In matematica, una differenza finita è un'espressione nella forma di una differenza tra i valori assunti da una funzione in due specifici punti:

Se la differenza finita è divisa per si ottiene un rapporto incrementale. Viene in genere indicata con la lettera greca seguita dalla quantità che subisce tale variazione (ad esempio ).[1]

Definizione

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Una differenza con centro e passo è definita come:

Si studiano principalmente quattro tipi di differenze finite:

Le differenze finite sono centrali nell'analisi numerica per l'approssimazione delle derivate e quindi nella risoluzione numerica delle equazioni differenziali.

Relazione con le derivate

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La derivata di una funzione in è definita come il limite del rapporto incrementale:

Se , invece che annullarsi, assume un valore fissato, allora il termine a destra si può scrivere:

in modo che la differenza finita in avanti divisa per approssima il valore della derivata per piccolo.

L'errore relativo a tale approssimazione può essere derivato tramite il teorema di Taylor. Assumendo una funzione differenziabile con continuità l'errore è:

e la stessa formula vale per la differenza finita all'indietro:

La differenza finita centrata, tuttavia, fornisce un'approssimazione più accurata. In tal caso l'errore è proporzionale al quadrato del passo , se la funzione è differenziabile con continuità due volte, ovvero la derivata seconda è continua per ogni :

Metodo alle differenze finite

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Le differenze finite possono essere utilizzate per discretizzare una equazione differenziale ordinaria. Un esempio classico è il metodo di Eulero, che sfrutta alternativamente i tre i tipi di differenze finite presentati.

Operatore

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Un operatore astratto agente su uno spazio funzionale che, data una funzione, ne restituisce la differenza finita con centro e passo si dice un operatore alle differenze. Quello in avanti per esempio può essere espresso come:

dove è l'operatore di shift e l'identità. Similmente si possono descrivere gli altri due tipi.

Qualsiasi operatore alle differenze di quelli visti è lineare e soddisfa la regola di Leibniz.

La relazione di Taylor può essere espressa allora in termini simbolici come:

dove è l'operatore differenziale che trasforma una funzione nella sua derivata.

Proprietà

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In analogia con le regole di derivazione, per un operatore alle differenze si ha:

con e sono costanti.

Differenze finite di ordine superiore

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Si possono definire approssimazioni per le derivate di ordine successivo in modo iterativo.

Utilizzando ad esempio le differenze centrate per approssimare otteniamo la differenza finita centrata del second'ordine:

Più in generale, le differenze finite dell' -esimo ordine sono definite rispettivamente come:

Se necessario, è possibile mischiare i tre tipi centrando l'approssimazione successivamente in punti diversi.

Proprietà

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Generalizzazioni

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Una differenza finita generalizzata è spesso definita come:

dove è il vettore dei suoi coefficienti. Un'ulteriore generalizzazione si ha quando la somma viene rimpiazzata da una serie infinita, ottenendo la differenza infinita.

Si possono anche rendere i coefficienti dipendenti dal punto , ovvero , ottenendo così una differenza "pesata". Si può anche far dipendere dal punto , ovvero : ciò risulta utile ad esempio per definire diversi moduli di continuità.

L'operatore alle differenze si generalizza alla formula di inversione di Möbius su un insieme parzialmente ordinato.

Interpolazione di Newton

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La formula di interpolazione di Newton, introdotta da Newton nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica del 1687,[2] è l'analogo discreto dell'espansione di Taylor continua:

che vale per ogni funzione polinomiale e per molte funzioni analitiche. L'espressione:

è il coefficiente binomiale, mentre:

è il fattoriale decrescente. Il prodotto vuoto vale inoltre 1.

Note

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  1. ^ (EN) IUPAC Gold Book, "change of a quantity"
  2. ^ Newton, Isaac, (1687). Principia, Book III, Lemma V, Case 1

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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