Il territorio si estende su 580 km² ed è suddiviso in 57 parrocchie, raggruppate in 4 vicariati foranei: Senigallia, Ostra-Arcevia, Mondolfo-Corinaldo, Chiaravalle; e 14 unità pastorali.[5]
La diocesi di Senigallia risale presumibilmente al V secolo ed inizialmente comprendeva il territorio della città romana di Sena Gallica e l'ager circostante. Il primo vescovo storicamente documentato è Venanzio, che partecipò al sinodo di Roma celebrato nel novembre 502 sotto papa Simmaco. Allo stesso sinodo era presente anche Martiniano, vescovo della confinante diocesi di Ostra, che si estendeva nella media valle del Misa. Questa diocesi fu successivamente inglobata in quella di Senigallia, probabilmente in corrispondenza dell'abbandono della città romana di Ostra, circa alla metà del VI secolo.
Secondo la tradizione, all'epoca del presunto vescovo Sigismondo (fine del VI secolo) arrivarono miracolosamente a Senigallia via mare le reliquie Gaudenzio, martire e vescovo di Rimini, per il quale la regina Teodolinda avrebbe costruito una basilica a lui dedicata.
Scarne sono le notizie sulla diocesi e i vescovi dal VI al X secolo. Sono noti i nomi di una quindicina di vescovi per questo periodo, molti dei quali presero parte ai concili celebrati a Roma dai pontefici, da Mauro, che figura tra i padri che attesero al concilio lateranense del 649, ad Attone I, documentato in diverse occasioni dal 968 al 996.
Sono note anche diverse abbazie benedettine, che dopo il Mille decaddero e scomparvero. Tra queste la più antica è l'abbazia di San Gaudenzio, che prese il nome del santo identificato con il vescovo di Rimini. L'unica superstite è l'abbazia di Santa Maria in Castagnola di Chiaravalle, presso la località romana di Sestia, che nel 1147 passò ai monaci cisterciensi e fu unita alla diocesi il 31 agosto 1771.[8]
Nel 1057papa Vittore II per sovvenire alla povertà del vescovo di Fossombrone, distaccò dalla diocesi di Senigallia la massa di Sorbetolo e l'attribuì alla mensa vescovile di Fossombrone con tutti i diritti: così Loretello, Nidastore, Montesecco, San Pietro e Palazzo divennero parte integrante della diocesi di Fossombrone.
Al vescovo Benno e ai suoi successori, papa Onorio III, con la bollaIn eminenti[9] del 29 maggio 1223, concesse e confermò tutti i privilegi e i possedimenti della mensa episcopale di Senigallia. Oltre a indicare le parrocchie e i confini della diocesi, la bolla riporta che all'epoca la cattedrale era dedicata a San Giovanni Battista. In seguito, dopo la distruzione della città ad opera dei Saraceni nel 1264, fu eretta la cattedrale in onore di San Paolino, consacrata dal vescovo Filippo il 4 maggio 1271.
Nel XIV secolo, il vescovo Giovanni d'Ancona, a causa della decadenza di Senigallia, chiese ed ottenne di trasferire la sede episcopale a Corinaldo.
