Fasci italiani di combattimento | |
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Leader | Benito Mussolini |
Segretario | Michele Bianchi Attilio Longoni Umberto Pasella |
Stato | Italia |
Sede | Via Paolo da Cannobbio 37, Milano |
Fondazione | 24 marzo 1919 |
Dissoluzione | 10 novembre 1921 |
Confluito in | Partito Nazionale Fascista |
Ideologia | Fascismo[1] Nazionalismo italiano[2][3][4][5][6][7] Nazionalismo rivoluzionario[8][9] Anticapitalismo[10] Anticomunismo Sindacalismo nazionale[11][12] Terza posizione[11][12][13] Sansepolcrismo[14] Socialismo nazionale[14] Repubblicanesimo |
Collocazione | Trasversale (1919-1920)[15] Estrema destra (1920-1921) |
Coalizione | Blocco democratico (1919) Blocchi nazionali (1921) |
Seggi massimi Camera | |
Testata | Il Fascio |
Iscritti | 312000 (1921) |
Colori | Nero |
I Fasci italiani di combattimento furono il movimento politico fondato a Milano da Benito Mussolini il 23 marzo 1919 ed erede diretto del Fascio d'azione rivoluzionaria del 1915. Il 9 novembre 1921 si trasformò nel Partito Nazionale Fascista.
Allo scoppio della prima guerra mondiale nell'estate del 1914, il Regno d'Italia, formalmente alleato degli Imperi centrali, decise di rimanere neutrale.[16] Tra i primi sostenere con forza la necessità dell'entrata in guerra dell'Italia al fianco degli Alleati furono i sindacalisti rivoluzionari dell'Unione Sindacale Italiana (USI).[17] Secondo Filippo Corridoni, Alceste De Ambris e Sergio Panunzio infatti una possibile vittoria degli Imperi centrali avrebbe provocato un ulteriore inasprimento delle condizioni di vita della classe lavoratrice, mentre la vittoria degli Alleati avrebbe consentito la nascita di moti rivoluzionari di carattere nazionale negli Imperi centrali e nel Regno d'Italia, formalmente alleato dell'Impero austro-ungarico e dell'Impero tedesco.[18] La corrente dell'interventismo di sinistra provocò ben presto la spaccatura dell'USI, da cui si originò l'Unione Italiana del Lavoro (UIL), mentre sul fronte politico la corrente dei sindacalisti rivoluzionari di Filippo Corridoni fondò il 5 ottobre 1914 il Fascio rivoluzionario d'azione internazionalista.[18] Una corrente interventista si costituì anche all'interno del Partito Socialista Italiano (PSI), a questa faceva capo Benito Mussolini, direttore dell'Avanti!, che una volta estromesso dalla direzione del giornale, fondò il 15 novembre 1914 Il Popolo d'Italia per continuare a portare avanti le sue istanze.[19] Mussolini fu poi espulso dal PSI il 29 novembre 1914, costituendo i Fasci Autonomi di Azione Rivoluzionaria.[19] Il 6 gennaio 1915 le varie anime dell'interventismo di sinistra confluirono nei Fasci d'Azione Rivoluzionaria, nei quali nei quali Benito Mussolini assunse ben presto un ruolo di primo piano, grazie al suo passato da dirigente del PSI e al sostegno economico assicurato dagli ambienti dell'imprenditoria più favorevoli all'entrata in guerra dell'Italia al fianco degli Alleati.[20] All'interno del neonato movimento fascista maturò quindi un profonda avversione alle posizioni neutraliste del PSI, e parallelamente fu indicata la necessità di dare inizio a una serie di manifestazioni allo scopo di portare l'Italia in guerra contro gli Imperi centrali.[21]
Il 24 maggio 1915 con l'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale al fianco degli Alleati, molti fascisti si arruolarono come volontari vantando il loro contributo interventista e diffondendo tra i reparti dell'esercito le loro istanze rivoluzionarie.[21] Dal fronte, Mussolini scrisse della necessità di rinnovare il movimento fascista affinché potesse sopravvivere al dopoguerra diventando il punto di riferimento di una nuova classe dirigente costituita dai combattenti, specialmente dai giovani ufficiali di complemento, massimi esponenti della "trincerocrazia italiana".[22] Il 3 novembre 1918, con la fine della guerra, la disfatta degli Imperi centrali e la nascita di nuovi stati nazionali repubblicani, Mussolini si impegnò a diventare il punto di riferimento di tutti coloro che avevano combattuto in ottica rivoluzionaria.[23] Il 14 novembre 1918 Mussolini convocò per dicembre la Costituente dell'interventismo italiano, che aveva come punti fondamentali il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori come portare la giornata lavorativa a otto ore nell'arco di due anni e l'introduzione del salario minimo.[24]
Il 23 marzo 1919 nella sala riunioni del Circolo dell'alleanza industriale, in piazza San Sepolcro a Milano, furono ufficialmente fondati i Fasci italiani di combattimento. Tra i fondatori[25] troviamo persone di diversa estrazione sociale ed orientamento politico, a riflesso di un certo eclettismo ideologico di questa fase originaria; tra i primi aderenti ci furono anche cinque ebrei.[26][27]
Benito Mussolini prevedeva l'attuazione di uno specifico Programma di San Sepolcro (dal nome della piazza in cui fu proclamato). I primi appartenenti ai Fasci si chiamarono appunto sansepolcristi, fregiati di una fascia giallorossa (i colori di Roma). Gli squadristi semplici invece erano riconoscibili da una striscia rossa al polso della camicia nera.
