Alfredo Galletti (Cremona, 13 maggio 1872Milano, 1º marzo 1962) è stato un critico letterario italiano.

Biografia

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Nel 1894 conseguì la laurea in Lettere all'Università degli Studi di Pavia. Nel 1902 insegnò come libero docente all'università di Firenze e poi, dal 1910 al 1914, a Genova e a Bologna, come titolare della cattedra di letteratura italiana e successore di Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli. Nel 1925 firmò il «Manifesto degli intellettuali» di opposizione e protesta contro il fascismo. Dal 1935 fu ordinario di letteratura italiana all'Università Statale di Milano fino al 1943, quando fu arrestato per ordine del regime fascista.[1]

I primi studi eruditi del Galletti riflettono la sua formazione positivistica. Le sue ricerche si rivolsero, fin dagli inizi (Studi di letterature straniere, 1903) ai rapporti tra la letteratura italiana e le letterature straniere dell'Ottocento, con particolare riguardo al germanesimo nella letteratura inglese (Studi di letteratura inglese, 1928). Da segnalare anche i suoi studi monografici su Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Giovanni Berchet, nonché quelli dedicati ad Alessandro Manzoni (A. Manzoni: il pensatore e il poeta, 1927; Manzoni e il manzonismo, 1949). Nel 1947 fu nominato membro dell'Accademia dei Lincei.

Contro l'estetica crociana

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In quasi tutta l'opera critica del Galletti emerge chiara la sua avversione polemica, peraltro ereditata dall'insegnamento carducciano, nei confronti dell'estetica hegeliana e crociana. La disputa, «così accesa in molte pagine del critico, si ritrova anche nel volume Il Novecento (1935)», così come «in tutta l'opera del critico sempre rivolto, in nome della storia e della personalità, a contrastare l'estetica e l'idealismo».[2]

Questo ampio volume, che conclude la collana vallardiana Storia letteraria d'Italia, subì critiche numerose e severe, riferite soprattutto agli ultimi capitoli, dove l'autore si oppone alla «novissima lirica» di poeti come Montale, Onofri, Quasimodo, Ungaretti, definendola come una nuova retorica che avrebbe spezzato i legami con la tradizione.[3] Tra i giudizi più duri su quest'opera può essere citato quello di Giorgio Bàrberi Squarotti, il quale bolla Il Novecento del Galletti come un volume «anacronistico e incerto».[4]

Tuttavia, a parte l'inclinazione alla polemica letteraria, al Galletti è stato riconosciuto il rigore etico supportato da una vasta e solida erudizione, nel solco del lavoro filologico.[5]

Opere

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Note

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  1. ^ Fonti: Enrico Maria Fusco, Scrittori e idee, Torino, S.E.I., 1956, p. 265; Biblioteca statale di Cremona,, Legato Galletti, URL consultato il 7 gennaio 2018.
  2. ^ Antonio Piromalli, Alfredo Galletti, in Letteratura italiana - I Critici, volume terzo, Milano, Marzorati, 1970, p. 1908.
  3. ^ Antonio Piromalli, Op. cit., p. 1910.
  4. ^ Giorgio Bàrberi Squarotti, Galletti Alfredo, voce del Grande dizionario enciclopedico, volume sesto, Torino, UTET, 1956, p. 91.
  5. ^ Antonio Piromalli, Op. cit., p. 1912.

Bibliografia

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