Dike
Dike e Nemesi in un dipinto di Pierre Paul Prud'hon del 1808
Nome orig.Δίκη
Caratteristiche immaginarie
SpecieOra - Ὥρα
Sessofemmina
Professionedivinità della giustizia

Dike (in greco antico: Δίκη?, Díkē, anche Diche o Dice) è, nella religione dell'antica Grecia, la dea della Giustizia.

Figlia di Zeus (Ζεύς) e di Temi (Θέμις) in Esiodo, la dea è annoverata tra le Ore (Ὧραι) e quindi ha come sorelle Eunomia (Εὐνομία) e Eirene (Eἰρήνη), le quali, come lei, vegliano sulle opere degli uomini[1]. Dike riferisce a Zeus le colpe degli uomini perché, per via di esse, lei viene offesa[2]; quando gli uomini la scacciano la dea li segue piangendo e avvolta nella foschia procura loro del male[3].

Pindaro[4] le attribuisce una figlia, Calma (Ἡσῠχία), intendendola come "tranquillità", "quiete" dello stato.

In Pausania[5] Dike punisce la dea dell'Ingiustizia Adikia (Ἀδικία); mentre in Euripide[6] essa cattura i criminali.

Viene presentata come "vergine" e Platone[7] considera questa condizione come incorrotta, perché tale deve essere la "giustizia".

Arato di Soli (III secolo a.C.) nei Fenomeni (96 e sgg.) rende Dike protagonista di una vicenda che Esiodo[8] aveva attribuito a Nemesi (Nέμεσις, "Distribuisce"[9]) e ad Aidos (Αἰδώς, "Pudicizia"), le due divinità che abbandoneranno gli uomini dell'età del ferro[10] ai loro mali; qui Dike, figlia di Astreo (Ἀστραῖος), lascia l'umanità per andare a formare la costellazione della Vergine, così, più tardi, verrà identificata con la vergine Astrea[11].

Negli Atti degli apostoli Dike viene richiamata, come credenza "pagana", nel ruolo di punire gli assassini. Così quando Paolo di Tarso, giunto naufrago sull'isola di Malta e accolto benevolmente dalla popolazione, mentre ravvivava un fuoco viene morso da un serpente:

(GRC)

«ὡς δὲ εἶδον οἱ βάρβαροι κρεμάμενον τὸ θηρίον ἐκ τῆς χειρὸς αὐτοῦ, πρὸς ἀλλήλους ἔλεγον· πάντως φονεύς ἐστιν ὁ ἄνθρωπος οὗτος ὃν διασωθέντα ἐκ τῆς θαλάσσης ἡ δίκη ζῆν οὐκ εἴασεν.»

(IT)

«Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti (βάρβαροι) dicevano fra loro: «Certamente costui è un assassino, perché, sebbene scampato dal mare, la dea della Giustizia (δίκη) non lo ha lasciato vivere».»

Nelle opere contemporanee

[modifica | modifica wikitesto]

Δίκη nel mito

[modifica | modifica wikitesto]

"Allora Zeus, re degli dèi, condusse come prima sposa Meti

---

Quindi egli sposò la splendida Temi che generò le Ore, Eunomia e Diche e la fiorente Eirene, che curano le opere degli uomini mortali"

Esiodo, Teogonia 902

Note

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ Esiodo, Teogonia, 902 e sgg.
  2. ^ Esiodo, Le opere e i giorni 256 e sgg.
  3. ^ Esiodo, Le opere e i giorni 222 e sgg.
  4. ^ Pitica VIII, 1.
  5. ^ V, 18,2
  6. ^ Eracle 941
  7. ^ Leggi 943E
  8. ^ Esiodo, Opere e giorni, 200 e sgg.
  9. ^ Intesa come lo "sdegno che castiga la tracotanza umana" 931 (44); traduzione di Cesare Cassanmagnago
  10. ^ Esiodo Opere e giorni, 174 e sgg.
  11. ^ Cfr. ad es. Ovidio, Metamorfosi, I, 149-150

Bibliografia

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN69730934 · GND (DE119056089 · BNF (FRcb157267105 (data) · WorldCat Identities (ENviaf-69730934
  Portale Mitologia greca: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di mitologia greca