Una pittura di Max Rentel del 1911 che mostra un legame di attaccamento.

L'attaccamento può essere definito come un sistema dinamico di atteggiamenti e comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame specifico fra due persone, un vincolo le cui radici possono essere rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto.

In psicologia, il termine attaccamento è legato alle ricerche sullo sviluppo e sull'infanzia, in relazione ai legami che si creano con le figure di accudimento. Il primo a proporlo come concetto cardine, per spiegare il comportamento dei bambini, fu John Bowlby[1], un ricercatore britannico originariamente di formazione psicoanalitica. Secondo l'autore, il bambino, appena nato, è tendenzialmente portato a sviluppare un forte legame di attaccamento con la madre o con chi si prende cura di lui (figura anche definita con il termine inglese di caregiver).

Il più importante assunto della Teoria dell'attaccamento è che un bambino necessita di sviluppare una relazione con almeno un caregiver, per la riuscita del suo sviluppo sociale ed emozionale[2]. Tale relazione può essere diadica, come nella relazione madre-bambino tipica della cultura occidentale, o può coinvolgere una comunità di caregivers (fratelli, famiglia estesa, insegnanti), come si può osservare nelle culture dell'Africa o del Sudamerica.[3][4][5]

Descrizione

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Fasi dell'attaccamento

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Secondo Bowlby, l'attaccamento avviene in 5 fasi[1]:

In base alle risposte che i genitori daranno al bambino, si produrranno in seguito diverse tipologie di legame.

Strange Situation

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Mary Ainsworth, una collaboratrice di Bowlby, elaborò una situazione sperimentale per determinare il tipo di attaccamento tra caregiver e figlio. La situazione, denominata "strange situation"[6], era suddivisa in otto episodi, ciascuno della durata di tre minuti, dove il bambino veniva sottoposto a situazioni potenzialmente generatrici di "stress relazionale"[7].

Nella strange situation i principali stili di comportamento attivati sono:

L'esperimento, che si dipana in otto fasi, ha queste caratteristiche:

Gli stili di attaccamento

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La sequenza osservativa di tutte le fasi della strange situation, permette di definire quattro tipologie di attaccamento che legano il caregiver al bambino:

Attraverso una serie di sperimentazioni con la strange situation, Mary Ainsworth e John Bowlby hanno potuto notare come il comportamento di attaccamento sicuro, osservato (nelle osservazioni di Ainsworth e Bowlby) tra la madre e il suo bambino, oltre a fornire protezione al piccolo, serviva a costituire una "base sicura" a cui il bambino potesse ritornare nelle fasi di esplorazione dell'ambiente circostante. Questa "base sicura" permette così di promuovere nel bambino un senso di fiducia in sé stesso, favorendone progressivamente l'autonomia[1].

La separazione dal caregiver

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Le ricerche di Bowlby e gli esperimenti della Ainsworth hanno dimostrato che ogni esperienza di separazione dal caregiver, o anche di semplice minaccia di separazione, determinano nel bambino una reazione di protesta ansiosa e una riduzione del comportamento di esplorazione autonomo. A parere di Bowlby, diversi disturbi infantili e alcune psicopatologie adulte sono imputabili allo stress provocato da queste ripetute esperienze traumatiche. Separazione e minaccia di separazione costituiscono forme di deficit parentale e contribuiscono ad accrescere la dipendenza del bambino dal caregiver.[8][9]

Modelli operativi interni

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I modelli operativi interni sono rappresentazioni mentali del legame costruito con l'attaccamento, che hanno lo scopo di guidare il bambino nelle sue interazioni con l'ambiente. Il termine fu introdotto dal filosofo scozzese Kenneth Craik. Craik aveva notato la capacità del pensiero di prevedere gli eventi, e sottolineò il valore di sopravvivenza nella selezione naturale per questa abilità. Tale modello operativo interno consente a una persona di testare le alternative mentalmente, usando la conoscenza del passato mentre risponde al presente e al futuro. Bowlby applicò le idee di Craik all'attaccamento, mentre altri psicologi applicavano questi concetti alla percezione e alla cognizione degli adulti[10].

