Ritratto di Mircea Eliade (1907-1986, particolare di un ritratto pubblicato su un francobollo moldavo).

Mircea Eliade (AFI: [ˈmirt͡ʃe̯a eliˈade]; Bucarest, 13 marzo 1907Chicago, 22 aprile 1986) è stato uno storico delle religioni, antropologo, scrittore, filosofo, mitografo, saggista romeno.

Uomo di grande cultura, assiduo viaggiatore, parlava e scriveva correntemente diverse lingue: rumeno, francese, tedesco, italiano, inglese, ebraico, persiano e sanscrito.

Biografia

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Nato a Bucarest, era figlio dell'ufficiale delle forze terrestri rumene Gheorghe Eliade (il cui cognome originario era Ieremia)[1] e di Jeana, nata Vasilescu.[2] Credente ortodosso, Gheorghe Eliade registrò la nascita del figlio quattro giorni prima della data effettiva, per coincidere con la festa liturgica dei Quaranta Martiri di Sebaste.[1] Mircea Eliade aveva una sorella, Corina, madre del semiologo Sorin Alexandrescu.[3] La sua famiglia si spostò tra Tecuci e Bucarest, stabilendosi infine nella capitale nel 1914,[2] e acquistando una casa in via Melodiei, vicino a Piața Rosetti, dove Mircea Eliade risiedette fino all'adolescenza.[3]

A 14 anni pubblicò il suo primo racconto, Come ho scoperto la pietra filosofale.[4]

Nel 1925 si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia all'Università di Bucarest. Furono, quelli, anni di incontri e di viaggi: Constantin Noica, Emil Cioran (che nel 1986 gli dedicherà uno dei suoi Exercises d'admiration) e Eugène Ionesco, con i quali mantenne una lunga amicizia. Affascinato dalla cultura italiana e dal pensiero di Giovanni Papini (fino al punto di imparare l'italiano per leggerne le opere), soggiornò in Italia nel 1927 e nel 1928.

Nel 1927 si impegnò attivamente nella "Nuova Generazione Romena": i suoi articoli di questo periodo contribuirono a formare l'assetto teorico della Guardia di Ferro[5], movimento ultranazionalista di ispirazione fascista. Criticò l'illuminismo, la massoneria, i regimi democratici "di importazione straniera" e il bolscevismo, e auspicò l'"insurrezione etnica" contro le minoranze locali e il pericolo di un'"invasione ebrea"[6][7].

Dopo la laurea in filosofia (1928) con una tesi su La filosofia italiana da Marsilio Ficino a Giordano Bruno vinse una borsa di studio per studiare a Calcutta la filosofia indiana con Surendranath Dasgupta, in casa del quale incontrò Giuseppe Tucci. Il viaggio in India durò dal novembre 1928 al dicembre 1931, avendo come sede principale Calcutta (dove Eliade cominciò a studiare il sanscrito), ma comprendendo anche diversi viaggi nell'India del nord e un soggiorno di alcuni mesi in un ashram vicino Rishikesh, ai piedi dell'Himalaya.

L'esperienza e gli studi di questo periodo e lo stretto contatto con le religioni dell'India influenzarono e orientarono profondamente il suo pensiero. Fu qui che preparò la sua tesi di dottorato, discussa a Bucarest nel 1933 col titolo di La psicologia della meditazione indiana, pubblicata a Parigi nel 1936 con il titolo Yoga, essai sur les origines de la mystique indienne (che diventerà, dopo successive rielaborazioni, il classico saggio Lo yoga, immortalità e libertà).

Mircea Eliade nel 1933.

Dal 1933 al 1940 insegnò filosofia all'università di Bucarest e svolse un'intensa attività editoriale, pubblicando vari romanzi e saggi. Alla fine della guerra mondiale si trasferì a Parigi, dove rimase fino al 1956. Qui insegnò, scrisse, ebbe contatti fittissimi con università e intellettuali di vari paesi: invitato da Jung, cominciò a partecipare alle conferenze di Eranos nel 1950, ma condusse sostanzialmente una difficile vita da esule. Dal 1957 la sua attività ufficiale fu di professore di storia delle religioni all'Università di Chicago, ma continuò nel frattempo a viaggiare moltissimo, a pubblicare (quasi tutto in Francia) e a svolgere fittissime attività accademiche. Dal 1960 al 1972, insieme a Ernst Jünger, diresse la rivista di storia delle religioni Antaios, pubblicata dall'Editore Klett di Stoccarda.

