Gianni Corbi (Avezzano, 6 febbraio 1926 – Roma, 31 luglio 2001) è stato un giornalista italiano.
Figlio di un avvocato abruzzese, da parte di madre è parente con gli scrittori Sandro De Feo e Nicola De Feo, zii materni. Nipote da parte di padre di Bruno Corbi, militante e futuro parlamentare del Partito Comunista Italiano.
Si trasferisce negli anni precedenti allo scoppio della Seconda guerra mondiale a Roma, al seguito della famiglia, diventando un attivo antifascista, e fondando, con i compagni di studio Ferdinando Agnini, Orlando Orlandi Posti e Nicola Rainelli, l'"Associazione degli studenti universitari", movimento repubblicano e clandestino.
Dopo l'armistizio del settembre 1943, le azioni di sabotaggio organizzate da Corbi si moltiplicano, e con Maurizio Ferrara dà vita al "Csa, comitato studentesco di agitazione".
Al termine della guerra Corbi si dedica al giornalismo, scrivendo per Il Messaggero e, grazie a contatti con Arrigo Benedetti, entra nel 1955, del neonato mensile L'Espresso, diretto dallo stesso Benedetti e con Eugenio Scalfari come vicedirettore, dove presto diviene caporedattore. Nel marzo del 1968 diviene direttore della rivista sostituendo Scalfari, fino all'aprile del 1970. Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello contro il commissario Luigi Calabresi. Rimarrà al settimanale come direttore editoriale per 15 anni, fino all'età del pensionamento. Fu poi "garante del lettore" del quotidiano la Repubblica[1].
Il Dossier Mitrokhin, al report nº 35, lo accusa di essere stato una spia al soldo del KGB da prima del 1972[2], circostanza che tuttavia non è mai stata provata ed è stata fermamente smentita dallo stesso Corbi. Nel 2002 Paolo Guzzanti, presidente della Commissione bicamerale incaricata di indagare sul dossier, chiarì definitivamente che Corbi e gli altri giornalisti coinvolti (tra cui Sandro Viola e Giuliano Zincone) erano «persone innocentissime»[3].
Nel 2016 il comune di Avezzano ha intitolato un largo di piazza Torlonia al giornalista[4].
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