I Malavoglia
Frontespizio di un'edizione del 1907
AutoreGiovanni Verga
1ª ed. originale1881
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneAci Trezza
ProtagonistiFamiglia Toscano, ovvero i Malavoglia:
  • Padron 'Ntoni: capo famiglia
  • Bastianazzo: figlio maggiore
  • Maruzza, detta la Longa: moglie di Bastianazzo

Figli di Bastianazzo e Maruzza:

  • 'Ntoni (Antonio)
  • Mena (Filomena)
  • Luca
  • Alessi (Alessio)
  • Lia (Rosalia)
Antagonistilo zio Crocifisso
Altri personaggiDon Michele, Tino Piedipapera, Fortunato e Brasi Cipolla, Rocco Spatu, Alfio Mosca, avvocato Scipioni, Vanni Pizzuto, cugina Anna, Nunziata, Santuzza, Don Silvestro il segretario, Don Franco lo speziale
SerieI Vinti
Seguito daMastro-don Gesualdo

I Malavoglia è il romanzo più conosciuto dello scrittore Giovanni Verga, pubblicato a Milano dall'editore Treves nel 1881. È una delle letture più diffuse e indicate nei programmi di letteratura italiana all'interno del sistema scolastico italiano. Fa parte del ciclo dei Vinti.[1]

Descrizione riassuntiva

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Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Ha un'impostazione corale e rappresenta personaggi uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque da un destino tragico ed inevitabile.

Lo scrittore adotta la tecnica dell'impersonalità, riproducendo alcune caratteristiche del dialetto e adattandosi quanto più possibile al punto di vista dei differenti personaggi, rinunciando così all'abituale mediazione del narratore.

L'opera va inserita nel Ciclo dei Vinti, insieme a Mastro-don Gesualdo e a La duchessa de Leyra, opere che affrontano il tema del progresso visto dal punto di vista degli "sconfitti" della società. La Duchessa de Leyra rimase solo abbozzato, mentre gli altri due romanzi previsti nel Ciclo (L'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso) non vennero neppure iniziati.[2]

Il linguaggio

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Lo stesso Verga nella lettera al Farina propone «non un racconto, ma l’abbozzo di un racconto, un documento umano» rivolto a «tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore».[3] Nella sua introduzione al romanzo del 1881 l'autore scrive che «per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, il linguaggio tende ad individualizzarsi».[4] In base a ciò Leone Piccioni commenta che alle origini il linguaggio è «corale ampio, cui tutti partecipano senza quelle tali differenziazioni». A proposito dell'impersonalità, l'interpretazione di Benedetto Croce mostra «come di fatto l'arte sia sempre personale e come, nel caso specifico, anche il Verga abbia una sua personalità, che è "fatta di bontà e malinconia"».[5]

Trama

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Presso il paese di Aci Trezza, nel catanese, vive la laboriosa famiglia di pescatori Toscano, soprannominata Malavoglia per antifrasi secondo la tradizione della 'ngiuria (una particolare forma di appellativo). Il patriarca della famiglia è l'anziano Padron 'Ntoni, vedovo, che si esprime spesso per mezzo di proverbi. Con lui, nella "Casa del Nespolo", vivono il figlio Bastiano, detto Bastianazzo, sua moglie Maruzza, detta la Longa ed i loro cinque figli, in ordine di età: 'Ntoni, Luca, Filomena detta Mena o Sant'Agata, Alessio detto Alessi e Rosalia detta Lia. Il loro principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", nome dato all'imbarcazione che utilizzano per la pesca. Grazie alla loro casa e alla barca, i Malavoglia conducono una vita semplice ma dignitosa.

Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell'esercito del Regno d'Italia e questo evento (che rappresenta simbolicamente l'irruzione del mondo moderno in quello rurale della Sicilia contemporanea) segna l'inizio della rovina della famiglia stessa. Venendo infatti a mancare un lavorante, proprio durante una cattiva annata per la pesca e al momento di provvedere alla dote di Mena, giunta all’età da matrimonio, Padron 'Ntoni tenta un affare comprando a credito una grossa partita di lupini[6], peraltro avariati, dal compaesano usuraio zio Crocifisso. Il carico viene affidato a Bastianazzo affinché si rechi con la Provvidenza a Riposto per venderlo, ma durante il viaggio la barca subisce un naufragio, Bastianazzo e il suo garzone muoiono e i lupini vanno persi. I Malavoglia si ritrovano così con una triplice disgrazia: è morto il padre, principale fonte di sostentamento della famiglia, la Provvidenza va riparata ed occorre pagare il debito dei lupini. Nonostante l’avvocato Scipioni sconsigli di pagare il debito a zio Crocifisso, in quanto non era mai stato un atto ufficiale, Padron ‘Ntoni, rimanendo vincolato alla loro storia di uomini d'onore, decide di pagare comunque, pur sapendo che difficilmente vi sarebbe riuscito. Maruzza rinuncia anche suoi diritti sulla Casa del Nespolo, che era un bene relativo alla sua dote, quindi intoccabile per le leggi del tempo, per offrire una garanzia. Essendo morto suo padre, 'Ntoni ha la possibilità di tornare dal servizio militare, che svolgeva a Napoli, dove è stato a contatto con la modernità. Non sopportando i disagi della leva, torna immediatamente, pur sapendo che se fosse rimasto per altri sei mesi suo fratello Luca ne sarebbe stato esonerato. 'Ntoni fatica però anche a riadattarsi alla dura vita di pescatore, dando scarso sostegno al nucleo familiare.

La Provvidenza viene riparata e, seppur di ridotte dimensioni, ritorna operativa, ma le sventure per la famiglia non terminano. Luca, partito a sua volta per il servizio militare, muore nella battaglia di Lissa (1866). Per costringere i Malavoglia a pagare il debito, zio Crocifisso finge di averlo venduto al sensale Piedipapera, il quale sostiene di non poter più tirare avanti senza quel denaro. La famiglia è così costretta a lasciare l'amata Casa del Nespolo e a trasferirsi in una casa in affitto. Ciò determina la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla, figlio del ricco del villaggio, del quale non era però mai stata innamorata, preferendogli l'umile carrettiere Alfio Mosca. Anche Barbara Zuppidda, volta le spalle a ‘Ntoni. Nonostante i grandi sacrifici per cercare di accumulare denaro e ricomprare la Casa del Nespolo, la reputazione e l'onore della famiglia peggiorano fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della Provvidenza porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte; Maruzza muore invece di colera. 'Ntoni, stanco di lavorare senza ottenere risultati, se ne va dal paese per tentare di fare fortuna altrove, avendo sentito dei forestieri parlare di una nuova società dove c'erano persone non più costrette a lavorare. Ritorna però qualche tempo dopo, ancora più impoverito e perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all'ozio e all'alcolismo.

La partenza di 'Ntoni costringe nel frattempo la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro e a lavorare a giornata. La padrona dell'osteria Santuzza, già oggetto di interesse amoroso da parte del poliziotto don Michele, si invaghisce di 'Ntoni (che intanto entra nel giro del contrabbando), mantenendolo gratuitamente all'interno del suo locale. La condotta di 'Ntoni e le lamentele del padre la convincono però a distogliere le sue aspirazioni dal ragazzo e a richiamare don Michele all'osteria. Ciò determina una contesa tra i due pretendenti, al culmine della quale 'Ntoni arriva ad accoltellare al petto don Michele, nel corso di una retata anti-contrabbando. 'Ntoni viene arrestato e Padron 'Ntoni spende gran parte dei soldi risparmiati per pagare un avvocato. Al processo, 'Ntoni viene condannato a 5 anni di carcere, evitando una pena più lunga per motivi "d'onore". L'avvocato Scipioni lascia infatti intendere che la rissa fosse scoppiata perché 'Ntoni voleva difendere la reputazione della sorella Lia, che don Michele aveva corteggiato e lei aveva respinto. Padron 'Ntoni però, sentendo le voci circa la relazione tra don Michele e sua nipote Lia, sviene esanime. Dopo tante disgrazie, il salmodiare di Padron 'Ntoni, ormai molto anziano, si fa sconnesso e i suoi proverbi iniziano a venire pronunciati senza cognizione di causa. Non essendo più in grado di lavorare e un onere per i nipoti, si decide di ricoverarlo in ospedale. Intanto Lia, vittima delle malelingue e del disonore, lascia il paese per non tornarvi più e finisce a prostituirsi a Catania.

