Rosina Frulla (Pesaro, 30 novembre 1926 – Pesaro, 10 gennaio 2015) è stata una partigiana italiana. Fece parte del nucleo storico del movimento femminile[1] da cui nacque l'Unione Donne Italiane (UDI) di Pesaro[2].
Nata in una famiglia di umili origini e presto orfana per la morte del padre, emigrato in Francia, a soli 31 anni[3] Rosina inizia a lavorare a otto anni e mezzo: prima “a servizio”, poi in filanda e infine nella refezione scolastica. Decisiva per la sua formazione la vicinanza con la famiglia di Luigi Fabi, “una famiglia antifascista quadrata”[1]. Fabi diventò quasi una figura paterna per Rosina e il fratello e li coinvolse poi nella Resistenza.
Approfittando del suo lavoro nella refezione scolastica, Rosina portava viveri ai soldati italiani prigionieri dei tedeschi ad Alberghetti[4], molti dei quali confluirono poi tra le file della Resistenza. Iniziò a diffondere clandestinamente l'Unità, organo del PCI, e nello stesso periodo diventò staffetta partigiana; a soli 17 anni. In sella ad una vecchia bicicletta senza copertoni, trasportava messaggi ed armi[5]. Partecipava a riunioni clandestine che si svolgevano in chiesa: fingendo di pregare e al riparo dagli occhi dei fascisti locali, venivano pianificati piani ed azioni[1][6].
Per la giovane Rosina, come per molte altre donne protagoniste di quelle vicende, la Resistenza fu una esperienza importante di emancipazione dalla marginalità e di presa di coscienza antifascista[2][7][8][9]. Fece parte dei Gruppi di difesa della donna, che costituirono il nucleo storico del movimento femminile del dopoguerra da cui si formerà l’Udi[10][11].
Il matrimonio nel 1952 con Ferruccio Sorbini, partigiano incontrato durante la Resistenza, fu celebrato con rito civile e dalla loro unione nacquero due figli. Frulla continuò sempre il suo impegno politico: fu molto attiva nelle lotte operaie cercando di coinvolgere le lavoratrici e incoraggiando le meno politicizzate[1]. Tra le fondatrici dell’UDI di Pesaro si impegnò per l’apertura di asili, strumenti ritenuti fondamentali per rendere possibile la partecipazione delle donne alla vita lavorativa e civile, "le scuole, le colonie, la distribuzione degli indumenti ai bambini, l'organizzazione delle mense, l'ospitalità ai figli delle famiglie più colpite dalla guerra"[2][9]. Continuò ad impegnarsi in prima linea in nelle lotte politiche e sindacali senza riserve e lontano da ogni prospettiva di beneficio personale[1]. Nel 1964 fu candidata al consiglio comunale di Pesaro nella lista del PCI[12].
Alla sua morte, il 10 gennaio 2015[13], il sindaco di Pesaro Matteo Ricci ha dichiarato: "nei difficili anni della ricostruzione non fece mai mancare alla città un contributo appassionato sia in campo sociale sia nell’impegno politico. Contribuì con le sue lotte a creare una Pesaro attenta anche ai bisogni delle donne e dei giovani".[14].