Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Damalisco comune
Topi del Serengeti (Damaliscus lunatus jimela)
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaAlcelaphinae
GenereDamaliscus
SpecieD. lunatus
Nomenclatura binomiale
Damaliscus lunatus
(Burchell, 1824)
Areale
Topi del Serengeti in corsa.
Topi del Serengeti nel Masai Mara.
Il sassaby (D. l. lunatus), la sottospecie più meridionale.

Il damalisco comune (Damaliscus lunatus Burchell, 1824) è un'antilope africana della sottofamiglia degli Alcelafini. È presente in quasi tutte le zone di savana dell'Africa sub-sahariana, anche se in molte aree oggi si rinviene soltanto nelle aree protette.

Descrizione

[modifica | modifica wikitesto]

A seconda della sottospecie, il damalisco comune misura tra i 150 e i 205 cm di lunghezza e tra i 100 e i 130 cm di altezza al garrese. La coda misura 40-60 cm e le corna possono raggiungere i 72 cm di lunghezza. Il peso varia tra i 75 e i 160 kg. Di forme e dimensioni simili all'alcelafo, ha una testa meno allungata dal profilo leggermente concavo. Le corna sono massicce, anulate e incurvate all'indietro con punte convergenti (a lira); nella sottospecie meridionale o sassaby (D. l. lunatus) la testa è piccola e le corna, sottili e corte, si incurvano lateralmente e all'indietro. Il pelo è rasato e molto lucido: castano-bruno nelle sottospecie meridionali e orientali (D. l. lunatus, D. l. superstes e D. l. jimela), diviene più rosso porpora brunastro nelle sottospecie nord-orientali e centrali (D. l. topi e D. l. tiang) e decisamente rosso vivace più o meno aranciato a nord-ovest (D. l. korrigum). Tutte le sottospecie presentano un disegno molto simile con fronte e muso, parte alta degli arti, spalle e cosce color grigio-nero bluastro; la parte inferiore degli arti, le ascelle e l'inguine sono giallo ocra. Solo D. l. lunatus ha inguine e addome bianchi. Come per l'alcelafo, le dimensioni sembrano diminuire andando da ovest verso est e sud. Ha ghiandole preorbitali e sulle zampe.

Distribuzione e habitat

[modifica | modifica wikitesto]

Il damalisco comune una volta era ampiamente diffuso nelle savane, soprattutto nelle pianure alluvionali, dell'Africa a sud del Sahara, ed era una delle specie di antilopi più comuni dell'Africa. Oggi, tuttavia, è scomparso da gran parte del suo areale e si incontra di solito solo all'interno di parchi nazionali ed aree protette. Da alcuni paesi, come Mali, Mauritania, Mozambico, Senegal, Burundi e Gambia, è scomparso del tutto.

Biologia

[modifica | modifica wikitesto]

In quanto specie che si nutre esclusivamente pascolando, il damalisco comune predilige le savane aperte, in particolare le pianure alluvionali. In grado di correre molto velocemente, può raggiungere per brevi tratti punte di 70 km/h. Quando è in corsa si muove in maniera caratteristica, scuotendo vigorosamente la testa su e giù.

I damalischi vivono in piccoli branchi composti da un maschio dominante e da un numero variabile di femmine, otto in media, con i loro piccoli. Quando raggiungono un anno di età, i giovani maschi vengono allontanati dalla mandria, mentre le femmine rimangono per lo più all'interno del branco originario. Durante i primi anni di vita, i giovani maschi formano associazioni di scapoli che si dissolvono non appena raggiungono i quattro anni, età nella quale sono già abbastanza grandi per guidare una propria mandria. I maschi dominanti difendono il proprio branco contro gli intrusi; quando due maschi rivali si fronteggiano, di norma cercano di impressionare l'avversario con apposite posture di minaccia, ma nei rari casi in cui questo non basta, possono scoppiare feroci duelli combattuti a colpi di corna. I maschi che vengono così allontanati dal proprio branco terminano la loro vita conducendo un'esistenza solitaria.

Tassonomia

[modifica | modifica wikitesto]

Tradizionalmente, il damalisco comune è sempre stato considerato come una specie distinta, classificata sotto il nome scientifico Damaliscus lunatus, nella quale venivano distinte cinque sottospecie[1][2]. Nel 2003, tuttavia, alcuni studiosi iniziarono a mettere in discussione il fatto che le varie forme di damalisco appartenessero ad una sola specie; quando venne descritto per la prima volta il sassaby del Bangweulu, esso venne inizialmente considerato una specie separata (Damaliscus superstes) e altri studiosi si domandarono se anche le altre forme fossero distinte abbastanza da giustificare l'appartenenza a specie diverse[3]. Nel corso di una revisione della classificazione dei Bovidi, nel 2011, tutte le sottospecie sono state considerate specie a sé. Attualmente le sottospecie riconosciute sono sei[4]:

Wilson e Reeder (2005) suddividono il damalisco comune in tre specie distinte: Damaliscus lunatus, alla quale apparterrebbe solamente la forma meridionale (il sassaby), Damaliscus superstes, la forma della regione del lago Bangweulu, e Damaliscus korrigum, comprendente tutte le sottospecie settentrionali (D, l. topi, D. l. korrigum e D. l. jimela; D. l. tiang non viene riconosciuto).

Il damalisco di Hunter, in passato considerato talvolta come una sottospecie del damalisco comune, viene attualmente classificato come una specie distinta (appartenente inoltre ad un genere a sé).

Note

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ a b c d e f g (EN) Lista rossa IUCN, Damaliscus lunatus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) Jonathan Kingdon, The Kingdon Field Guide to African Mammals, London, A&C Black Publishers, 2008, ISBN 978-0-7136-6513-0.
  3. ^ (EN) F. P. D. Cotterill, Insights into the taxonomy of tsessebe antelopes Damaliscus lunatus (Bovidae: Alcelaphini) with the description of a new evolutionary species in south-central Africa, in Durban Museum Novitates, vol. 28, 1º gennaio 2003, pp. 11–30. URL consultato il 16 dicembre 2019.
  4. ^ (EN) Don E. Wilson, Russell A. Mittermeier e Paolo Cavallini, Handbook of the mammals of the world, in Hooved Mammals, vol. 2, Barcellona, Lynx Edicions, 2011, pp. 701-704, ISBN 978-84-96553-49-1, OCLC 304148757.
  5. ^ The IUCN Red List of Threatened Species, su IUCN Red List of Threatened Species. URL consultato il 16 dicembre 2019.
  6. ^ The IUCN Red List of Threatened Species, su UCN Red List of Threatened Species. URL consultato il 16 dicembre 2019.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Mammiferi: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di mammiferi