Morì a Chicago il 22 aprile 1986, un mese dopo l'uscita, a Parigi, dell'ultima raccolta di saggi, Briser le toit de la maison. La sua eredità letteraria fu raccolta dapprima dall'allievo Ioan Petru Culianu, che però morì misteriosamente assassinato in una toilette dell'Università di Chicago nel 1991, successivamente da David Brent e dalla vedova Christinel Eliade (e, dopo la morte di quest'ultima, dal nipote Sorin Alexandrescu).

Legami con Nae Ionescu

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Nel periodo in cui insegnò filosofia all'università di Bucarest, anche per la sua vicinanza a Nae Ionescu, Eliade manifestò una certa sua simpatia per il Movimento Legionario di Corneliu Codreanu, chiamato anche Guardia di ferro, formazione ultranazionalista in cui vedeva «una rivoluzione cristiana per una nuova Romania» e un gruppo «in grado di riconciliare la Romania con Dio»[8]. Negli anni 1936-1937 scrisse alcuni articoli filo-legionari, alcuni in elogio dei leader legionari Ion Moța e Vasile Marin, caduti come combattenti volontari (a fianco delle truppe di Franco) nella guerra civile spagnola[9][10].

Nel 1938 incontrò a Bucarest Julius Evola (ammiratore di Codreanu), con cui ebbe una corrispondenza regolare[11]. Nell'estate di quell'anno, mentre Codreanu e altri leader guardisti erano in prigione dopo il varo della nuova Costituzione del regime autoritario di Carol II (febbraio 1938), fu arrestato e imprigionato a Miercurea Ciuc, per via della vicinanza a Nae Ionescu (fiancheggiatore della Guardia di Ferro). Venne liberato nell'autunno del 1938, dopo aver firmato una dichiarazione di astensione da qualunque attività politica.

Nel marzo 1940 Eliade venne nominato consigliere culturale della Legazione del Regno di Romania a Londra. In seguito alla rottura dei rapporti diplomatici tra la Gran Bretagna e la Romania, nel febbraio 1941 si trasferisce presso la Legazione del Regno di Romania a Lisbona, dove resterà in servizio fino alla fine della guerra. Nel 1942 scrisse Salazar și revoluția în Portugalia, un'apologia del regime corporativo di Salazar[12].

Per le sue amicizie giovanili con alcuni membri o simpatizzanti del Movimento Legionario, lo studioso fu criticato da alcuni suoi colleghi europei di sinistra, specialmente in Francia e in Italia[13][14].

Nel 1949, il progetto di pubblicare Tecniche dello yoga e Trattato di storia delle religioni nell'ambito della Collana viola della Einaudi fu oggetto di contrasti a causa delle simpatie politiche dell'autore. Cesare Pavese, curatore della collana, difese la scelta di includervi opere dello studioso rumeno in una lettera al dirigente comunista Antonio Giolitti:

«I libri di Mircea Eliade che traduciamo sono due: Techniques du yoga e Traité d'histoire des religions. Essi sono stati scelti per il loro interesse e valore scientifico [...]. Non c'è passato per la mente di esaminare la fedina penale dell'Autore, in quanto non si tratta di opere di politica o di pubblicistica. Qualunque cosa faccia l'Eliade, come fuoriuscito, non può ledere il valore scientifico della sua opera. Dovremmo smettere di pubblicare le opere scientifiche di Heisenberg perché questi è un nazista? Ce ne ricorderemo, se mai, quando si trattasse di pubblicare le sue conferenze politiche[15]

Pensiero

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Eliade fu fenomenologo delle religioni, antropologo, filosofo e saggista; studioso del mondo arcaico e orientale, esperto di yoga e di sciamanesimo.

Volumi dell'Encyclopedia of Religion editi da Mircea Eliade come caporedattore. Pubblicati da Macmillan, l'opera gli valse la Dartmouth Medal dell'American Library Association nel 1988.