La diocesi fu tra le prime in Italia ad istituire il seminario vescovile, reso obbligatorio dal concilio di Trento nel 1563. Non si conosce la data esatta della sua istituzione, ma di certo la sua esistenza è documentata già nel 1578; alcuni sinodi diocesani, in particolare quelli del 1564, del 1565 e del 1573, affrontarono esplicitamente la questione della sua fondazione e del suo sostentamento. Inizialmente aveva sede nel palazzo vescovile di Senigallia. Verso la metà del XVII secolo alcuni edifici di proprietà della diocesi vennero adattati per ospitare il seminario, finché il nuovo seminario venne costruito e ultimato nel 1731.[10] A seguito del sinodo del 1592 vengono pubblicati sei decreti, che danno norme di disciplina ecclesiastica, ma è più importante il sinodo del 1627 che applica alla diocesi le deliberazioni del Concilio di Trento. Dopo cent'anni, nel 1727 un nuovo sinodo pubblica quattro costituzioni: una teologica, una sacramentaria, una organizzativa e una amministrativa. Nel 1737 si tiene un nuovo sinodo: in quest'occasione il vescovo Rizzardo Isolani ripubblica i decreti del sinodo del 1627, conferma le deliberazioni di quello del 1727 e pubblica le Costituzioni, articolate in 51 capitoli che vertono sulla dottrina cristiana, sui Sacramenti, sui luoghi di culto e sui cimiteri, sulle suppellettili sacre e sulle istituzioni ecclesiastiche. Bernardino Honorati indisse un sinodo nel 1791, che sfociò in un Titulus prooemialis in tre articoli: sulla fede, sulla dottrina cristiana, sulla predicazioni e da altri due titoli, sui chierici e sulle cose sacre.[11]
L'attuale cattedrale, la quinta della diocesi, fu voluta dal cardinale Bernardino Honorati; i lavori, iniziati nel 1762, furono ultimati nel 1790; la chiesa fu consacrata con il titolo di San Pietro apostolo il 4 luglio 1790. La facciata invece fu rifatta nel 1877 e finanziata da papa Pio IX, originario di Senigallia.
Tito Maria Cucchi celebra il sinodo diocesano nel 1904, pubblicando dopo i documenti introduttivi tre parti: sulla fede, sulle persone, sui sacramenti e altre azioni sacre.[11][12]
Nel 1983 si celebra il sinodo presieduto dal vescovo Odo Fusi Pecci, per dare attuazione alle riforme del Concilio Vaticano II. Le costituzioni sinodali sono promulgate l'anno successivo; comprendono 10 capitoli: Il popolo di Dio; I ministeri ordinati; La vita di speciale consacrazione; La organizzazione pastorale; Pastorale dell’insegnamento della Parola di Dio; Pastorale liturgica; Pastorale della carità; Beni culturali e beni artistici; Beni temporali; Il procedimento giudiziale.[11]
Nel 1992, con decreto del vescovo Odo Fusi Pecci, è stata istituita la «Pinacoteca diocesana di arte sacra» ospitata nel piano nobiliare del palazzo vescovile di Senigallia. Ospita numerose opere d'arte del patrimonio artistico-religioso della diocesi, con dipinti dal XVI al XIX secolo, tra cui la Madonna del Rosario, grande dipinto (1596-1599) di Federico Barocci. Nel palazzo vescovile ha sede anche l'archivio storico diocesano.
La casa natale di Pio IX è sede del museo dedicato al pontefice del XIX secolo. Dal 1974 ospita inoltre la biblioteca diocesana, con un patrimonio librario superiore a 37.000 volumi. Tra questi tutte le opere, oltre mille volumi, pubblicate su Pio IX.[15]
^abI nomi di Bonifacio e Sigismondo sono contenuti in alcuni racconti agiografici «destituiti di ogni prova e assai sospetti»; inoltre il nome di Sigismondo, «certamente borgognone, in un prelato della Media Italia del secolo VI è più che sospetto» (Lanzoni, pp. 492-493). Lanzoni tuttavia non esclude completamente che Bonifacio e Sigismondo siano stati vescovi di Senigallia, ma non nel VI secolo.
^Questo vescovo è noto unicamente per un'iscrizione, trovata nel 1856, nella quale non vi sono elementi che permettono una sua datazione. Cappelletti, III, p. 381.
^I vescovi documentati dal 649 all'877 sono menzionati dagli atti dei concili romani del VII, VIII e IX secolo, pubblicati dalle Monumenta Germaniae Historica nella serie Leges e nella sottoserie Concilia (1893-2010).
^abcdefgSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen kaisern…, p. 253.