Battaglia di S. Angelo in Campo
Il fiume Serchio
Data3 dicembre 1430
LuogoS.Angelo in Campo Rive del Serchio, ad ovest di Lucca
EsitoVittoria milanese e delle Repubbliche alleate di Genova e Lucca
Schieramenti
Comandanti
Niccolò Piccinino
Angelo della Pergola
Niccolò Terzi
Antonio da Pontedera
Stefano di Poggio
Ludovico da Parma
Danese da Siena
Niccolò Orso
Ladislao Guinigi
Guidantonio da Montefeltro
Niccolò Fortebraccio
Bernardino Ubaldini
Giovanni Guicciardini
Rinaldo di Provenza
Paolo Colonna
Guidantonio Manfredi
Effettivi
5.000 fanti
1.000 balestrieri genovesi
3.000 cavalieri
3.000 fanti
6.000 cavalieri
Perdite
lievialmeno 200 morti
4.500 prigionieri
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La battaglia del Serchio venne combattuta il 3 dicembre 1430 tra l'esercito delle repubbliche alleate di Genova e Lucca, che sconfissero l'armata della Repubblica di Firenze.

Antefatti

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Nel quadro della terza fase delle cosiddette guerre di Lombardia, la Repubblica di Firenze, nel dicembre 1429, aveva dichiarato guerra a Lucca, che era governata da Paolo Guinigi in qualità di Signore. L'esercito fiorentino, guidato da Niccolò Fortebraccio, invase lo stato di Lucca e cinse di assedio la città che era difesa da mura possenti e ben munita. Il Guinigi chiese l'aiuto di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, che però non poteva intervenire militarmente in suo aiuto in quanto i capitoli della pace stabilita con papa Martino V gli impedivano di oltrepassare con le sue truppe il fiume Magra. Finse pertanto di cacciare dal ducato Francesco Sforza (che era confinato da due anni a Mortara), affidandogli in realtà alcuni veterani e il denaro necessario per condurre le operazioni militari in Toscana. Nel frattempo i fiorentini si erano spinti fin sotto le mura di Lucca dove, su progetto del Brunelleschi, decisero di deviare il corso del fiume Serchio affinché, allagando g spalti, abbattesse le mura della città. Il progetto non passò inosservato ed i lucchesi, con alcune incursioni mirate, non solo impedirono il completamento dei lavori ma deviarono le dighe facendogli allagare il campo fiorentino. Nel frattempo il Fortebraccio appreso dell'avvicinarsi dello Sforza decise di togliere l'assedio a Lucca ritirandosi a Ripafratta. Il Guinigi approfittò della situazione per cercare di recuperare i castelli perduti pagando i fiorentini ma i lucchesi, venutolo a sapere, il 15 agosto del 1430 lo imprigionarono insieme ai suoi cinque figli con l'accusa di aver usurpato la libertà della città di Lucca che era garantita dall'Impero, affidando il governo della città allo Sforza. Firenze però non sospese le ostilità ed iniziò a trattare con lo Sforza al quale furono dati 70.000 fiorini perché lasciasse Lucca a se stessa. Lo Sforza, incassato il danaro abbandonò Pescia dirigendosi nei suoi domini a Manfredonia e i fiorentini si ripresentarono nella pianura alle porte della città questa volta sotto il comando di Guidantonio da Montefeltro, duca di Urbino. Il Governo della città riprese le trattative con Filippo Maria Visconti, il quale, pur non volendo nuovamente immischiarsi in modo diretto nella guerra, svolse un'azione diplomatica per favorire l'alleanza tra Lucca e Genova che riuscì a radunare un esercito di diverse migliaia di uomini al comando di Niccolò Piccinino. Genova, che aveva mire espansionistiche in Lunigiana e Versilia, inviò in soccorso dei lucchesi mille balestrieri.[1]

La battaglia

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Niccolò Piccinino offrì battaglia in campo aperto il 3 e 4 dicembre 1430 presso il paese di S.Angelo in Campo sulle rive del Serchio, ad ovest di Lucca. Il generale fiorentino Guidantonio da Montefeltro accettò lo scontro incontrando; fu però sconfitto, anche perché si trovò preso fra due fuochi in quanto oltre al Piccinino dovette subire l'attacco della Milizia Lucchese fuoriuscita dalla Mura. A seguito della battaglia, che per i lucchesi si chiamò "La Gran Botta", i fiorentini dovettero cessare le ostilità rinunciando definitivamente alla completa conquista dello Stato di Lucca.

Conseguenze

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Le conseguenze della Battaglia del Serchio furono di notevole importanza per definire gli equilibri regionali nelle valli di Serchio e Magra e nei litorali apuano e versiliese; tali equilibri sarebbero rimasti sostanzialmente immutati fino all'unità d'Italia. In particolare, tra gli effetti della guerra (che la battaglia risolse) si devono ricordare:

Rimanevano esterni all'assetto fin qui delineato:

Note

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  1. ^ Bernardino Corio, Storia di Milano, vol. 2, pp. 610-611.
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