Il complemento oggetto o complemento diretto è, in grammatica, uno dei due tipi di complemento nella tradizionale analisi logica italiana (l'altro è il complemento indiretto).[1]
Costituito da un sintagma nominale (la persona, l'animale o la cosa su cui ricade direttamente l'azione espressa dal verbo), è di norma retto da un verbo transitivo.[2]
Esso risponde alle domande: Chi? Che cosa?
Il complemento oggetto completa, quindi, il significato del predicato costituito sempre da un verbo transitivo attivo.
Esempi:
La definizione, in sé utile, ha lo svantaggio di non distinguere il complemento oggetto dal soggetto, che in italiano di solito viene espresso nello stesso modo.
Il complemento è direttamente collegato al verbo, senza quindi uso di preposizioni.
Esempi:
Quando il complemento oggetto è introdotto da un articolo partitivo il complemento è detto "complemento oggetto partitivo"
Delle bibite equivale ad alcune bibite.
Se vi è una particolare parentela etimologica tra verbo e complemento oggetto, si parla di "complemento oggetto interno":
Oltre che con un nome, il complemento oggetto può essere espresso anche con una proposizione, chiamata subordinata oggettiva.
Alcuni verbi intransitivi possono reggere un complemento oggetto. Quando un oggetto diretto è espresso da un nome che ha la stessa radice del verbo intransitivo o esprime un significato simile.
Es. Vivere una vita; Piangere lacrime;
Rispondendo alle domande "Chi?" o "Che cosa?" il complemento oggetto induce spesso in errore. Può essere confuso con il predicato nominale e soggetto. Il complemento oggetto, in realtà, indica la persona, l'animale o la cosa su cui ricade direttamente l'azione compiuta dal soggetto ed espressa da un verbo transitivo attivo.
Esempio:
Su quale oggetto ricade l'azione di essere "acquistato"? Sulla maglietta.
Su chi ricade l'azione di essere "accompagnato"? Su Luisa.