Polidoro Caldara, detto Polidoro da Caravaggio (Caravaggio, 1499/1500 circa – Messina, 1543 circa), è stato un pittore italiano.
«venuto a Roma ne' tempi di Leon X e, mentre che le logge si fabbricavano nel palazzo per ordine di Raffaello da Urbino, egli portava lo schifo pien di calce a' maestri che muravano, e fino che fu di XVIII anni fece sempre quello esercizio»
Intorno al 1515 è a Roma, secondo il Vasari iniziando a lavorare come manovale, forse pensando di diventare architetto, ma grazie alla conoscenza di Giovanni da Udine, Giovan Francesco Penni e Giulio Romano entra nella bottega di Raffaello, dove stringe rapporti soprattutto con Perin del Vaga e con lo spagnolo Pedro Machuca e intraprende la carriera pittorica.
Tra il 1517 e il 1518 lavora alla decorazione delle Logge Vaticane, commissionata da Leone X a una squadra di pittori diretta da Raffaello. Sono da attribuire a lui gli scomparti con Giuseppe venduto dai fratelli e il Passaggio del Giordano.
Dal 1522 lavorò soprattutto come pittore di facciate di palazzi, in collaborazione con Maturino da Firenze, gli affreschi a grisaille, ispirati da quelli realizzati da Baldassarre Peruzzi, con temi tratti dalla mitologia o dalla storia romana, sono quasi tutti perduti, di loro restano comunque molte copie in incisioni, lavorò a: Palazzo Ricci sulla piazza omonima presso via Giulia, molto ridipinto, Palazzo Milesi in via della Maschera d'Oro e al Casino Del Bufalo realizzato tra il 1525 e il 1526 di cui sono conservati alcuni frammenti di affreschi.
Tra il 1523 e il 1524, Polidoro soggiornò brevemente a Napoli affrescando logge e facciate di palazzi, per il palazzo del poeta Berardino Rota affrescò una scena con Storie di Amore e Psiche, verso il 1524, di questo ciclo rimangono la scena con Psiche ricevuta nell'Olimpo[1] ora al Louvre e altre parti a Hampton Court.
Tra il 1524 e il 1525, decora una sala in Villa Lante al Gianicolo. Intorno al 1526 decora la cappella di Fra Mariano in San Silvestro al Quirinale, con Scene della vita della Maddalena e di santa Caterina.
Nel 1527, con il Sacco di Roma, l'artista fugge verso Napoli. In città lavora per la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli e la chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Pescheria, realizzando le opere con i Santi Pietro e Andrea e le anime del Purgatorio e il Trasporto di Cristo al sepolcro.
Nell'ottobre del 1529 si trasferì a Messina, dove rimase sino alla morte. Nel 1535, in occasione dell’entrata di Carlo V in città (di ritorno dalla conquista di Tunisi), progettò gli apparati e gli archi trionfali (in parte riportati nei propri disegni) in collaborazione con Francesco Maurolico, che compose i distici latini da incidere su tali strutture effimere. E proprio nel 1535, su mandato di Carlo V e per disposizione di Alfonso Paternò, VI Barone della Terza Dogana, e Maestro di Campo di Carlo V, dipinse un quadro che rappresenta Roberto, Conte di Embrun (XI sec), membro della Casa Reale Barcellona-Provenza e capostipite dei Paternò. All'ultima fase vanno ascritti: l'Adorazione dei pastori, l'Incredulità di san Tommaso, la drammatica Salita al Calvario (oggi al Museo nazionale di Capodimonte) e il polittico del Carmine di cui rimane il Sant'Alberto dei carmelitani, ora alla Galleria Sabauda di Torino e il Sant'Angelo carmelitano, ora in una collezione privata a Roma[2]; in queste opere il patetismo si accentua in accordo con le pratiche di devozione meridionali. Significativo di questo momento è il patetico Crocifisso della concattedrale di San Giovanni a La Valletta (Malta), quasi neo-medievale.
Nella sua Idea del Tempio della Pittura 1590, Giovan Paolo Lomazzo lo collocherà tra i Sette governatori dell'arte accanto a Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Andrea Mantegna, Tiziano, Gaudenzio Ferrari.
Il pittore muore a Messina nel 1543 durante un tentativo di rapina perpetrato da un suo discepolo noto come Tonno Calabrese. Per depistare le indagini fu inscenato un omicidio, ma l'allievo fu scoperto e condannato alla forca. Polidoro fu sepolto nel chiostro del convento del Carmine, dove la sua tomba fu intenzionalmente distrutta durante la Controriforma insieme a quella dell’umanista neoplatonico Costantino Lascaris.[3]
Affreschi: