Espansione dei popoli indoeuropei secondo l'ipotesi kurganica
Mappa generalizzata dell'espansione della cultura kurgan

L'ipotesi kurganica, a volte chiamata teoria delle steppe, è una teoria storica che si propone di descrivere l'origine e la diffusione delle lingue indoeuropee, postulando l'esistenza di una protolingua conosciuta come protoindoeuropeo parlato dall'omonimo popolo. Secondo la teoria, basata su ipotesi linguistiche, fonti archeologiche e studi genetici, questo popolo protoindoeuropeo è da identificarsi con la cultura kurgan, un insieme di popoli preistorici stanziatisi nelle steppe pontico-caspiche caratterizzati dall'uso dei kurgan, particolari tumuli funerari. L'ipotesi colloca perciò la patria originaria protoindoeuropea, in gergo Urheimat, nelle steppe pontico-caspiche comprese tra Mar Nero e Caucaso.[1][2]

Sviluppo della teoria

Argomentazioni per l'identificazione di popoli proto-indoeuropei come nomadi della steppa della regione pontico-caspica erano state prodotte già nel XIX secolo dagli studiosi tedeschi Theodor Benfey (1869) e Victor Hehn [de] (1870),[3] seguiti in particolare da Otto Schrader (1883, 1890), cui generalmente ci si riferisce come il primo studioso che l'abbia proposta nei suoi termini generali.[4]

Dopo un periodo di grandi dibattiti sull'origine di queste popolazioni,[5] l'ipotesi dell'indoeuropeizzazione a partire dalle steppe venne ripresa prima da Vere Gordon Childe nel 1926[6] e poi dall'archeologo tedesco Ernst Wahle[7], alle cui lezioni attese l'archeologo lituano Jonas Puzinas, futuro insegnante di Marija Gimbutas. È a lei che si deve il perfezionamento dell'ipotesi che queste popolazioni nomadi fossero originarie della steppa della regione pontico-caspica.[8][9]

Alla Gimbutas, in particolare, va ascritta l'identificazione del processo di indoeuropeizzazione con quello della diffusione della cultura kurgan, da lei approfonditamente studiata in numerosi saggi, raccolti nel 1997 in un volume postumo.[10] Nel 1989 le teorie di Gimbutas sono state riviste e aggiornate in base alle nuove scoperte archeologiche da vari studiosi tra cui James Patrick Mallory.

Distribuzione della componente genetica della cultura di Jamna in Europa e Nord Africa

Da ultimo, nel 2015 tre studi genetici hanno parzialmente confermato l'ipotesi che l'Urheimat fosse localizzata nelle steppe. Secondo tali studi, gli aplogruppi R1b e R1a, ora i più comuni in Europa (R1a è comune anche nell'Asia meridionale), si sarebbero espansi nel calcolitico dalle steppe a nord del Ponto e del Mar Caspio, insieme ad almeno alcune delle lingue indoeuropee; hanno anche rilevato una componente autosomica presente negli europei moderni che non era presente negli europei neolitici, che sarebbe stata introdotta con i lignaggi paterni R1b e R1a, così come le lingue indoeuropee.[11][12][13]. Nelle popolazioni italiane studiate la componente autosomica dei pastori delle steppe occidentali è presente per il 25% nei lombardi di Bergamo, 27,2% nei toscani, 5,9% o 10% nei siciliani e 7,1% o 10,6% nei sardi[11][14].

Ambito ed evoluzione della cultura kurgan

Gimbutas definì e introdusse il termine "Cultura kurgan" nel 1956, con l'intenzione di introdurre un termine più generalista capace di cogliere gli elementi comuni di alcune facies culturali, che vanno dal IV al III millennio in gran parte dell'Europa orientale e settentrionale.[15]

Il modello di una "cultura kurgan" riunisce varie culture dall'età del rame alla prima età del bronzo della steppa pontico-caspica (dal V al III millennio a.C.), nel tentativo di identificarle come un'unica cultura archeologica (o un unico orizzonte culturale), sulla base delle loro somiglianze. La costruzione dei kurgan (tombe a tumulo) è solo uno dei tanti fattori comuni a queste culture.

In questo contesto, Gimbutas considerò come parti della Cultura kurgan:

V - IV millennio a.C.

Cronologia storica dell'espansione indoeuropea secondo lo schema della teoria kurganica:

Estensione della cultura dell'ascia da combattimento
Espansione della cultura del vaso campaniforme
Le culture indoeuropee dell'Asia centrale nel III millennio a.c.

III millennio a.C.

II millennio a.C.

Espansione dei campi di urne.

I millennio a.C.

Espansione dei Celti di Hallstatt e La Tène.

Invasione o diffusionismo?

