Virgilio con l'Eneide tra Clio e Melpomene (Museo nazionale del Bardo, Tunisi)
Laocoonte e i suoi figli avvinti dai serpenti marini (Pietr Claesz Soutman)

La frase latina Timeo Danaos et dona ferentes ("temo i Danai anche quando recano doni"[1]) si trova nell'Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone. Sono le parole pronunciate da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non introdurre il famoso cavallo di Troia all'interno delle mura della città. Virgilio utilizza omericamente il termine Danaos (Danai), l'antico popolo di Argo, come sinonimo di "Greci", in segno di disprezzo: gli Achei erano discendenti di Danao, che aveva ordito il complotto per uccidere gli Egiziadi, suoi nipoti e generi.

Viene usata (anche nella forma sospesa Timeo Danaos...) per ricordare, a volte in tono scherzoso, che non ci si deve fidare di coloro che si ritengono nemici, anche se hanno atteggiamenti generosi o amichevoli[2].

In epoca moderna fu tradotta in katharevousa: Φοβοῦ τοὺς Δαναοὺς καὶ δῶρα φέροντας.

Traduzioni

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La traduzione più diffusa è "Temo i Greci anche quando/se portano doni". Nell'originale latino, la congiunzione et, qui con il significato di anche, combinata con ferentes, participio presente di fero, portare, conferisce alla secondaria implicita una connotazione concessiva, significando letteralmente "Temo i Greci anche portanti doni/anche portando (essi) dei doni", e quindi, in forma esplicita, "...anche se/quando portano doni". Una traduzione altrettanto valida è quella della versione di Rosa Calzecchi Onesti, "Temo i Dànai, e più se portano doni", sostanzialmente identica a quella proposta da Sonia Maffei[3], "Temo i Danai, soprattutto se portano doni". La frase, alla luce del contesto da cui è estratta, va intesa come un avvertimento a non fidarsi dei nemici, anche e soprattutto se si presentano con un omaggio.

Alcuni preferiscono l'interpretazione meno fedele dal punto di vista grammaticale "Temo i Greci e i doni che portano", per sottolineare il doppio pericolo sotteso nell'accettare qualcosa regalata senza apparente motivo e per di più da nemici dichiarati.

Altri ancora optano per "Temo i Greci e coloro che portano doni", traduzione corretta dal punto di vista grammaticale e in qualche modo affine nel significato, anche se chiaramente distante dal senso inteso dal testo originale, dove non si mette in guardia contro chiunque porti doni, ma solo contro i nemici che facciano regali ingiustificati.

Storia

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La locuzione può essere stata ispirata a Virgilio da Sofocle:

«ἐχθρῶν ἄδωρα δῶρα κοὐκ ὀνήσιμα»

Edizioni più recenti del testo, al posto di ferentes, riportano ferentis con la terminazione in -is dell'accusativo plurale diffusa nel latino classico.

Nel Medioevo la frase divenne una sententia, un vero e proprio proverbio citato da scrittori ecclesiastici come Tommaso di Canterbury nella Epistula ad Alexandrum Papam (24 = Migne CXC 473D), Ivo di Chartres nella Epistula 128 (= Migne CLXII 139a).

Citazioni

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Nel cinema

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Nei fumetti

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Nella letteratura

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Nella televisione

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Note

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  1. ^ Ferentis è una forma arcaica, comunemente tramandata con ferentes.
  2. ^ Timeo Danaos et dona ferentes, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  3. ^ in Salvatore Settis, "Laocoonte, fama e stile", Roma, Donzelli, 2006, p. 91

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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