Il suo pensiero, rispetto a molti altri antropologi, si caratterizza non solo per l'attenzione ma per una sua sentita adesione al mondo arcaico, una sintonia che egli manifesta nel primato antropologico che egli riconosce alla categoria del sacro.

Il mito dell'eterno ritorno

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È un saggio scritto nel 1945 e pubblicato nel 1949.

«l'essenziale della mia ricerca riguarda l'immagine che l'uomo delle società arcaiche si è fatto di se stesso e del posto che occupa nel cosmo»

Così spiega Eliade nella introduzione alla versione italiana de Le Mythe de l'éternel retour, dove indaga la fenomenologia del sacro attraverso le sue tre manifestazioni, il rito, il mito e il simbolo, che riescono a esprimere concetti sull'essere ed il non essere, non riscontrabili altrimenti nelle lingue arcaiche. La storia delle religioni si era mossa in un primo momento sull'indagine sociologica ed etnologica; è con Rudolf Otto che la ricerca si muove in un'ottica di manifestazione, di ierofania, e separa nettamente il sacro da ciò che gli storici chiamarono mana, una "forza impersonale".

Eliade, comparando differenti tradizioni e testi, dimostra la volontà nell'uomo arcaico di tornare a quel tempo primordiale, quando il gesto sacro fu compiuto da dei, eroi o antenati. Le azioni archetipali, base della cosmogonia, furono rivelate in un Tempo Mitico, metastorico. La loro ripetizione rituale interrompe il tempo storico e riconduce all'illud tempus, il Tempo Mitico. La ripetizione simbolica della cosmogonia rigenera il tempo nella sua totalità. "Nell'aspirazione a ricominciare una vita entro una nuova Creazione - aspirazione manifestamente presente in tutti i cerimoniali di fine e di principio d'anno - traspare anche il desiderio paradossale di giungere ad inaugurare un'esistenza a-storica, cioè di poter vivere esclusivamente in un tempo sacro".[16]

Eliade scrive che "un ciclo cosmico contiene una Creazione, un'esistenza (= storia, esaurimento, degenerescenza) e un ritorno al caos (ekpyrōsis, ragna-rök, pralaya, Atlantide, apocalisse). Quanto alla struttura, un Grande Anno sta all'anno come questo al mese e al giorno. Ma quel che ci interessa a questo proposito è anzitutto la speranza di una rigenerazione totale del tempo, evidente in tutti i miti e le dottrine che implicano cicli cosmici; ogni ciclo comincia in modo assoluto, perché ogni passato e ogni storia sono stati definitivamente aboliti grazie ad una reintegrazione folgorante nel Caos".[17]

Così nelle tradizioni dell'India vedica troviamo che ogni creazione riproduce la creazione originale quella da caos a cosmos ossia la lotta originaria fra un'entità ordinatrice e formante contrapposta a quella indistinta e informe, è il caso di Tiāmat e Marduk, nella tradizione babilonese. Nel pantheon greco è Crono, figlio di Gea e Urano (terra e cielo), che non voleva che i suoi figli venissero alla luce.

Ma anche in ciò che noi riteniamo oggi attività profane, come la danza, esiste un archetipo. La danza del labirinto per i Greci rievocava la danza che Teseo fece dopo aver ucciso il Minotauro e liberato le 7 coppie di giovani. Chiunque la eseguisse diveniva Teseo, ma non solo, i movimenti di questa danza si rifacevano al movimento dei pianeti[senza fonte]. Altre ritualità arcaiche si muovono attorno all'investitura del centro. Per un luogo, l'essere il centro della terra è importante perché diviene la residenza della divinità, sia questo un palazzo o una montagna[senza fonte]; per i babilonesi Marduk, il dio della creazione, risiedeva a Babilonia (bab è porta, letteralmente porta degli dei), che diveniva così axis mundi, punto d'incontro fra regioni infere, terra e cielo.Il riconoscere una montagna o un palazzo, come centro del mondo, fa sì che queste diventino anche centro della creazione che in tutte le "genesi" si muove a partire dal centro di un qualcosa, come per l'embrione umano. Eliade pone in evidenza come attraverso la ritualità e quindi la sacralizzazione di luoghi persone o cose, l'uomo arcaico aspiri al rendere il mondo in cui vive "reale".[non chiaro]

