La pompa di calore (o termopompa) è una macchina termica in grado di estrarre e trasferire energia termica utilizzando differenti forme di energia, generalmente meccanica. [1]
Le pompe di calore sono considerate da varie esperti come uno delle soluzioni più scalabili nel breve periodo per ridurre le emissioni derivanti da consumi domestici-abitativi[2][3]. Secondo uno studio riportato dalla rivista specializzata illuminem, con CoolProducts EU più dell'81% degli utenti domestici si dicono soddisfatti del passaggio a questo tipo di tecnologia per la propria abitazione[2].
Esempi comuni di macchine di questo tipo sono:
Si noti che il termine pompa di calore viene spesso usato per indicare un condizionatore d'aria che, grazie ad una valvola reversibile, può cambiare la direzione di scorrimento del fluido refrigerante, potendo quindi sia rinfrescare che riscaldare un locale di un edificio; tale uso del termine è improprio, in quanto i condizionatori d'aria sfruttano sempre il principio di funzionamento della pompa di calore, anche quando vengono usati per rinfrescare.
Le pompe di calore funzionano grazie a diversi principi fisici, ma sono classificate in base alla loro applicazione (trasmissione di calore, fonte di calore, dispersore di calore o macchina refrigeratrice).
Il compressore di una pompa di calore aspira il gas refrigerante comprimendolo nella zona ad alta pressione del circuito (indicata in rosso nell'immagine). Il gas compresso è spinto in un primo scambiatore di calore (condensatore) dove cede calore all' ambiente e si raffredda, fino a condensare in forma liquida. Il liquido è spinto attraverso la valvola di laminazione che separa la parte ad alta pressione da quella a bassa pressione del circuito (indicata in blu nell'immagine). Quando il liquido, ora a bassa pressione, raggiunge un secondo scambiatore di calore (vaporizzatore), assorbe calore dall'ambiente passando in forma gassosa per essere nuovamente aspirato dal compressore, ricominciando il ciclo.[4]
Quando si confrontano le prestazioni di pompe di calore, si evita di parlare di "rendimento", poiché per definizione esso è sempre inferiore a 1. È preferibile l'utilizzo del termine "resa", che è espressa dal coefficiente di prestazione, "COP", rapporto tra energia resa (calore fornito) ed energia consumata (di solito elettrica, richiesta dal compressore), usualmente indicato in fisica tecnica come coefficiente di effetto utile. Un valore del COP (coefficient of performance) pari a 3 indica che per ogni kWh di energia elettrica consumata, la pompa di calore movimenta 3 kWh di energia termica da o verso la sorgente di interesse.[1]
In funzione dell'effetto utile che interessa, è possibile definire un COP di riscaldamento e uno di raffreddamento:
dove è la quantità di calore estratta da un serbatoio freddo alla temperatura e è la quantità di calore distribuita a un serbatoio caldo alla temperatura .
In fase di raffreddamento la prestazione di una pompa di calore è descritta dall'"EER" (Energy Efficiency Ratio); la pompa di calore è solitamente più efficiente nel riscaldamento che nel raffreddamento, dato che la macchina dissipa sempre una parte di energia in calore, calore che può essere usato per il riscaldamento. Nel caso ideale di macchina di Carnot a senso inverso (le si fornisce lavoro e si ottiene calore), tra sorgenti rispettivamente a 0 °C e 20 °C, il COP è pari a 15 (rapporto 1:15 tra il lavoro delle resistenze elettriche e il calore ottenuto). Macchine simili sono efficienti, ma il loro costo d'impianto è elevato.
In un caso reale, con un clima mite, una pompa di calore ha un COP che va da 3 a 4 (mediamente con una temperatura esterna di 10 °C raggiunge 3,3 ed a −8,3 °C è circa 2,3).[5] Per fornire un termine di paragone, una classica stufetta elettrica ha un COP teorico pari a 1, ovvero 1 joule di energia elettrica dato alla stufetta si trasforma in 1 joule di calore, mentre 1 joule di energia elettrica dato alla pompa di calore corrisponde a più di 1 joule di energia termica spostata da un luogo freddo a uno caldo.
Per le pompe di calore che sfruttano l'aria il COP è limitato quando operano in climi molto freddi, dove c'è meno calore da trasferire all'interno di un edificio. Tipicamente il COP crolla drasticamente quando la temperatura dell'aria esterna scende sotto a −5 °C/−10 °C.[6] Quando si compera una pompa di calore è importante prestare attenzione al COP, a quale intervallo di temperatura tale COP si riferisce, al costo di installazione della pompa, a quanto calore può trasferire, al rumore generato.
