Gino Montesanto (Venezia, 21 gennaio 1922 – Roma, 5 luglio 2009) è stato uno scrittore e giornalista italiano.
«"Mi capita spesso di sentire l’inutilità dello scrivere, ma poi mi accorgo che nonostante dubbi e incertezze non so fare altro di meglio. Scrivere diventa una necessità segreta, o un vizio a cui non so sottrarmi, un modo per esprimermi di cui non voglio privarmi".»
Veneto di nascita, ma formatosi in Romagna con il poeta Marino Moretti, inizia a scrivere giovanissimo e sotto le armi forma uno stretto sodalizio con un gruppo di intellettuali ed artisti che sarebbe proseguito per tutta la vita: Michele Prisco, Mario Pomilio, Enrico Accatino, Pietro Guida, Silvio Loffredo, Orseolo Torossi, Luca Desiato.
Laureatosi a Genova si trasferì quindi a Roma nel secondo dopoguerra, esercitando l'attività di scrittore e giornalista, iniziando una pluridecennale collaborazione con la RAI. Come scrittore, adotta uno stile narrativo di espressione realista e di forte matrice cattolica che lo avvicina, ma lo discosta dal percorso parallelo di Pier Paolo Pasolini. Consapevolmente si avvicina al modello narrativo di Dostoevskij.[1]
Notevole la produzione letteraria, che lo porta per tre volte in finale al premio Campiello, [2] affermandosi come uno dei maggiori scrittori del dopoguerra. È inoltre vincitore del Premio Letterario Basilicata 1980[3].
Ha fondato la rivista Leggere, di cui è stato direttore, ed è stato capo redattore dal 1963 al 1965 della rivista La Fiera Letteraria. Ha lavorato anche come autore di programmi e come sceneggiatore per la RAI curando numerosi programmi culturali televisivi e radiofonici I giorni. Fu promotore e giurato del premio Soverato nel 1964.
Il suo archivio e la sua biblioteca sono oggi conservati a Cesenatico presso la Casa museo Marino Moretti.
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