Infine Alessi, l'ultimo dei figli, continuando a fare il pescatore, riesce a ricomprare la Casa del Nespolo, dove si trasferisce con Nunziata, una brava ragazza che ha nel frattempo sposato. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella Lia, rinuncia a sposarsi con Alfio Mosca e, precocemente invecchiata, rimane ad accudire i figli di Alessi e Nunziata. Ciò che resta della famiglia fa visita a Padron 'Ntoni all'ospedale per informarlo che la Casa del Nespolo è di nuovo nelle loro mani. Questa è l'ultima gioia per il vecchio pescatore, che muore però prima di poter fare ritorno a casa. Infine una sera, dopo aver scontato la pena, 'Ntoni ritorna a casa, ma solo per salutare. Consapevole di non poter più vivere lì a causa del suo passato e di aver rinnegato sistematicamente i valori della sua famiglia, abbandona definitivamente il paese natale.

L'opera

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Tutta la narrazione si svolge nel tardo Ottocento ad Aci Trezza, piccolo paese della Sicilia orientale.

Si può dividere l'intera opera fondamentalmente in tre parti:

L'ambientazione

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Una foto scattata da Verga, ritraente lavoratori siciliani, dai quali sono stati tratti i personaggi delle sue opere
La famiglia Valastro nel film La terra trema di Luchino Visconti

Il romanzo è ambientato ad Aci Trezza, piccolo paesino del catanese. Alcuni luoghi del paese hanno una certa importanza nel racconto. La casa, focolare e rifugio domestico, rappresentata dalla "Casa del Nespolo" è un luogo molto importante per i personaggi che, avendo subito gravi perdite familiari, cercano almeno prima di conservare e poi, una volta persa, di riavere. Altri luoghi tipici sono la piazza, sede d'incontro e di pettegolezzo, l'osteria, luogo di perdizione, la farmacia di don Franco, dove gli uomini discutono di politica e di "rivoluzione", perdendo però tutto il loro coraggio e la loro baldanza quando temono di essere uditi dalle mogli.

Per quanto riguarda il tempo, il romanzo si ambienta nella seconda metà dell'800. Le attività sono scandite da alcune ricorrenze religiose o dall'alternarsi delle stagioni, tipici elementi della cultura contadina. La mentalità, il punto di vista che predomina nel romanzo è quello dei pescatori, degli “umili”, e lo Stato appare come un nemico, che opprime il popolo con il suo servizio di leva, la sua falsa giustizia e le sue tasse eccessive e arbitrarie.

I personaggi

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La visione pessimistica

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L'autore sottolinea come le disgrazie si succedano l'una dopo l'altra fino ad affondare le sorti di una famiglia intera, che non può fare altro che subirle con rassegnazione. Quella in questione è una famiglia di tipo patriarcale con due capisaldi: Padron ‘Ntoni e l'imbarcazione "La Provvidenza".

Il primo è il senex, il galantuomo, custode della saggezza; si ricordino, a tal proposito, i tantissimi proverbi sciorinati in ogni momento. È possibile ipotizzare che l'autore, attraverso queste manifestazioni della cultura del popolo, esprima il proprio giudizio e le proprie opinioni: egli comunica con il lettore attraverso i detti e le sentenze.