Il COP di una pompa di calore che sfrutta il sottosuolo (di solito l'acqua sotterranea) è maggiore di quello di una pompa che sfrutta l'aria, poiché il terreno presenta una temperatura abbastanza costante durante tutto l'anno; in compenso la sua installazione è più difficoltosa e costosa.[7]
Applicazioni tipiche delle pompe di calore sono per riscaldare le piscine e l'acqua per usi domestici.
Ci sono due tipi di pompe di calore ad aria; la più comune è quella aria-aria, che estrae calore dall'aria e lo riversa, sempre nell'aria, all'interno o all'esterno di un edificio, a seconda della stagione; segue poi quella aria-acqua, che è utilizzata in ambienti con la distribuzione idrica del calore (questa seconda soluzione è più rara).[8]
Le pompe di calore ad aria possono essere:
Nei mesi invernali, il calore è prelevato dall'aria esterna e portato all'interno dell'edificio.
Quando l'ambiente esterno è alla temperatura esterna di equilibrio la capacità di riscaldamento della pompa pareggia le dispersioni termiche dell'edificio, mentre quando l'esterno è più freddo è necessario l'apporto di una caldaia tradizionale. Si sottolinea che la pompa di calore produce aria in grandi quantità (50-60 L/s per kW) a temperature tra i 25 °C e i 45 °C, tendendo a operare per periodi più lunghi rispetto a una normale caldaia, che rilascia aria tra i 55 °C e i 60 °C.[1]
D'estate si inverte il ciclo appena descritto in modo da cambiare direzione al flusso di calore: il liquido refrigerante evapora nel radiatore interno e condensa nel radiatore esterno.
Quando il radiatore esterno opera come evaporatore, ossia nella fase di riscaldamento invernale, si trova a funzionare in un ambiente freddo e la sua superficie assume temperature ancora minori di quelle ambientali. Questo comporta la formazione di ghiaccio su di esso, dovuta alla presenza di umidità nell'aria esterna, e di conseguenza una riduzione del rendimento dello scambio termico (il ghiaccio è isolante). Per disciogliere lo strato di ghiaccio, periodicamente, la valvola reversibile inverte il ciclo e la ventola dell'evaporatore esterno si ferma, in modo da ridurre l'energia termica necessaria per lo sbrinamento; in questo modo la macchina funziona in raffreddamento per il tempo necessario a far riscaldare il radiatore esterno sciogliendo il ghiaccio, per poi riprendere il normale funzionamento in riscaldamento. Ovviamente, mentre la macchina è in questa fase, il radiatore interno emette aria non riscaldata dal sistema della pompa di calore, che deve quindi essere riscaldata utilizzando metodi diversi (ad esempio con resistenze) prima di venire immessa in circolo.
Vi sono due metodi per stabilire quando effettuare lo sbrinamento:
Il secondo metodo, seppur più costoso, è preferibile in quanto evita sbrinamenti non necessari e quindi migliora le prestazioni stagionali della macchina.
Anche se la pompa di calore può fornire tutto il calore necessario a un edificio, non è conveniente quando i carichi per il riscaldamento sono molto maggiori di quelli per il raffreddamento: la pompa, dimensionata per la stagione invernale, d'estate opererebbe in maniera intermittente, con minore COP e minore capacità di deumidificazione.
Un buon compromesso tra costi e prestazioni stagionali comporta che la pompa di calore fornisca non più del 125% del carico estivo e non più del 90% del carico invernale. Così facendo, la temperatura di equilibrio (quella a cui la pompa fornisce tutto e solo il calore che l'edificio disperde) risulta compresa tra 0 °C e −5 °C.[9]
Lo stesso argomento in dettaglio: Pompa di calore geotermica.
|
La pompa di calore geotermica utilizza il terreno o l'acqua che si trova nel terreno come fonte o come dispersore di calore. Il trasporto dell'energia termica è effettuato mediante la stessa acqua o mediante un liquido antigelo, eccetto nelle pompe di calore a espansione diretta, in cui si usa un fluido refrigerante che circola nello scambiatore posto nel terreno.
A differenza delle pompe di calore ad aria, quelle geotermiche possono funzionare in raffreddamento anche in modalità passiva: esse estraggono calore dall'edificio pompando nel sistema l'acqua fredda o il liquido antigelo, senza l'azione della pompa di calore vera e propria.