Gimbutas sosteneva che le espansioni della cultura Kurgan furono essenzialmente una serie di incursioni militari attraverso le quali la nuova ideologia guerriera e patriarcale si impose sulla pacifica cultura matriarcale della Vecchia Europa, processo osservabile tramite la comparsa di insediamenti fortificati e delle tombe dei capi-guerrieri:

«Il processo di indoeuropeizzazione è stato un processo di trasformazione culturale, non fisica. Questo processo deve essere inteso come una vittoria militare attraverso la quale venne imposto un nuovo sistema amministrativo, la lingua e la religione ai gruppi indigeni[35]

Successivamente Gimbutas evidenziò sempre più la natura violenta di questo processo di transizione dal culto della Dea Madre a quello patriarcale esplicitato dal culto del dio celeste (Zeus, Giove, Dyauṣ Pitā). Molti studiosi che accettano lo scenario generale della teoria kurganica sostengono che il passaggio fu probabilmente molto più graduale e pacifico rispetto a quanto suggerito da Gimbutas. Le migrazioni non furono certo il frutto di operazioni militari studiate e concordate ma l'espansione durata generazioni di varie tribù e culture scollegate fra loro. Fino a che punto le culture indigene siano state amalgamate pacificamente o violentemente cancellate rimane ancora un punto controverso fra i sostenitori dell'ipotesi Kurgan.

James Patrick Mallory ha accettato l'ipotesi Kurgan come teoria standard sull'origine dei popoli indoeuropei ma giustifica le critiche allo scenario dell'invasione militare proposto da Gimbutas:

«Si potrebbe pensare in un primo momento che le evidenze a sostegno della soluzione Kurgan ci obblighino ad accettarla completamente. Ma i critici esistono e le loro obiezioni si possono riassumere molto semplicemente: Quasi tutti gli argomenti a sostegno di una invasione e trasformazione culturale sono maggiormente spiegabili escludendo l'espansione Kurgan e la maggior parte degli indizi presentati o sono contraddetti da altri indizi o sono il risultato di una sbagliata interpretazione della storia culturale dell'Europa orientale, centrale e settentrionale[36]

Un'ulteriore critica ad uno degli aspetti centrali della cultura Kurganica come la intende Gimbutas proviene dagli storici militari. Questi fanno notare[37] che fino al 1000 a.C. (o poco prima) i cavalli non erano cavalcabili, o meglio non erano cavalcabili in battaglia. La cultura Kurgan allevò i cavalli dal 4.000 a.C. fin verso il 2.100-2.000 a.C. per mangiarli e come animali da soma, poi imparò ad usarli per trainare agili carri da caccia, corsa e guerra, e a cavalcare in maniera incontrollata (con nasiere e senza sella o sottopancia) solo dopo circa un millennio di tentativi e di selezione del cavallo fu possibile montarlo in maniera utile per poterlo impiegare in battaglia, fu cioè possibile controllare il cavallo con una mano o con le gambe e contemporaneamente impugnare un'arma.

I Kurgan non avrebbero quindi avuto quella superiorità militare sui popoli privi di cavalleria, oltretutto fino alla scoperta del carro leggero, e soprattutto a quelle dal morso e dell'arte equestre, nessun popolo fu "veramente" nomade, ma i Kurgan vanno interpretati come l'espressione di una civiltà dedita ad una pastorizia transumante con al centro insediamenti fluviali. La scoperta della cavalcabilità del cavallo (tra il 1100 e il 1000 a.C.) fu una rivoluzione che mise in moto le steppe occidentali. Forse ad est degli Altaj già con l'addomesticazione della Renna si era verificato un fenomeno analogo, poiché la renna, a differenza di buoi, pecore, capre e cavalli usati dai Kurgan, si adatta poco a condizioni di vita semi stanziali e transumanti.

Conclusioni

Nonostante le critiche ricevute la teoria dell'invasione calcolitica, nella forma proposta da Gimbutas appare oggi una teoria fortemente accreditata e sostenuta da basi scientifiche.

Essa si può riassumere in questi termini:

  1. le tribù indoeuropee erano società patriarcali, governate da un *h₃rḗǵs (un re che era un capo guerriero eletto, ben diverso dai re-dèi egizi e mesopotamici), e caratterizzate da una prima divisione gerarchica fra guerrieri, sacerdoti e lavoratori, con donne e schiavi relegati in secondo piano;
  2. gli Indoeuropei avevano una religione politeistica con al centro figure di dèi padri celesti, in opposizione alle religioni delle dee madri tipiche delle popolazioni preindoeuropee (i pantheon dei popoli indoeuropei storicamente noti sono frutto di una fusione con la religione di substrato, con gli dèi padri che faticano a tenere a bada le dee madri: vedi le scene da un matrimonio della coppia olimpica Zeus - Hera)
  3. gli Indoeuropei si imposero sulle popolazioni neolitiche in virtù della superiorità militare data dall'addomesticamento del cavallo; il prevalere dell'indoeuropeo sulle lingue che precedevano l'indoeuropeizzazione è il frutto dell'imposizione di una nuova lingua da parte di un'élite militare.