Il primato antropologico del sacro

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Il fattore religioso (e più ancora quello mistico) sono per Eliade la chiave di volta per la comprensione dell'essenza dell'uomo. In pieno XX secolo, di fronte ai progressi scientifici, tecnologici e sociali egli resta un grande sostenitore del valore profondo dell'esistenza arcaica. Egli ha scritto:

«Per lo storico delle religioni ogni manifestazione del sacro è importante; ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l'esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. «È difficile immaginare – facevo già notare in altra occasione - come lo spirito umano potrebbe funzionare senza la convinzione che nel mondo vi sia qualcosa di irriducibilmente reale; ed è impossibile immaginare come la coscienza potrebbe manifestarsi senza conferire un significato agli impulsi e alle esperienze dell'uomo. La coscienza di un mondo reale e dotato di significato è legata intimamente alla scoperta del sacro. Mediante l'esperienza del sacro lo spirito umano ha colto la differenza tra ciò che si rivela reale, potente, ricco e dotato di significato, e ciò che è privo di queste qualità: il flusso caotico e pericoloso delle cose, le loro apparizioni e le loro scomparse fortuite e vuote di significato» (La Nostalgie des Origines, 1969, p.7 e ss.). Il “sacro” è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l'alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere “religioso” (ibidem p.9).»

Le diverse concezioni della religione

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L'opera di Eliade sulla religione secondo vari autori è caratterizzata da una varietà di concezioni.
Ad esempio Michel Meslin ritiene che Mircea Eliade abbia impostato il suo studio sulla morfologia della religione.[18].
Douglas Allen vi ha trovato un'impostazione basata sulla fenomenologia della religione[19].
Bryan S. Rennie ha portato molti argomenti per dimostrare che Eliade è principalmente un filosofo della religione[20]; punto di vista questo condiviso da Mircea Itu[21].
Carl Olson ha visto negli studi di Eliade un'oscillazione tra filosofia e teologia[22].
Per Adrian Marino Eliade è un esponente dell'ermeneutica religiosa[23].
Natale Spineto, che ha esaminato gli scritti dei vari critici delle opere di Eliade[24], ha affermato che Eliade ha spesso utilizzato il metodo comparativo di Vittorio Macchioro adottando lo stile di James Frazer e il rigore storico di Raffaele Pettazzoni[25].

L'ermeneutica

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La concezione di ermeneutica di Mircea Eliade è stata analizzata in dettaglio da Adrian Marino[26]. Eliade in particolare segue il modello proposto da Paul Ricœur e accusa di riduzionismo Karl Marx[27] perché riduce la società all'economia, in particolare a mezzi di produzione, Friedrich Nietzsche perché riconduce l'uomo ad un concetto arbitrario del superuomo e Sigmund Freud, perché limita la natura umana all'istinto sessuale. Paul Ricœur chiama i tre autori «i tre grandi distruttori, i maestri del sospetto»[28] la cui più efficace funzione è stata quella di avere «tutti e tre [liberato] l'orizzonte per una parola più autentica, per un nuovo regno della Verità, non solo per il tramite di una critica "distruggitrice", ma mediante l'invenzione di un'arte di interpretare.»[29]

Critiche

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Eccessiva generalizzazione

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Eliade cita un'ampia varietà di miti e rituali in supporto alle sue teorie. È stato però accusato di eccessiva generalizzazione: numerosi studiosi ritengono che nei suoi lavori manchino prove sufficienti per rendere le sue teorie dei principi universali, o almeno generali, sulla storia delle religioni. Secondo Douglas Allen, "Eliade è stato forse il più popolare e influente tra gli studiosi contemporanei di storia delle religioni", ma "molti, se non la maggior parte, degli specialisti in antropologia, sociologia e storia delle religioni hanno ignorato o liquidato rapidamente i suoi lavori"[30].