Il sistema di tubazioni che percorre il terreno può essere aperto o chiuso. Nel sistema aperto si estrae l'acqua da una falda sotterranea, la si porta fino allo scambiatore di calore e quindi la si scarica in un corso d'acqua, di nuovo nella medesima falda o in un bacino appositamente costruito (e che permetta la rifiltrazione verso il terreno). Nel sistema chiuso il calore è intercettato dal terreno per mezzo di una tubazione continua sotterrata, con al suo interno un fluido refrigerante (per le pompe a espansione diretta) o liquido antigelo mantenuto a bassa temperatura e pressurizzato.[10][11]
Nelle pompe di calore a espansione diretta il fluido refrigerante raccoglie il calore dal sottosuolo e quindi entra direttamente nel compressore. Nelle pompe di calore che usano l'acqua o un liquido antigelo si ha una cessione di calore intermedia (dai liquidi detti prima al fluido refrigerante) in un primo scambiatore di calore.
In seguito il ciclo prosegue come nelle pompe di calore ad aria.
A differenza delle pompe di calore ad aria, non è necessaria l'operazione di sbrinamento, in quanto la temperatura nel sottosuolo è molto più stabile e il compressore è sistemato all'interno dell'edificio.
Le pompe di calore geotermiche funzionanti con acqua sotterranea o a sistema aperto hanno un COP variabile da 3,6 a 5,2 e un EER tra 3,4 e 5,0; quelle con circuito chiuso hanno un COP tra 3,1 e 4,9, mentre EER tra 2,9 e 4,5.[1]
Come per le pompe di calore ad aria, non è conveniente dimensionare la pompa geotermica per soddisfare tutte le richieste di energia termica di un edificio; conviene dimensionarla per il 60-70% del massimo carico (somma dell'energia termica per riscaldare l'intero edificio e l'acqua calda richiesta dalle utenze), lasciando a un sistema supplementare le richieste occasionali. Così facendo, la pompa viene a fornire il 95% della totale energia termica utilizzata.
La necessità di acqua dal terreno per una pompa di 10 kW è tra 0,45 L/s e 0,75 L/s.
La tubazione è posta verticalmente in fori di circa 150 mm (più stretti invece per il sistema a espansione diretta), a profondità di circa 100 m e che possono arrivare, a seconda della tipologia del terreno e della macchina perforatrice, anche fino a oltre i 200m l'una. Di solito sono necessari tra gli 80 e i 110 m di tubazione ogni 3,5 kW di capacità della pompa, la cui profondità deve tuttavia essere calcolata con attenzione per evitare problemi di congelamento (perforazione troppo corta) o investimenti troppo elevati (perforazione troppo lunga). A tal proposito esistono numerose normative nazionali e internazionali[12][13], oltre che software dedicati[14][15].
Quando gli spazi sono maggiori, la tubazione è posta orizzontalmente a una profondità compresa tra 1 e 1,8 m. Di solito sono necessari tra i 120 e i 180 m di tubazione ogni 3,5 kW di capacità della pompa.
La tubazione, a parte nel caso dell'espansione diretta in cui è di rame, conviene sia di polietilene o polibutilene serie 100, con i giunti saldati termicamente, così che la durata possa essere tra i 25 e i 75 anni; sempre che il contatto col terreno sia accurato, questi materiali assicurano una buona conduzione termica.[16]
Il costo di installazione può essere fino a due volte maggiore di quello di una caldaia tradizionale e, per essere economicamente conveniente, deve essere ammortizzato dai risparmi energetici in un tempo attorno ai 5 anni. Si tenga presente che le pompe geotermiche permettono mediamente un risparmio del 40% di energia rispetto a quelle ad aria e hanno un'aspettativa di vita di circa 20/25 anni (maggiore rispetto a quelle ad aria in quanto il compressore è sottoposto a minori sollecitazioni meccaniche ed è protetto dall'ambiente).
Se da un lato le pompe di calore convincono in termini di efficienza energetica e di emissioni di CO2, dall'altro i vicini si lamentano sempre più spesso del rumore. La causa è l'unità esterna. Queste aspirano l'aria dell'ambiente e generano rumore nel processo. A seconda del modello, questo può essere un fattore di stress, soprattutto nelle aree residenziali densamente popolate. Secondo il produttore, il livello di rumore è compreso tra 40 e 60 decibel.[17]
Lo stesso argomento in dettaglio: Pompa di calore elio-assistita.
|
La pompa di calore elio-assistita è un sistema integrato che vede l'utilizzo di una pompa di calore e di pannelli solari termici; normalmente queste due tecnologie vengono impiegate separatamente (o al più ponendole in parallelo) per produrre acqua calda sanitaria e riscaldamento.[18] In questo sistema il pannello solare termico svolge la funzione di fonte di calore a bassa temperatura e il calore prodotto viene utilizzato per alimentare l'evaporatore della pompa di calore.[19] L'obiettivo è quello di ottenere COP elevati e produrre energia in modo più efficiente e meno costoso.