Ipotesi alternative

Le principali ipotesi alternative sono:

Note

  1. ^ James Patrick Mallory, In Search of the Indo-Europeans: Language, Archaeology, and Myth, Londra, Thames & Hudson, 1989, ISBN 0-500-27616-1.
  2. ^ Philipp Strazny (a cura di), Dictionary of Historical and Comparative Linguistics, 1ª ed., Routledge, 2000, ISBN 978-1-57958-218-0.
  3. ^ Jones-Bley, Karlene (2008). "Proceedings of the Eighteenth Annual Indo-European Conference, Los Angeles, November 3–4, 2006". Historiographia Linguistica. 35 (3): 465–467
  4. ^ Otto Schrader, Sprachvergleichung und Urgeschichte, vol. 2, Jena (Germania), Hermann Costanoble, 1890.
  5. ^ Theodor Poesche proponeva le paludi del Pryp"jat', al confine tra l'Ucraina e la Bielorussia, Karl Penka localizzava il luogo d'origine di questi nomandi nel nord-Europa.
  6. ^ Vere Gordon Childe, The Aryans: A Study of Indo-European Origins (London: Kegan Paul, 1926
  7. ^ Ernst Wahle (1932). Deutsche Vorzeit, Leipzig 1932.
  8. ^ 1956- Marija Gimbutas, The Prehistory of Eastern Europe, vol. 1: Mesolithic, Neolithic and Copper Age Cultures in Russia and the Baltic Area, Cambridge, MA, Peabody Museum, 1956.
  9. ^ Marija Gimbutas, «Culture Change in Europe at the Start of the Second Millennium B.C. A Contribution to the Indo-European Problem», in Selected Papers of the Fifth International Congress of Anthropological and Ethnological Sciences. Philadelphia, September 1–9, 1956, a cura di A.F.C. Wallace, Philadelphia, University of Philadelphia Press, 1960, pp. 540–552.
  10. ^ The Kurgan Culture and the Indo-Europeanization of Europe: Selected Articles from 1952 to 1993.
  11. ^ a b Haak W, Lazaridis I, Patterson N, Rohland N, et al. (2015), "Massive migration from the steppe was a source for Indo-European languages in Europe", Nature 522
  12. ^ Allentoft; et al. (2015). "Population genomics of Bronze Age Eurasia". Nature. 522 (7555): 167–172.
  13. ^ Mathieson; et al. (2015). "Eight thousand years of natural selection in Europe"
  14. ^ Daniel M. Fernandes, The spread of steppe and Iranian-related ancestry in the islands of the western Mediterranean, in Nature, 24 febbraio 2020, p. 584714. URL consultato l'11 agosto 2020.
  15. ^ Gimbutas 1970, p. 156
  16. ^ Nel contesto della teoria kurganica la cultura del bicchiere imbutiforme viene considerata come pre-indoeuropea appartenente alla Vecchia Europa
  17. ^ J. P. Mallory e D. Q. Adams, The Oxford Introduction to Proto-Indo-European and the Proto-Indo-European World, Oxford University Press, 2006, p. 452.
  18. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 127-128.
  19. ^ James Patrick Mallory (1989), In Search of the Indo-Europeans, New York: Thames and Hudson
  20. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, p. 6.
  21. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 340-341.
  22. ^ Francisco Villar, p.425.
  23. ^ Francisco Villar, pp. 106-107.
  24. ^ Gimbutas, The Civilization of the Goddess: The World of Old Europe, San Francisco (California), Harper, 1991, pp. 372 e segg.
  25. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, p. 53-54-55.
  26. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 318.
  27. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 544-546.
  28. ^ David W. Anthony, The Horse, the Wheel, and Language: How Bronze-Age Riders from the Eurasian Steppes Shaped the Modern World, Princeton University Press, 2007, pag. 382.
  29. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 72-74.
  30. ^ Francisco Villar, p.575.
  31. ^ J. P. Mallory, Douglas Q. Adams, pp. 311.
  32. ^ Francisco Villar, p.480.
  33. ^ Francisco Villar, p.531.
  34. ^ Marija Gimbutas, Bronze Age Cultures in Central and Eastern Europe, L'Aia e Londra, Mouton, 1965, pag. 355.
  35. ^ Marija Gimbutas, p.309.
  36. ^ James Patrick Mallory, p.185.
  37. ^ si veda ad es. Robert Drews, Guerrieri a cavallo. I primi cavalieri in Asia centrale e in Europa (4000-900 a.C.), Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2010.

Bibliografia

Voci correlate