La seconda, la barca, è la fonte di guadagno, simbolo della vita: in essa sono racchiuse le speranze di una buona pesca e quindi della sopravvivenza. Il nome beneaugurante si tramuta poi, con amara ironia, nel simbolo della condizione infelice della famiglia.

Temi principali

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I temi principali sono gli affetti familiari e le prime irrequietudini per il benessere (cfr. Prefazione). Come anticipato nella novella Fantasticheria, emerge il cosiddetto ideale dell'ostrica: così come le ostriche, se staccate dallo scoglio che consente loro di sopravvivere, muoiono, così i personaggi, allontanandosi dal modello di vita consueto per migliorare le proprie condizioni, finiscono per soccombere (come 'Ntoni e Lia). Soltanto quelli che si adattano alla loro condizione possono salvarsi (è il caso di Alessi e di Mena).

La famiglia

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Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia, al focolare domestico, alla casa. È quindi facile comprendere i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Per i Malavoglia la "roba" consiste nella Provvidenza e nella Casa del Nespolo. Quando entrambe vanno perdute, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e, con essa, il legame con il passato e gli affetti familiari.

L'economia

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Giovanni Verga riprende più volte il discorso economico, anche nelle tragedie familiari. Quando, ad esempio, muore Bastianazzo, la prima ed ultima cosa che si dice è che la barca era carica di lupini: il fattore economico è quindi molto importante. Inoltre, Verga vuole sottolineare la differenza tra la malizia del popolo e la famiglia operosa. Difatti è il popolo a pensare che Padron 'Ntoni si preoccupi dei lupini, quando quest'ultimo è afflitto per il figlio. I Malavoglia, durante tutto il romanzo, sono tesi a recuperare la condizione economica iniziale, o a migliorarla. L'economia del paese è chiusa e di tipo feudale: le classi sociali sono immobili e non è lasciata nessuna possibilità alla libera iniziativa, come dimostra l'investimento nei lupini avariati, semi della leguminosa Lupinus albus, diffusi e consumati nel catanese, coltivati e lavorati sulle colline che sovrastano Aci Trezza[7] e citati dallo stesso Verga anche nella novella La roba (Ei andava a vantare, per esempio, la fertilità di una tenuta la quale non produceva nemmeno lupini)[8].

Lo stile

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Nello stile di Verga bisogna ricordare la frequenza dei dialoghi. Mescolando il discorso diretto, quello indiretto e il discorso indiretto libero, Verga assume nella lingua italiana modi tipici del parlato siciliano, avvicinandovisi con intenti veristi. Questo stile narrativo ci permette di identificare i personaggi del romanzo come esseri profondamente legati al proprio paese e alla propria casa. Contemporaneamente, la coralità del parlato permette allo scrittore di non comparire mai in primo piano con i propri giudizi, lasciando campo libero alle interpretazioni proprie del lettore, posto di fronte ad un fatto oggettivo.[9]

I Malavoglia al cinema e il seguito moderno

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Uno scorcio del mare di Aci Trezza, dal film La terra trema di Luchino Visconti.

Edizioni

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Note

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  1. ^ Giovanni Verga: Opere, su treccani.it.
  2. ^ I Malavoglia nell'enciclopedia Treccani, su treccani.it.
  3. ^ Lettera di Verga a Salvatore Farina. URL consultato il 19 dicembre 2022.
  4. ^ Giovanni Verga, I malavoglia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1965, pp. 7 - 9.
  5. ^ Mario Puppo, Manuale critico bibliografico per lo studio della letteratura italiana, Torino, Società Editrice Internazionale, 1968, p. 335 - 340.
  6. ^ I lupini dei Malavoglia, su scuolissima.com. URL consultato il 4 maggio 2023.
  7. ^ Acqua, ruote e mulini nella Terra di Aci.
  8. ^ Novelle rusticane - La Roba. G.B. Palumbo editore.
  9. ^ I Malavoglia - approfondimento, su treccani.it.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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