Il modello operativo interno dei bambini si sviluppa in risposta all'esperienza e ai risultati dei loro comportamenti di ricerca di prossimità. Se il caregiver accetta questi comportamenti e concede la vicinanza e l'affetto, il bambino sviluppa un attaccamento sicuro; se il caregiver nega costantemente la vicinanza al bambino, si sviluppa un attaccamento evitante; e se il caregiver concede la vicinanza in modo incoerente, si sviluppa un attaccamento ambivalente[11].

È importante notare come i modelli operativi interni si mantengano sostanzialmente stabili nel tempo, e il modello interiorizzato dal bambino si mantiene fino all'età adulta. Il modello operativo interno di un genitore, che si attua a sua volta nella relazione di attaccamento con il suo bambino, può essere indagato esaminando le rappresentazioni mentali del genitore[12][13].

Gli stili di attaccamento nell'adulto

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La Adult Attachment Interview

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Un importante strumento clinico per valutare lo stile di attaccamento negli adulti è la Adult Attachment Interview (AAI), messa a punto da Mary Main e collaboratori[14][15]. Si tratta di un'intervista semi-strutturata, della durata di circa un'ora, nella quale vengono poste 20 domande all'intervistato. L'intervista indaga la rappresentazione dell'adulto sull'attaccamento (cioè i modelli operativi interni) valutando i ricordi generali e specifici della sua infanzia. Le risposte sono codificate in base alla qualità del discorso (in particolare la coerenza) e il contenuto. L'AAI permette di classificare l'attaccamento degli adulti in base a quattro categorie:

L'attaccamento nelle relazioni di coppia

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Sulla base dell'ipotesi della stabilità nel tempo dei modelli operativi interni, la ricerca sull'attaccamento è stata estesa alle relazioni di coppia. Bartolomew e Horowitz hanno definito quattro stili di attaccamento nell'adulto, basati sull'immagine che l'individuo ha di sé e dell'altro[16]:

L'attaccamento nei primati

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Il legame di attaccamento tra genitori e figli venne studiato e sperimentato su piccoli primati dai coniugi Harlow (Harry Frederick e Clara Mears Harlow) tra il 1958 e il 1965[17].

Gli Harlow allevarono cuccioli di macaco privandoli della madre; le scimmie disponevano solo di due sostituti materni: uno era un peluche di morbida stoffa e l'altro di metallo; quest'ultimo era fornito di biberon al quale le scimmiette affamate si attaccavano per succhiare il latte. I coniugi, dopo ripetute osservazioni, notarono che le scimmiette trascorrevano la maggior parte del tempo avvinte al pupazzo di stoffa, anche se era privo di biberon, e si attaccavano alla sagoma metallica solo per poppare. Dopo qualche settimana le scimmie divennero tristi e spaurite a causa della mancanza del contatto fisico e di sguardi. Quando le scimmie divennero adulte si comportarono come "cattive madri": mostravano indifferenza verso i loro piccoli, non li allattavano, non si ribellavano se succedeva qualche cosa ai piccoli e arrivavano ad aggredirli e rifiutarli[17].

