modi di produzione asiatico, antico e schiavista, e talvolta la loro stessa distinzione come modi di produzione diversi, sono oggetto di numerose interpretazioni e controversie entro lo stesso campo degli studiosi marxisti, ma mai trattati come una serie di fasi che si succedono meccanicamente in ogni luogo. Se di evoluzione necessaria si può parlare questa può al massimo valere solo per l'intera umanità nel suo complesso.[8]

Nel periodo storico successivo a Marx, ad esempio in Unione Sovietica, ci furono rivoluzioni in cui si passò direttamente dal modo feudale al socialismo (come anche in molti altri paesi socialisti, come la Cina maoista), con tutti i problemi derivati dall'industrializzazione forzata (voluta anche per assecondare la teoria, in modo rigidamente determinista, cosa avversata dallo stesso Marx), evidenziati dalla critica fatta al Leninismo e allo Stalinismo (con le sue derivazioni) da parte del Trotskismo e da altri socialisti: il marxismo-leninismo, costruendo uno stato totalitario, gerarchico, nazionalista e burocratico per fare resistere il socialismo in un solo paese contro gli attacchi del mondo capitalista, avrebbe dato vita, secondo Lev Trotsky (che pure riteneva possibile e auspicabile la rivoluzione in Russia), a uno stato proletario deformato o degenerato, tradimento della teoria della temporanea dittatura del proletariato e dell'intera impalcatura marxista e materialista storica, in quanto persino anti-internazionalista e imperialista.[14] Altre critiche, sempre più sostanziali che teoriche (non a Marx, quindi, ma alla distorsione pratica della teoria materialistica storica), sono venute dal socialismo riformista e dal revisionismo del marxismo; la forma meramente teorica del materialismo storico venne invece accettata anche da parte di molti gruppi socialdemocratici.

D'altronde, neppure il passaggio al comunismo è considerato inevitabile: diversi autori marxisti, come Rosa Luxemburg (teorica del socialismo rivoluzionario in opposizione al bolscevismo di Lenin) hanno parlato dell'alternativa "socialismo o barbarie"[15], in analogia al passaggio del Manifesto dove si dice che in ogni fase storica la lotta di classe conduce o al rovesciamento rivoluzionario della classe dominante o alla rovina comune delle classi in lotta. Da questo punto di vista, se l'umanità non saprà instaurare il socialismo sul pianeta, non si avrà un capitalismo perpetuo bensì una qualche forma di collasso della società, anche se non di vera regressione alla fase barbara ma piuttosto a un nuovo feudalesimo o schiavismo; questo in quanto il capitalismo non è stabile e soffre di crisi economiche cicliche dovute alle sue molte contraddizioni intrinseche.[16][17]

Note

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  1. ^ Generalmente per marxiano s'intende ciò che riguarda il pensiero e le teorie di Marx stesso, a differenza di marxista che si riferisce a chi sostiene il marxismo (cfr. i due termini citati, in Vocabolario Treccani (2009)).
  2. ^ In Dizionario di filosofia Treccani (2009), alla voce "Materialismo storico e dialettico".
  3. ^ Nell'opera L'ideologia tedesca, la locuzione "materialismo storico" espressamente non compare ma ne viene accennata una definizione, la seguente: «La storia è una, ed è la storia della produzione in senso totale», dalla produzione economica a quella delle «necessarie sublimazioni» della base materiale, cioè le idee, il diritto, l'arte, ecc. Non si spiega la prassi partendo dall'idea bensì «la formazione dell'idea partendo dalla base materiale» (cfr. Angelo D'Orsi, Piccolo manuale di storiografia, Bruno Mondadori editore, Milano, 2002, p. 15). Il filosofo Umberto Curi, nella trasmissione RAI Zettel (min. 00:46:39), sostiene poi che: «Uno dei luoghi comuni più diffusi è quello che riguarda quella concezione filosofica nota come "materialismo storico". Abitualmente, anche nei manuali che sono più in voga nelle scuole secondarie o persino in quelli di livello universitario, si attribuisce a Marx quella dottrina così viene chiamata, definita materialismo storico...». Ebbene, è opportuno sottolineare che «Marx non ha mai impiegato nei suoi scritti l'espressione "materialismo storico"». L'unico appiglio che potremmo avere per una legittimazione dell'attribuzione a Marx di una concezione materialistica della storia è un passo della Prefazione al testo che Marx pubblica nel 1859 e che si intitola “Per la critica dell'economia politica”, prefazione nella quale Marx parla della storia e della base materialistica di questa storia ma l'espressione tecnica “materialismo storico” viene usata, per la prima volta, da Engels e viene adoperata nel contesto di una interpretazione complessiva della ricerca marxiana che Engels, tra il 1883 (anno della morte di Marx) e il 1895 (anno della sua morte), tenta di accreditare e sviluppare. Engels peraltro ha usato anche l'altra celebre espressione materialismo dialettico, di cui tratta analiticamente nell'opera Dialettica della natura, pubblicata nel 1883.
  4. ^ a b c Il materialismo storico di Marx
  5. ^ Pensiero economico, marxismo e lotta di classe
  6. ^ Il pensiero filosofico di Giambattista Vico, su cilentocultura.it. URL consultato il 24 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  7. ^ K.Löwith, Significato e fine della storia, Edizioni di Comunità 1963, pag.63.
  8. ^ a b c d e f g h i j k l K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca, pp. 182-183.
  9. ^ che definisce come tre le fasi: selvaggia, barbara e civile, in cui dividere la storia umana
  10. ^ Cecilia Gatto Trocchi, Storia dell'antropologia culturale
  11. ^ Vladimir Lenin, L'imperialismo: fase suprema del capitalismo, 1917
  12. ^ K. Marx, Critica del programma di Gotha
  13. ^ K. Marx & F. Engels, Manifesto del Partito comunista, Cap. II.
  14. ^ Leon Trotsky, Il socialismo in un paese solo (1930)
  15. ^ Rosa Luxemburg, Juniusbroschure
  16. ^ Una interpretazione dell'alternativa "Socialismo o barbarie" Archiviato il 10 novembre 2014 in Internet Archive.
  17. ^ Il futuro del capitalismo

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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