Ridda (in arabo ردة? riddah) è un termine della lingua araba che significa "apostasia dall'Islam".

La riddah, secondo le interpretazioni date dalla maggioranza degli esegeti del Corano, è sanzionabile con la pena di morte: questa, per essere esplicitamente indicata nel testo sacro, è definita "hadd" (nel senso che Dio impone un "limite" all'operato umano). Altre pene che per lo più sono considerate meritevoli di morte sono l'omicidio di un musulmano e l'adulterio conclamato. L'apostata (murtadd), una volta catturato, ha di fronte a sé la scelta tra la morte e il pentimento con ritorno alla fede islamica.

A mitigare la severità della sanzione del testo sacro dei musulmani sono però i diversi dispositivi di applicazione della pena elaborati dalle scuole giuridiche islamiche (madhhab, pl. madhāhib), che possono prevedere una breve reclusione "di riflessione" o anche una reclusione a tempo non determinato.[1]

Riferimenti nel Corano

Il Corano afferma che Dio disprezza l'apostasia e asserisce esplicitamente la necessità della condanna a morte dell'apostata nel verso 4:89. Nei versi 3:72, 3:90,16:106,4:137 e 5:54 direttamente correlati all'apostasia non prescrivono una punizione terrena o la morte. Sulla base di questi versi, i musulmani che credono solo nel Corano rifiutano qualsiasi sanzione civile o penale nei confronti degli apostati.[senza fonte]

L'ayatollah Hossein-Ali Montazeri, un influente giurista sciita, afferma che è probabile che la punizione sia stata prescritta da Maometto agli albori dell'Islam a causa delle cospirazioni politiche contro l'Islam e i musulmani e non soltanto per il cambiare fede o l'esprimerlo. Montazeri definisce tipi diversi di apostasia, tuttavia insiste nel prescrivere la pena capitale per un apostata che mostri ostilità verso la comunità musulmana.[2]

Ciononostante, la maggioranza dei giuristi islamici è concorde sulla necessità di seguire comunque l'esempio del profeta, in mancanza di chiare istruzioni riguardo a possibile eccezioni. Per questo motivo, molte nazioni islamiche adottano la pena di morte in caso di apostasia.

Riferimenti nei ʾaḥādīth

Gli ʾaḥādīth (l'insieme delle citazioni attribuite a Maometto e i racconti della sua vita da parte di persone che affermano di esserne state testimoni oculari) includono affermazioni che studiosi musulmani, come lo sceicco Muhammad Ṣāliḥ al-Munajjid, reputano valida giustificazione per irrogare la pena di morte per apostasia. Qui sotto riportiamo soltanto quelle del Ṣaḥīḥ di Bukhari, considerate affidabili dalla grande maggioranza dei musulmani:

Guerra della ridda

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra della ridda.

Si parla di guerra della ridda nel VII secolo, volendosi riferire alle operazioni militari ordinate dal califfo Abū Bakr nel momento in cui, con la morte di Maometto, numerose tribù arabe che s'erano convertite, o che avevano raggiunto comunque un accordo col Profeta, si ritennero in diritto di recuperare la loro primitiva libertà d'azione.[9]

Diversi punti di vista

Non sono mancati molti studiosi e giuristi musulmani che si sono schierati contro la pena di morte per apostasia, in tempi moderni alcuni studiosi islamici, tra cui Wael Hallaq , hanno affermato che le leggi contro l'apostasia non derivavano dal Corano.[10]

Gamal al-Banna,[11] Taha Jabir Alalwani,[12] Ahmad Kutty dell'Istituto islamico di Toronto.[13] e Shabir Ally[14] sono contrari alla pena di morte per apostasia, citando i versetti del Corano che sostengono il libero arbitrio, e spiegando inoltre che gli ʾaḥādīth che parlano della pena di morte per gli apostati si riferiscono ad un periodo in cui i musulmani subivano persecuzioni da parte dai pagani, quindi lasciare la comunità musulmana significava di conseguenza schierarsi da parte dei nemici dei musulmani.[15]

Altri credono che la pena di morte può essere applicata solo quando l'apostasia è accompagnata da tentativi di "danneggiare" la comunità musulmana, respingendo la pena di morte negli altri casi. Questi includono Ahmad Shafaat, Jamal Badawi, Yusuf Estes, Javed Ahmad Ghamidi, Inayatullah Subhani e il giurista Malikita Abu al-Walid al -Baji.

Anche alcuni giuristi musulmani del Medioevo quali Ibn al-Walid al-Baji e il hanbalita Ibn Taymiyya hanno affermato che l'islam non prevede alcuna punizione terrena per gli apostati.[16]

Citazioni

Note

  1. ^ David Santillana, Istituzioni di diritto malikita, con riferimento anche al sistema sciafiita, 2 voll., Roma, Istituto per l'Oriente, 1926.
  2. ^ Ayatollah Montazeri: "Non tutte le conversioni sono apostasia", di Mahdi Jami, in Persiano, BBC Persian, 2 febbraio 2005, recuperato il 25 aprile 2006.
  3. ^ 9:83:17 Bukari-usc vol.9 lib. 83 n° 17 su usc.edu.
  4. ^ 4:54:445 Bukari-usc vol.4 lib. 54 n° 445 su usc.edu.
  5. ^ 9:89:271 Bukari-usc vol.9 lib. 89 n° 271 su usc.edu.
  6. ^ Altro cugino del Profeta, figlio di ʿAbbās b. ʿAbd al-Muṭṭalib.
  7. ^ L'apostasia, secondo alcune interpretazioni del Corano, sarà punita da Allah nell'Aldilà. Questo, stricto sensu, limita al solo omicidio ingiusto del musulmano l'esplicita pena, da irrogare sulla Terra, precisata dal versetto coranico «Occhio per occhio, dente per dente», di evidente derivazione biblica.
  8. ^ 9:84:57 Bukari-usc vol.9 lib. 84 n° 57 su usc.edu.
  9. ^ Marta Serafini, Isis e le reti italiane del reclutamento, su Corriere della Sera. URL consultato il 13 aprile 2016.
  10. ^ Jane Dammen McAuliffe, general editor (2001). "Apostasy". In McAuliffe, Jane Dammen.
  11. ^ El-Bahr, Sahar (2 April 2009). "https://web.archive.org/web/20120122034134/http://weekly.ahram.org.eg/2009/941/intrvw.htm".
  12. ^ YouTube. 2010-07-03. Retrieved 2013-11-12.
  13. ^ WebCite query result.
  14. ^ Retrieved 2013-11-29.
  15. ^ http://www.ahl-alquran.com/arabic/chapter.php?page_id=108 Ahl-alquran.com. Retrieved 2013-11-12.
  16. ^ https://scholar.google.com/scholar?q=info:2og1-0ORE-gJ:scholar.google.com/&output=viewport&pg=1&hl=en.


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