Giambi
Titolo originaleIamboi
AutoreCallimaco
1ª ed. originale245 a.C.
GenereSatira
Lingua originalegreco antico
Preceduto daAitia

I Giambi sono un'opera poetica di Callimaco.

Contenuto

Il libro dei Giambi comprendeva 13 componimenti in metro vario e di contenuto diverso.

L'opera ci è abbastanza nota da nove frammenti papiracei, alcuni dei quali molto estesi, integrati con il papiro milanese che contiene le Diegeseis (riassunti) di Aitia e Giambi, consentendo di ricostruire sequenza e contenuto di essi.[1]

Analisi critica

Callimaco riunì e pubblicò i componimenti dopo gli Aitia, quindi probabilmente dopo aver composto la Chioma di Berenice a chiusura del poema eziologico (245 a.C.). Lo stesso autore annunciava, infatti, al termine degli Aitia:

«Salve, sommamente, o Zeus, anche tu, e salva tutta la casa dei sovrani:
io, invece, passo al pascolo pedestre delle Muse.»

In quest'ultimo distico, con pascolo pedestre il poeta indicava un genere poetico meno elevato, appunto i Giambi, come appare dal confronto con Orazio, che in Sat. II 6, 17, chiama Musa pedestris la satira.[13]

La "giambicità" di questi componimenti è relativa, basata più che altro sulla metrica, dato che molti dei poemetti sono in trimetri o in sistemi epodici di derivazione archilochea o ipponattea. Tuttavia, l'elemento aggressivo e polemico non manca, evidenziato dallo stesso poeta, che pone Ipponatte all'inizio della raccolta, indicandolo implicitamente come suo modello e più volte ne riecheggia la lingua e lo stile; da Archiloco, invece, Callimaco riprende le movenze dell'apologo o della favola come esempio da indicare a rivali, veri o presunti, che, tra l'altro, sono competitori letterari.

Notevole è, in questo senso, il giambo XIII, un vero componimento metapoetico, fondato sulla polyeideia, ossia la varietà di generi, in voluta e netta contrapposizione con la poetica di tipo aristotelico. L'autore, infatti, afferma:

«Chi ha detto:
"Tu componi pentametri, tu versi eroici,
e tu ottenesti dagli dei di far tragedie"?
Credo nessuno!»

I Giambi, dunque, come "laboratorio" letterario e poetico, in cui Callimaco sperimentò, spesso fino all'eccesso, i nuovi modi della sua poesia:

«I suoi censori avevano un'accusa concreta da muovergli: l'eclettismo spinto. (...) Callimaco fece rivivere lo stile satirico, aggressivo, che già aveva contraddistinto, tre secoli avanti, Ipponatte e Archiloco. (...) La fisionomia della raccolta, che abbracciava un migliaio di versi circa, è chiara. Fra le poesie, molte erano strali diretti contro i detrattori di Callimaco, altre, invece, dediche a scrittori amici in Alessandria»

Note

  1. ^ Per quanto segue, ci si basa su Callimaco, Giambi, in Id., Aitia Giambi e altri frammenti, intr., trad. e note di G. B. D'Alessio, Milano 1996, pp. 577-673.
  2. ^ Di almeno 120 versi.
  3. ^ Ci restano 68 versi molto mutili.
  4. ^ 51 versi assai mutili.
  5. ^ a b c Resta solo l'incipit nelle Diegeseis.
  6. ^ Restano solo i due versi iniziali.
  7. ^ 5 versi pervenuti per tradizione indiretta.
  8. ^ Pervenuti 86 versi piuttosto mutili.
  9. ^ In 66 versi conservati in modo abbastanza leggibile.
  10. ^ Pervenuti solo 9 versi.
  11. ^ Ne restano 75 versi.
  12. ^ Ne restano 22 versi, mutili alla fine.
  13. ^ G. B. D'Alessio, Giambi (e Canti?), in Callimaco, Inni Epigrammi Ecale, intr., trad. e note di G. B. D'Alessio, Milano 1996, pp. 43-47.

Bibliografia

Voci correlate

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