Il classicista Geoffrey Kirk ha criticato l'insistenza di Eliade sull'idea che gli aborigeni australiani e gli antichi abitanti della Mesopotamia conoscessero i concetti di "essere", "non essere", "reale" e "divenire", pur non avendo termini per indicarli. Kirk ritiene anche che Eliade abbia esteso eccessivamente l'ambito delle sue teorie: Eliade ritiene, per esempio, che il mito moderno del buon selvaggio sia il prodotto della tendenza religiosa a idealizzare l'età primordiale e mitica[31]. Secondo Kirk "queste esagerazioni, unite a una marcata ripetitività, hanno reso Eliade impopolare tra molti antropologi e sociologi[31]. Sempre secondo Kirk, Eliade avrebbe basato la sua teoria dell'eterno ritorno sulle funzioni della mitologia aborigena e l'avrebbe poi applicata ad altre mitologie per le quali era inadeguata. Per esempio, Kirk ritiene che l'eterno ritorno non descriva a sufficienza le funzioni della mitologia greca e di quella nordamericana[32]. Kirk conclude che "la teoria di Eliade offre una descrizione accettabile di alcuni miti, non una guida per comprenderli tutti[32].

Nell'introduzione al volume di Eliade sullo sciamanesimo, anche Wendy Doniger, che gli succedette all'Università di Chicago, afferma che la teoria dell'eterno ritorno non è applicabile a tutti i miti e i rituali, anche se è applicabile a molti di essi[33]. Comunque, pur accettando le critiche a Eliade sulle eccessive generalizzazioni, Doniger nota che il suo tentativo di "comprendere l'universale" gli ha permesso di intuire schemi e modelli che "attraversano il mondo e l'intera storia umana"[34]. Che fossero vere o no, sostiene Doniger, le teorie di Eliade sono ancora utili "come punto di partenza per una storia comparata delle religioni", e sono applicabili "anche a dati nuovi ai quali Eliade non aveva accesso"[33].

I dati empirici nella storia delle religioni

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Alcuni studiosi hanno criticato il lavoro di Eliade perché carente di dati empirici: non sarebbe perciò riuscito a "offrire una metodologia adeguata per lo studio delle religioni e rendere questa disciplina una scienza empirica"[35]; gli stessi critici ammettono però che "la storia delle religioni non ha l'obiettivo di essere una scienza empirica"[35]. In particolare, la sua concezione del sacro come struttura della coscienza umana è considerata inaccettabile perché non dimostrabile empiricamente: "nessuno ha ancora definito la categoria fondamentale di sacro"[36]. È stata criticata anche la tendenza di Eliade a ignorare gli aspetti sociali della religione[10]. L'antropologa Alice Kehoe ha criticato fortemente lo studio di Eliade sullo sciamanesimo soprattutto perché è opera non di un antropologo ma di uno storico delle religioni: Kehoe fa notare che Eliade non ha svolto alcun lavoro sul campo né contattato alcun gruppo indigeno che praticasse lo sciamanesimo, e che il suo lavoro è una sintesi di diverse fonti senza il supporto della ricerca diretta[37].

Kees W. Bolle, al contrario, sostiene che l'approccio di Eliade sia "empirico in tutti i suoi lavori"[38] grazie alla sua particolare attenzione ai "vari motivi particolari" dei diversi miti[38]. Lo studioso francese Daniel Dubuisson ha invece messo in dubbio gli insegnamenti di Eliade e la sua figura di ricercatore, sottolineando il suo rifiuto di considerare le religioni nel loro contesto storico-culturale e suggerendo che la sua idea di "ierofania" si riferisse all'esistenza vera e propria di un livello sovrannaturale[12].

Ronald Inden, storico dell'India, ha criticato Mircea Eliade e altri intellettuali (tra i quali Carl Gustav Jung e Joseph Campbell) per aver incoraggiato una visione "romantica" dell'induismo[39]. Inden afferma che il loro approccio alla questione soffre di una visione orientalista e fa sembrare l'induismo "un regno chiuso, dominato dalla fantasia e dalla religiosità che mancano agli uomini occidentali e di cui essi hanno bisogno"[39].

