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Tossilaggine comune
Tussilago farfara
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superasteridi
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi
(clade)Campanulidi
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaAsteroideae
TribùSenecioneae
SottotribùTussilagininae
Genere Tussilago
L., 1753
Specie T. farfara
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaAsteroideae
TribùSenecioneae
Genere Tussilago
Specie T. farfara
Nomenclatura binomiale
Tussilago farfara
L., 1753
Nomi comuni

Farfarella - Farfaro - Farfarugìne - Farfugio - Paparacchio - Pataccio - Piè d'asino - Tussilagine comune - Zampa di mula

Tussilago farfara L., 1753 è una specie di pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Asteraceae (sottofamiglia Asteroideae). Tussilago farfara è anche l'unica specie del genere Tussilago L., 1753.[1][2]

Etimologia

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Il nome generico (Tussilago) deriva dall'uso molto antico di questa pianta nel campo della medicina popolare: tussis ed agere (= “tosse” e “fare” o “togliere”), quindi traducendo liberamente “far togliere la tosse”. I primi riferimenti si trovano già negli scritti dello scrittore e naturalista latino Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (Como, 23 – Stabia, dopo l'8 settembre 79).[3]. L'epiteto specifico (farfara) è ripreso dal nome antico in latino (da Plinio) che questa pianta aveva presso i romani: farfarum. Questo termine potrebbe derivare da farfer (= portatore di farina) e probabilmente si riferisce al tomento bianco della pianta.[4] Un altro antico nome latino della pianta - filius ante patrem - fa riferimento al caratteristico fatto che prima fiorisce e solo poi nascono le foglie.[3]

Il binomio scientifico attualmente accettato (Tussilago farfara), come anche il nome scientifico del genere (Tussilago), è stato proposto da Carl von Linné nella pubblicazione "Species Plantarum" (Sp. Pl. 2: 865) del 1753.[5]

Descrizione

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Descrizione delle parti della pianta

Habitus. L'aspetto di queste piante è erbaceo un po' cespitoso. L'altezza varia da 10 a 30 cm (minimo 5 cm). La forma biologica della specie è geofita rizomatosa (G rhiz); ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei (riproduzione vegetativa); altrimenti queste piante si possono riprodurre anche a mezzo seme. È una pianta molto precoce, tra le prime a fiorire alla fine dell'inverno.[6][7][8][9][10][11]

Radici. Le radici sono secondarie da rizoma.

Fusto.

Foglie. Le foglie sono sia basali che cauline. Le foglie sono ricche di mucillagine e olio essenziale.

Infiorescenza. Le sinflorescenze sono formate da diversi capolini di tipo radiato lungamente peduncolati. La struttura dei capolini (l'infiorescenza vera e propria) è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro più o meno cilindrico composto da più brattee lineari (una ventina circa) e tutte uguali, disposte in un'unica serie (a volte è presente una seconda serie basale con poche brattee), che fanno da protezione al ricettacolo nudo (senza pagliette) sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: circa 200-300 fiori femminili, quelli esterni ligulati disposti su più serie, e una quarantina di fiori ermafroditi (ma con stilo sterile e quindi fondamentalmente maschili), quelli interni tubulosi. Il portamento dei singoli capolini è particolare: è inclinato verso terra prima della fioritura, si raddrizzano all'antesi per poi ripiegarsi alla fruttificazione. Dimensione delle squame involucrali: larghezza 1,5 mm; lunghezza 15 mm. Diametro dei capolini: 2 – 3 cm. Diametro dell'involucro 10 – 15 mm.

Fiori. I fiori sono tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Sono inoltre ermafroditi, più precisamente i fiori del raggio (quelli ligulati e zigomorfi) sono femminili; mentre quelli del disco centrale (tubulosi e actinomorfi) sono bisessuali o a volte funzionalmente maschili.

*/x K , [C (5), A (5)], G 2 (infero), achenio[12]

Frutti. I frutti sono degli acheni con pappo. La forma degli acheni varia da cilindrica a sub-cilindrica; la superficie è percorsa da diverse coste longitudinali e può essere glabra. Non sempre il carpoforo è distinguibile. Il pappo è formato da 60 - 100 setole snelle, bianche o fulve. Dimensione degli acheni: 3 – 5 mm. Lunghezza dei pappi: 8 – 12 mm.

Biologia

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Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama tramite farfalle diurne e notturne).
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi (gli acheni) cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). In questo tipo di piante avviene anche un altro tipo di dispersione: zoocoria. Infatti gli uncini delle brattee dell'involucro (se presenti) si agganciano ai peli degli animali di passaggio disperdendo così anche su lunghe distanze i semi della pianta. Inoltre per merito del pappo il vento può trasportare i semi anche a distanza di alcuni chilometri (disseminazione anemocora).

Distribuzione e habitat

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Distribuzione della pianta (Distribuzione regionale[14] – Distribuzione alpina[15])

Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Paleotemperato o anche Eurasiatico.

Distribuzione: la presenza di questa pianta sul territorio italiano è totale. Si trova anche in Africa settentrionale e nell'America del nord (lungo le due coste, introdotta e quindi naturalizzata dall'Europa probabilmente nel periodo coloniale). <<<<<<<<<<<<<< Fuori dall'Italia, sempre nelle Alpi, questa specie si trova in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Sugli altri rilievi collegati alle Alpi è presente nella Foresta Nera, Monti Vosgi, Massiccio del Giura, Massiccio Centrale, Pirenei, Alpi Dinariche, Monti Balcani e Carpazi.[15] La farfara è comune anche nel resto dell'Europa, in Africa (del nord) e in Asia (nell'America del Nord è presente ma considerata introdotta).[2]

Habitat: l'habitat tipico di questa specie sono luoghi umidi e sottoboschi in terreni a natura argillosa (suolo pesante); ma anche campi coltivati, ambienti ruderali, vicinanze dei corsi d'acqua, ghiaioni e pietraie. Dopo la fioritura con le grandi foglie tende a ricoprire vaste aree di terreno, risultando quindi semi-infestante e di difficile estirpazione a causa del profondo rizoma. Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo con pH basico e medi valori nutrizionali del terreno che può essere mediamente umido.