Note

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  1. ^ a b c Bowlby J., (1989) Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento, Cortina, Milano.
  2. ^ J Holmes, John Bowlby & Attachment Theory, Makers of modern psychotherapy, London, Routledge, 1993, p. 69, ISBN 0-415-07729-X.
  3. ^ Barbara Rogoff, The Cultural Nature of Human Development., NY, Oxford University Press, 2003.
  4. ^ Marga Vicedo, Putting attachment in its place: Disciplinary and cultural contexts, in European Journal of Developmental Psychology, vol. 14, 14 febbraio 2017, pp. 684–699, DOI:10.1080/17405629.2017.1289838.
  5. ^ Naomi and Jeannette Marie Quinn and Mageo, Attachment Reconsidered Cultural Perspectives on a Western Theory, New York, NY, Palgrave McMillan, 2013, ISBN 978-1-137-38674-8.
  6. ^ Ainsworth M., Bowlby J., (1965). Child Care and the Growth of Love. London, Penguin Books.
  7. ^ Ainsworth M., Blehar M., Waters E., Wall S., (1978). Patterns of Attachment. Hillsdale, Erlbaum, New York.
  8. ^ (IT) Lucia Mieli, Attacks on Linking. Appunti per una lettura clinica della contemporaneità alla luce della scoperta delle origini e della natura relazionale del Sé (PDF), su academia.edu. URL consultato il 4 giugno 2021.
    «Gli studi di Bowlby si approfondirono grazie alla collaborazione con Robertson con cui girò il documentario “A two year old goes to hospital” (1952) che descrive drammaticamente le conseguenze psicologiche di una separazione brutale dai genitori in occasione di un intervento chirurgico (all’epoca non era consentito ai genitori di restare

    in ospedale). Per la prima volta, Bowlby individuò e descrisse gli stadi della protesta, della disperazione e della dissociazione, troppe volte prima derubricata come “adattamento” (settling down). Il film fu centrale nel favorire un cambiamento delle politiche ospedaliere di degenza. Il suo lavoro proseguì con il suo report sugli orfani di guerra per la World Health Organisation (WHO) “Maternal Care and Mental Health” (1951), mentre la sua collaborazione con Mary Ainsworth e Mary Main nei cinquant’anni successivi lo

    portarono a elaborare la teoria dell’attachment.»
  9. ^ John Bowlby e James Robertson, A Two-Year-Old Goes to Hospital, in Proceedings of the Royal Society of Medicine, vol. 46, n. 6, 1953-06, pp. 425–427. URL consultato il 4 giugno 2021.
  10. ^ Johnson-Laird PN, Mental models, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1983, pp. 179–87, ISBN 0-674-56881-8.
  11. ^ M. Main, N. Kaplan e J. Cassidy, Security in Infancy, Childhood, and Adulthood: A Move to the Level of Representation, in Monographs of the Society for Research in Child Development, vol. 50, 1985, pp. 66–104, DOI:10.2307/3333827.
  12. ^ AF Lieberman, Toddlers' internalization of maternal attributions as a factor in quality of attachment, in Atkinson, Leslie; Zucker, Kenneth J (a cura di), Attachment and psychopathology, New York, NY, US, Guilford Press, 1997, pp. 277–292.
  13. ^ CH Zeanah, MA Keener e TF Anders, Adolescent mothers' prenatal fantasies and working models of their infants, in Psychiatry, vol. 49, n. 3, 1986, pp. 193–203, DOI:10.1080/00332747.1986.11024321.
  14. ^ George C., Kaplan N., Main M., (1985) Adult Attachment Interview. University of California Press, Berkeley.
  15. ^ N. Dazzi, G. C. Zavattini (a cura di), Adult Attachment Interview. Applicazioni cliniche, traduzione di A. M. Delogu, Milano, Cortina Raffaello, 2010, ISBN 978-88-6030-331-8.
  16. ^ Bartholomew K, Horowitz LM, Attachment styles among young adults: a test of a four-category model, in Journal of Personality and Social Psychology, vol. 61, n. 2, Agosto 1991, pp. 226–44, DOI:10.1037/0022-3514.61.2.226, PMID 1920064.
  17. ^ a b Suomi, S. J. and Leroy, H. A. (1982), In memoriam: Harry F. Harlow (1905–1981). Am. J. Primatol., 2: 319–342. DOI10.1002/ajp.1350020402

Bibliografia italiana

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Voci correlate

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