Influenze della cultura di destra

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Nonostante gli studi di Eliade non siano subordinati alle sue idee politiche, la scuola di pensiero di Nae Ionecu che ha condiviso negli anni Trenta, ossia il vitalismo esperienzialista (trăirism), ha dei punti di contatto con alcuni aspetti del fascismo. Anche i lavori di Julius Evola, da lui apprezzati, sono ideologicamente legati al fascismo[12][40][41]. Marcel Tolcea sostiene che Eliade abbia mantenuto il suo legame con l'estrema destra attraverso la particolare interpretazione del pensiero di René Guénon proposta da Julius Evola[40]. Daniel Dubuisson ha descritto l'idea di Eliade di "homo religiosus" come un riflesso dell'elitismo fascista e ha sostenuto che la sua visione del giudaismo e dell'Antico Testamento, che considerava gli ebrei nemici di un'antica religione cosmica, era sostanzialmente una riproposizione della retorica antisemita[12].

In un suo articolo del 1930 Eliade descrive Julius Evola come un grande pensatore e loda i controversi intellettuali Oswald Spengler, Joseph Arthur de Gobineau, Huston Stewart Chamberlain e l'ideologo nazista Alfred Rosenberg[12]. Quando Evola, che continua a sostenere i principi del fascismo mistico, protesta con Eliade per non essere stato menzionato in un suo scritto, lo studioso romeno replica che i suoi lavori sono rivolti al pubblico comune e non agli iniziati dei circoli esoterici[42]. Dopo gli anni sessanta Eliade, insieme a Evola, Louis Rouger e altri intellettuali, offre supporto al controverso Gruppo di ricerca e studio per la civiltà europea di Alain de Benoist, espressione della Nuova Destra intellettuale[43][44].

Eliade si è occupato a lungo del culto di Zalmoxis e del suo presunto monoteismo[45]. Questo, insieme alla conclusione che la romanizzazione era stata un fenomeno superficiale nella Dacia romana, è una visione vicina ai sostenitori del nazionalismo protocronista[45]. Secondo lo studioso Sorin Antohi, Eliade potrebbe aver incoraggiato i protocronisti, e in particolare Edgar Papu, a svolgere ricerche volte a dimostrare che le popolazioni romene medievali avevano anticipato il Rinascimento[46].

Nel suo studio su Eliade, Jung e Campbell, Ellwood discute anche il legame tra le teorie accademiche dei mitologi citati e i loro controversi rapporti politici, facendo notare che tutti e tre sono stati accusati di sostenere posizioni politiche reazionarie. Ellwood sottolinea l'ovvio parallelo tra la natura conservatrice dei miti, che celebrano un'epoca aurea primordiale, e il conservatorismo dell'estrema destra[47]. La questione sarebbe comunque più complessa: qualunque fossero le loro posizioni politiche, sostiene Ellwood, i tre mitologi erano spesso "apolitici" (se non "anti-politici") e rifiutavano l'idea della salvezza nel mondo terreno[47]. Inoltre, i rapporti tra la mitologia e la politica erano diversi in ciascuno dei tre mitologi in questione: nel caso di Eliade, un forte senso nostalgico (per l'infanzia, il tempo passato, la religione cosmica)[47] avrebbe influenzato non solo i suoi interessi accademici, ma anche la sua ideologia politica.

Dato che Eliade è rimasto estraneo alle questioni politiche nella seconda parte della sua vita, Ellwood ha cercato di estrarre un'implicita filosofia politica dal suo lavoro accademico e sostiene che l'interesse di Eliade per le antiche tradizioni non lo abbia reso affatto un reazionario. Ellwood, al contrario, conclude che l'Eliade maturo era "un modernista radicale"[47]. Secondo Ellwood,

«Chi considera la fascinazione di Eliade per il primordiale un segno delle sue visioni politiche reazionarie non capisce l'Eliade maturo e il suo radicalismo. [...] La tradizione non era per lui un obbligo, come per Edmund Burke, o una sacra verità da tenere in vita di generazione in generazione, perché Eliade era pienamente consapevole che le tradizioni, come gli uomini e le nazioni, vivono solo attraverso il cambiamento e persino l'occultamento. La questione non è tentare infruttuosamente di tenerle immutate, ma scoprire dove si nascondono[48]

