La migrazione LGBT o migrazione queer è quel movimento migratorio di persone lesbiche, gay, bisessuali o transessuali, operato tanto a livello nazionale che internazionale, regolarmente in fuga dalla discriminazione sessuale (sessismo), dall'omofobia e dalle situazioni di abuso nei confronti che possono ricevere nei loro paesi d'origine, derivanti dal proprio orientamento sessuale e identità di genere, verso luoghi di maggior accettazione o tolleranza sociale[1].
Ci possono essere diversi motivi per cui le persone LGBT si ritrovino costrette a lasciare il territorio in cui risiedono, tra i quali i più comuni sono:
Agli inizi del '900 l'omosessualità era stata utilizzata anche come uno dei motivi validi per la deportazione in direzione dell'Australia[6]. La nazione ha specificamente consentito l'immigrazione omosessuale fin dal 1980[7].
Al principio del XX secolo l'omosessualità era considerata una malattia mentale ed utilizzata quindi per escludere gli omosessuali dalla possibilità di immigrare negli Stati Uniti d'America e in Canada[6]; quest'ultimo paese ha consentito l'immigrazione omosessuale solamente nel 1991[7].
Negli USA la legge sull'immigrazione e la nazionalità "Immigration and Nationality Act of 1965" è diventato il primo criterio per impedire esplicitamente ai "deviasti sessuali" di poter entrare nel paese, così come richiesto anche dal "Immigration and Naturalization Service" (il servizio d'immigrazione e naturalizzazione) per espellere tali individui[8].
La "Lavender scare", a partire dal 1950 negli Stati Uniti e nel Regno Unito, effettuata in parallelo alla campagna anticomunista conosciuta come maccartismo, contribuì a creare ulteriore persecuzione degli omosessuali ed uno spirito di paura per coloro che provavano attrazione nei confronti di persone dello stesso sesso
In Messico tra il 2002 e il 2007 circa mille persone, per lo più uomini gay, sono entrati nei registri statistici per essere stati uccisi per atti omosessuali: ciò rende il paese al secondo posto al mondo con il secondo più alto tasso di omicidi e crimini omofobici (dopo il Brasile)[9][10]. È stato stabilito che 16 donne siano state assassinate a causa dell'omosessualità tra il 1995 e il 2004[11].
Molti paesi africani puniscono l'omosessualità con la pena di morte, come avviene in Mauritania, Sudan e nel nord della Nigeria, dove lesbiche e gay vengono a volte sottoposti a lapidazione; la persecuzione sessuale istituzionale è anche dilagante in Camerun, Burundi, Ruanda, Uganda e Gambia, mentre lo Zimbabwe ha vietato gli atti omosessuali nel 1995[12][13][14].
In Uganda "toccare una persona con intento omosessuale" si traduce in una condanna a vita in prigione, e tutte quelle azioni che sono percepite come promozione dell'omosessualità portano ad una condanna di sette anni; tali atti vengono contrastati dalle associazioni per i diritti umani dei gay, assieme alle campagne di sostegno per il sesso sicuro[14][15].
Lo stupro correttivo, ovvero la violenza sessuale contro le persone LGBT al fine di "correggere" le loro "patologie", è un fenomeno ben noto in Sudafrica[16]. Questo può essere ulteriormente dannoso, considerando l'alta incidenza di HIV/AIDS in Sudafrica[17].