Leo Burnett Worldwide
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Fondazione1935 a Chicago
Fondata daLeo Burnett
Sede principaleChicago
GruppoPublicis Groupe
SettorePubblicità
Sito webwww.leoburnett.com

La Leo Burnett Worldwide è una tra le agenzie pubblicitarie più importanti del mondo.[1][2] Dall'anno 2002 fa parte della multinazionale Publicis Groupe.

Storia

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L'agenzia nasce a Chicago il 5 agosto del 1935 e prende il nome dal proprio fondatore, Leo Burnett. Negli anni apre filiali a New York (1941), Los Angeles (1946), Toronto (1952) e Montréal (1959), diventando una delle principali agenzie di pubblicità americane. Nel 1969 acquisisce la storica agenzia pubblicitaria inglese London Press Exchange, e ciò gli permette di estendere il proprio mercato all'Europa e all'Africa. L'anno successivo acquisisce l'agenzia Jackson Wain di Sydney, e ciò gli permette di estendere il proprio mercato anche all'Oceania e all'Asia. Il quadro di espansione che mira a rendere la Leo Burnett un network mondiale viene ulteriormente sviluppato a partire dai primissimi anni ottanta. Nel 1980 vengono acquisite alcune agenzie del nord Europa, tra le quali la tedesca Lürzer, Conrad (in particolare uno dei fondatori di questa agenzia, Michael Conrad, diventerà direttore creativo della Burnett negli anni novanta). Nel 1981, grazie ad una collaborazione con la Homsy & Chehab, viene esteso il raggio d'azione al Medioriente. Nel 1991 la Leo Burnett apre filiali nell'est Europa, e l'anno successivo in Cina. Nel 1997 acquista il 49% dell'agenzia pubblicitaria londinese BBH (Bartle Bogle Hegarty).
Nel 1999 viene creata la Starcom, dipartimento media della Leo Burnett.

Sempre nel 1999 viene costituito il Leo Group che comprende, oltre alla Leo Burnett, la neonata Starcom, la quota della BBH, e altre compagnie minori. Tale gruppo andrà a costituire il Bcom3 nel 2000, conseguentemente alla fusione col gruppo della MacManus e ad una partecipazione della Dentsu (pari ad una quota del 20%). A sua volta il Bcom3 confluirà nel Publicis Groupe nel 2002.

La filosofia pubblicitaria di Leo Burnett

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La filosofia creativa che ha ispirato una parte significativa della produzione pubblicitaria della Burnett (o perlomeno le pubblicità più celebri), è quella del cosiddetto "tocco comune". Ad esempio, spesso, sono state impiegate in qualità di testimonial persone normali, ordinarie, nelle quali chiunque potesse identificarsi. Oppure sono stati utilizzati elementi come il gusto della vita all'aria aperta, come nel caso delle pubblicità delle sigarette Marlboro.

Leo Burnett (1892-1971) sosteneva che la pubblicità, per quanto inevitabilmente ingannevole, deve perlomeno sforzarsi di parlare in maniera semplice. Una buona pubblicità deve essere diretta, credibile, e accompagnata dallo stimolo emotivo del calore. Per poter trasmettere questo "tocco comune" è necessario individuare la "forza intrinseca" ("Inherent Drama") di un prodotto, ossia la caratteristica per la quale un produttore si è preso la briga di fabbricare e mettere in commercio un prodotto nonché la caratteristica per la quale qualcuno dovrebbe acquistare tale prodotto. Leo Burnett sosteneva che la "forza intrinseca" deve emergere in maniera naturale, senza ricorrere a trucchi, quali ad esempio freddi elenchi di fatti, giochi di parole, iperboli, eccetera. Una volta trovata la "forza intrinseca" va comunicata in maniera semplice, realistica e calda.[3]

Esposizioni d'arte

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L'agenzia Leo Burnett è stata più volte curatrice di primarie mostre internazionali, tra cui l'esposizione di Losanna (Svizzera) del 2001 con protagonista il pittore italiano Umberto Pettinicchio e il fotografo Steve McCurry.

Principali pubblicità

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Leo Burnett. Il Gigante Verde della Minnesota Valley Canning Company.

Note

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  1. ^ (EN) Advertising Age - struttura dei primi quattro gruppi pubblicitari mondiali per fatturato (rapporto 2009)
  2. ^ (EN) Advertising Age - classifica dei primi quindici gruppi pubblicitari mondiali per fatturato (rapporto 2009)
  3. ^ David A. Aaker e John G. Myers. Advertising Management. Prentice-Hall Inc., Englewood Cliffs, New Jersey, a division of Simon & Schuster, 1987 (Trad. It. Management della pubblicità. Milano, FrancoAngeli, 1998. ISBN 88-204-7075-6). Pagina 460.
  4. ^ Giampaolo Fabris. La pubblicità. Teoria e Prassi. Milano, FrancoAngeli. 1997. ISBN 88-204-9648-8. Pagina 297.
  5. ^ Advertisin Age, su adage.com. URL consultato il 13 ottobre 2009 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2010).
  6. ^ Jacques Séguéla. Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei mi crede pianista in un bordello (Ne dites pas à ma mère que je suis dans la publicitè... Elle me croit pianiste dans un bordel, 1979), traduzione di Paolo Grimaldi, Lupetti, Milano, 1986.). Pagina 77.
  7. ^ "Doughboy" è traducibile letteralmente come "ragazzo fatto con la pasta per il pane", ma in slang americano significa anche "soldato di fanteria".
  8. ^ "Eau" in francese significa "Acqua".

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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