Numerosi studiosi hanno accusato Eliade di essenzialismo, un tipo di generalizzazione nel quale si attribuisce impropriamente un'"essenza" comune a un intero gruppo (in questo caso, a tutte le società "religiose" o "tradizionali"). Inoltre, alcuni vedono un legame tra l'essenzialismo di Eliade riguardo alla religione e l'essenzialismo fascista sulle razze e le nazioni[49]. Per Ellwood questa associazione "sembra piuttosto contorta, e alla fine si riduce a poco più che un argomento ad hominem che tenta di mischiare il lavoro accademico di Eliade con la pessima reputazione associata alle Sturmabteilung e alla Guardia di ferro"[49]. In ogni caso, Ellwood ammette che alcune tendenze del "pensiero mitologico" potrebbero aver portato Eliade, così come Jung e Campbell, a vedere certi gruppi in modo "essenzialista", e ciò potrebbe spiegare un certo antisemitismo: "La tendenza a considerare genericamente le persone, le razze, le religioni o i partiti, che come vedremo è il difetto più grave del pensiero mitologico, incluso quello dei mitologi moderni come i nostri tre, può essere collegata al nascente antisemitismo, o viceversa"[50].

Opere tradotte in italiano

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Tra parentesi, la data di pubblicazione dell'opera originale.

Opere scientifiche (saggistica)

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Letteratura (romanzi e racconti, diari, memorie, drammaturgia)