I locali della prima sede a Milano furono affittati dall'Associazione lombarda degli industriali presieduta da Cesare Goldmann, un industriale e massone di origine ebraica[28] a cui venne pagato regolare affitto. La sede era caratterizzata da simboli degli Arditi che sarebbero divenuti comuni nell'iconografia fascista, quali il pugnale, il gagliardetto degli arditi e il teschio. Il simbolo dell'organizzazione era il fascio littorio, che si rifaceva alla storia romana, così come molti altri simboli del futuro regime. A tale riguardo Gino Coletti, segretario e promotore della Associazione Nazionale Arditi d'Italia (ANAI), su “Pensieri e ricordi” suoi appunti del 1952 scrive: “…Fu con la garanzia di sicurezza degli arditi che il 23 marzo del 1919 Mussolini poté promuovere l’adunata di P.za San Sepolcro nella quale vennero fondati i Fasci di Combattimento”
In breve tempo, in tutto il mese di aprile in diverse città aprirono diverse sezioni,[29] anche se le adesioni non furono massicce.[30] Accanto ai Fasci di combattimento sorsero affiancate numerose associazioni, con lo scopo di reagire ai tentativi insurrezionali del Partito Socialista Italiano.[29] Queste ultime erano costituite principalmente da leghe di reduci e associazioni patriottiche e studentesche.[31]
Il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento, alla cui stesura aveva collaborato attivamente Alceste de Ambris,[32] fu ufficialmente pubblicato su Il Popolo d'Italia il 6 giugno 1919. Nel manifesto venivano avanzate numerose proposte di riforma politica e sociale per far «fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra», rappresentando la terza via tra i due opposti poli e sviluppandosi nell'ambito delle teorie moderniste sull'uomo nuovo. Solo parte di queste vennero realizzate durante il periodo del regime fascista (1922–1943). Pur riprese successivamente durante la Repubblica Sociale Italiana, come la socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione, rimasero sostanzialmente inapplicate a causa degli eventi bellici.
La maggior parte dei partecipanti della prima ora erano reduci interventisti della prima guerra mondiale. Molti di loro avevano precedentemente militato in formazioni di sinistra (anarchici, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e socialisti).
Organo ufficiale dei Fasci Italiani di combattimento era il settimanale Il Fascio, che iniziò ad essere pubblicato non appena ce ne furono i mezzi. Vicino alle posizioni dei Fasci era poi, ovviamente, Il Popolo d'Italia, che però non ne divenne mai l'organo ufficiale, mantenendosi separato dal movimento.[33]
A Milano i primi elementi fascisti dei neocostituiti Fasci italiani di combattimento si fecero notare il 15 aprile 1919, per la prima volta a livello nazionale,[34] prendendo parte all'assalto alla sede del quotidiano socialista Avanti! dopo una giornata di scontri tra manifestanti socialisti e contromanifestanti del Partito Nazionalista, futuristi e arditi. Nel novembre 1919 si presentarono alle elezioni politiche nel collegio di Milano, con capilista Mussolini, Arturo Toscanini e Filippo Tommaso Marinetti, ma non ebbero alcun eletto.[35]
Al tempo dell'impresa di Fiume, quando nella città giuliana occupata da Gabriele D'Annunzio cominciarono a mancare gli approvvigionamenti, i Fasci italiani di combattimento, supportati anche da organizzazioni femminili patriottiche, si occuparono di sfollare verso città del nord circa quattromila bambini.[36]
Giovanni Giolitti, come aveva fatto nei suoi due precedenti governi, decise di non reprimere le rivolte, ma cercò di servirsi dei Fasci di combattimento, dando loro piena libertà di azione per riportare alla calma la situazione italiana (questo incoraggiamento sarebbe poi stato determinante per l'ascesa in Italia di Mussolini e del fascismo).
Alle elezioni politiche del maggio 1921 esponenti fascisti si candidarono nelle liste dei Blocchi Nazionali, eleggendo 35 deputati, tra cui lo stesso Mussolini, mentre due furono eletti in liste dei Fasci italiani di combattimento.
Al terzo congresso di Roma, nel novembre 1921, fu deciso lo scioglimento del movimento, che contava già 312 000 iscritti,[37] e fu creato il Partito Nazionale Fascista. La denominazione rimase tuttavia ad indicare le strutture territoriali locali del nuovo partito, tra cui la Federazione dei Fasci di Combattimento a livello provinciale.
Elezione | Voti | % | Seggi | Posizione | |
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Politiche 1919 | Camera a | 4657 | 0,08 | 0 / 508
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Opposizione |
Politiche 1921 | Camera b | Nei Blocchi Nazionali | 37 / 535
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Opposizione | |
a) Presenti solo nella circoscrizione di Milano (4657 voti; 1,47%) in coalizione col Partito Politico Futurista nel Blocco democratico b) Presenti con liste autonome nelle circoscrizioni di Napoli (12897 voti; 7,55%) e Verona e Vicenza (16652 voti; 8,20%) |
[38][39] | I Congresso Nazionale (Firenze) 9-10 ottobre 1919 | II Congresso Nazionale (Milano) 24-25 maggio 1920 | Fine 1920 | Febbraio 1921 | III Congresso Nazionale (Roma) 7-10 novembre 1921 |
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Numero sezioni | 22 | 56 | 800 | 1 000 | 2 200 |
Iscritti | 17 000 | 30 000 | / | / | 310 000 |
L'organo ufficiale dei Fasci Italiani di combattimento era il settimanale Il Fascio, che iniziò ad essere pubblicato il 15 agosto 1919. Vicino alle posizioni dei Fasci era poi, ovviamente, Il Popolo d'Italia, che però non ne divenne mai l'organo ufficiale, mantenendosi separato dal movimento.[33]
Controllo di autorità | VIAF (EN) 136529297 · WorldCat Identities (EN) viaf-136529297 |
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