Distribuzione altitudinale: sui rilievi alpini queste piante si possono trovare fino a 2.400 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e subalpino.

Fitosociologia

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Dal punto di vista fitosociologico alpino Tussilago farfara appartiene alla seguente comunità vegetale:[15]

Formazione: delle comunità perenni nitrofile
Classe: Agropyretea intermedii-repentis

Tassonomia

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La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[16], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[17] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[18]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie; la sottofamiglia Asteroideae è una di queste e rappresenta l'evoluzione più recente di tutta la famiglia.[1][9][10]

Filogenesi

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Il genere di questa voce appartiene alla sottotribù Tussilagininae della tribù Senecioneae (una delle 21 tribù della sottofamiglia Asteroideae). La sottotribù descritta in tempi moderni da Bremer (1994), dopo le analisi di tipo filogenetico sul DNA del plastidio (Pelser et al., 2007) è risultata parafiletica con le sottotribù Othonninae e Brachyglottidinae annidiate al suo interno. Attualmente con questa nuova circoscrizione la sottotribù Tussilagininae s.s. risulta suddivisa in quattro subcladi.[10]

Le “Tossilaggine”, tradizionalmente, fanno parte della sottofamiglia delle "Tubiflore" (o attualmente Asteroideae); sottofamiglia caratterizzata dall'avere capolini con fiori tubulosi al centro ed eventualmente fiori ligulati alla periferia, brattee dell'involucro ben sviluppate e frutti con pappo biancastro e morbido. Il genere di questa voce appartiene a un subclade abbastanza ben supportato comprendente i generi Endocellion, Homogyne, Petasites e Tussilago. Questi generi prediligono climi temperato/boreali in areali prevalentemente settentrionali e con una distribuzione eurasiatica con un unico rappresentante nel Nord America, vale a dire il polimorfo Petasites frigidus.[10]

I caratteri distintivi per la specie Tussilago farfara sono:[9][11]

  • gli scapi portano di solito un solo capolino;
  • le foglie basali (larghe) si sviluppano dopo l'antesi;
  • le foglie cauline sono squamiformi;
  • i fiori del raggio sono molti ed hanno delle lamine lineari.

Il numero cromosomico della specie è: 2n = 60 e 72.[9]

Sinonimi

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Sono elencati alcuni sinonimi per questa entità:[2]

Specie simili

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Anche se la forma generale del fiore è molto comune: quella tipica delle “margherite”, e anche se i fiori gialli abbondano ovunque, basta pensare alla moltitudine degli “Sparvieri” (genere Hieracium) o "Crepidi" (genere Crepis) e altri ancora, sono comunque fiori molto facilmente individuabili in quanto sono tra i primi a fiorire alla fine dell'inverno-inizio primavera, ma soprattutto hanno dei caratteristici fusti carnosi e cotonosi. È più facile invece confondere queste piante, dopo la fioritura, in quanto hanno delle foglie simili ad altre specie come quelle del genere Petasites che tra l'altro vivono negli stessi habitat:

Usi

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Farmacia

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Effetti avversi

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Gli alcaloidi pirrolizidinici presenti nella pianta possono provocare cirrosi epatica ed epatocarcinoma,[21] mentre i lattoni sesquiterpenici reazioni allergiche.

Cucina

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Le giovani parti della pianta possono essere usate crude come insalata o cotte come contorno. La presenza di alcuni alcaloidi però ne consiglia un uso moderato.

Giardinaggio

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Raramente questa pianta è usata nel giardinaggio in quanto risulta invasiva. Per questo uso comunque sono disponibili delle belle varietà con foglie macchiate di giallo.

Altri usi

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Note

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  1. ^ a b (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ a b c World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 1º marzo 2023.
  3. ^ a b c d Motta 1960, vol.3 p.883.
  4. ^ David Gledhill 2008, p. 163.
  5. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 1º marzo 2023.
  6. ^ Pignatti 1982, vol.3 pag.1.
  7. ^ Strasburger 2007, pag. 860.
  8. ^ Judd 2007, pag.517.
  9. ^ a b c d Kadereit & Jeffrey 2007, p. 216.
  10. ^ a b c d Funk & Susanna 2009, p. 503.
  11. ^ a b Pignatti 2018, vol.3 p.881.
  12. ^ Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 520, ISBN 978-88-299-1824-9.
  13. ^ Strasburger 2007, Vol. 2 - p. 760.
  14. ^ Checklist of the Italian Vascular Flora, p. 179.
  15. ^ a b c Flora Alpina, Vol. 2 - p. 522.
  16. ^ Judd 2007, pag. 520.
  17. ^ Strasburger 2007, pag. 858.
  18. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 18 aprile 2021.
  19. ^ a b c Roberto Chej, Piante medicinali, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1982.
  20. ^ Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 12 settembre 2009.
  21. ^ Francesco Capasso, Giuliano Grandolini, Angelo A. Izzo, Fitoterapia. Impiego razionale delle droghe vegetali, Springer Verlag, 2007, p. 166, ISBN 88-470-0505-1.
  22. ^ (FR) Tussilago farfara & Apis mellifera, su Florabeilles, 14 marzo 2014. URL consultato il 6 luglio 2019.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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