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Note

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  1. ^ a b (RO) Cotidianul RO, su Cotidianul RO. URL consultato il 3 giugno 2022.
  2. ^ Anke Pfeifer, Călinescu, George: Istoria literaturii române de la origini pînă în prezent, J.B. Metzler, 2020, pp. 1–2, ISBN 978-3-476-05728-0. URL consultato il 3 giugno 2022.
  3. ^ a b (ES) Paseo por el Bucarest de Mircea Eliade, su La Vanguardia, 30 maggio 2007. URL consultato il 3 giugno 2022.
  4. ^ Revistă Sud Est - L'investissement en Loi Pinel, su www.sud-est.md. URL consultato il 3 giugno 2022.
  5. ^ Alexandra Laignel-Lavastine, Cioran, Eliade, Ionesco. L'oubli du fascisme, in "Perspectives critiques", PUF, Parigi, 2002 (recensito da Thomas Roman, Rhinocérisation des esprits, su Parution.com, 12 novembre 2002).
  6. ^ Michel Winock, Cioran, Eliade, Ionesco. Trois Roumains et le fascisme, in "L'Histoire", n.266, giugno 2002.
  7. ^ Adrian Paul Iliescu, Cum nu trebuie apărat Mircea Eliade, in "Observator cultural", n.208, 17 febbraio 2004.
  8. ^ Z. Ornea, Anii treizeci. Extrema dreaptă românească, Editura Fundației Culturale Române, Bucarest, 1995, pag. 203.
  9. ^ Z. Ornea, Anii treizeci. Extrema dreaptă românească, Editura Fundației Culturale Române, Bucarest, 1995, pp. 202-206.
  10. ^ a b Ovidiu Șimonca, Mircea Eliade și căderea în lume, recensione del libro di Florin Țurcanu Mircea Eliade. Le prisonnier de l'histoire, in "Observator cultural" n. 305, gennaio-febbraio 2006.
  11. ^ Daniel Dubuisson, Impostures et pseudoscience, l'œuvre de Mircea Eliade, Presses Universitaires du Septentrion, Villeneuve-d'Ascq, 2005, pag. 42, nota 3.
  12. ^ a b c d e Michael Löwy, recensione a Impostures et pseudo-science. L'œuvre de Mircea Eliade di Daniel Dubuisson, in "Archives de sciences sociales des religions", n. 132, 2005.
  13. ^ Così Elémire Zolla riferendo delle pubblicazioni di Eliade in Italia: «Ho appreso recentemente da quali infami giochi politici fu accompagnata l'edizione della sua prima opera nella collana viola Einaudi. E pensare chi arzigogolava contro di lui era De Martino che lo andava a visitare a Parigi e si professava suo ammiratore, perfino pubblicando dialoghi con lui su La Tour Saint-Jacques! Poteva star sicuro De Martino che la gente che lavorava da Einaudi non avrebbe certo letto La Tour Saint-Jacques». In Elémire Zolla e Doriano Fasoli. Un destino itinerante. Venezia, Marsilio, 2002, pag.67.
  14. ^ Roberto Scagno, nel suo Alcuni punti fermi sull'impegno politico di Mircea Eliade nella Romania interbellica: un commento critico al dossier "Toladot" pubblicato in Esploratori del pensiero umano - Una raccolta di saggi su Eliade e Georges Dumézil a cura di Jiulien Ries e Natale Spineto Milano, Jaca Book, 2000 pp. 259-289, cita le critiche a Eliade da parte di intellettuali italiani.
  15. ^ Cesare Pavese, Officina Einaudi, Torino, Einaudi, 2008, lettera del 26 luglio 1949, p. 318.
  16. ^ Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, ed. Universale Bollati Boringhieri, 2008, pag. 365
  17. ^ Trattato di storia delle religioni, ed. Universale scientifica Boringhieri, 1981, pp. 421-422.
  18. ^ (FR) Michel Meslin, Pour une science de la religion (Per una scienza delle religioni), Seuil, Parigi, 1973, pag. 158.
  19. ^ (EN) Douglas Allen, Structure and Creativity in Religion. Hermeneutics in Mircea Eliade's Phenomenology and New Directions (Struttura e creatività nella religione. Ermeneutica nella fenomenologia di Mircea Eliade e nuove direzioni), Edizioni Mouton, la Aia-Parigi-New York, 1978.
  20. ^ (EN) Bryan S. Rennie, Reconstructing Eliade. Making Sense of Religion (Ricostruire Eliade. Dare un senso nella religione), Edizioni dell'Università di New York, Albany, 1996.
  21. ^ (RO) Mircea Itu, Mircea Eliade, Edizioni della Fondazione Romania di domani, Bucarest, 2006, pp. 26-30.
  22. ^ (EN) Carl Olson, The Theology and Philosophy of Eliade (La teologia e la filosofia di Eliade), Edizioni MacMillan, Londra, 1992.
  23. ^ (FR) Adrian Marino, L'herméneutique de Mircea Eliade (L'ermeneutica di Mircea Eliade), Gallimard, Parigi, 1981.
  24. ^ Natale Spineto, Esploratori del pensiero umano - Georges Dumézil e Mircea Eliade , nel Julien Ries, Natale Spineto (curatori), Edizioni Jaca Book, Milano 2000, pagina 223: «Su Eliade e l'India, la trattazione più ampia è quella di M. Itu, Indianismul lui Eliade, Brașov, 1997; dello stesso autore, L'indianisme de Mircea Eliade, tesi di dottorato, Sorbona, Ecole Pratique des Hautes Etudes, Section des sciences historiques et philologiques, discussa a Parigi nel 1999. Sul'argomento, si vedano inoltre: A Barbosa da Silva, Phenomenology of Religion, in General and of M.Eliade's Phenomenological Approach in Particular, Uppsala 1982, pages 161-171; F. Scialpi, 'Condizione umana e liberazione nelle religioni dell'India', in L. Arcella, P. Pis, R. Scagno (a cura di), Confronto con Mircea Eliade. Archetipi mitici e identità storica, Milano 1998, pagine 197-218 ».
  25. ^ (FR) Natale Spineto, La méthode comparative de Mircea Eliade (Il metodo comparativo di Mircea Eliade), in François Boespflug e Françoise Dunand (a cura di), Le comparatisme en histoire des religions (Il metodo comparativo nella storia delle religioni), Éditions du Cerf, Parigi, 1996, pag. 15.
  26. ^ (FR) Adrian Marino, L'herméneutique de Mircea Eliade (L'ermeneutica di Mircea Eliade), Edizioni Gallimard, Parigi, 1981.
  27. ^ Paul Ricoeur, Conferenze su ideologia e utopia, Editoriale Jaca Book, 1994 p.71
  28. ^ (FR) Paul Ricœur, De l'interprétation. Essai sur Freud (Della interpretazione. Saggio su Freud), Edizioni Seuil, Parigi, 1965.
  29. ^ P. Ricoeur, De l'interprétation. Essai sur Freud, Parigi, Seuil, 1965, trad. it. Dell'interpretazione. Saggio su Freud, di E. Renzi, Il Saggiatore, Milano, 1967, pp. 46-48
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  50. ^ Robert Ellwood, cit, pag. x.

Bibliografia

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