L'economia della Francia è sempre più aperta: in proporzione al suo PIL, le importazioni e le esportazioni di beni e servizi stanno diventando sempre più importanti. Nel 2010, oltre il 25% del PIL è stato esportato. Tuttavia, dal 2003, la Francia esporta meno beni e servizi di quanti ne importa: la bilancia commerciale è quindi in deficit in modo continuo dal 2003 al 2017. Nel 2015 il deficit per il saldo delle merci era di 45,7 miliardi di euro.
Anno | Valore in miliardi di euro[1][2] |
---|---|
2000 | −5,4 |
2001 | −1,5 |
2002 | 3,5 |
2003 | −0,2 |
2004 | −5,7 |
2005 | −24,2 |
2006 | −29,9 |
2007 | −42,5 |
2008 | −56,2 |
2009 | −45,4 |
2010 | −52,4 |
2011 | −75,0 |
2012 | −67,9 |
2013 | −62,0 |
2014 | −56,3 |
2015 | −42,7 |
2016 | −44,5 |
2017 | −58,2 |
2018 | −62,8 |
2019 | −57,9 |
2020 | −64,4 |
2021 | −85,6 |
2022 | −163,2 |
2023 | −99,6 |
Tra il 1960 e il 2022 la bilancia commerciale della Francia è stata in media in attivo per un valore di appena lo 0,05% del prodotto interno lordo, con un minimo del -3,88% nel 2022 e un miglior risultato del 3,01% nel 1997.[3] Il saldo della bilancia commerciale francese è in negativo sin dal 2003.[4] Una bilancia commerciale deficitaria pesa sulla crescita del prodotto interno lordo: ad esempio, il saldo esterno della Francia ha ridotto la crescita di -0,3 punti nel 2006, di 0,8 punti nel 2007 e di 0,3 punti nel 2008.[5]
Nel 2008, la Francia era il quinto più grande esportatore di merci (soprattutto beni capitali),[6] il quarto per servizi[6] e il terzo per i prodotti agricoli e alimentari (primo produttore europeo ed esportatore di prodotti agricoli).[6]
Per il 2007 il disavanzo cumulato nella bilancia commerciale di beni e servizi ammontava a quasi 38 miliardi di euro.[7] L'allargamento del deficit è dovuto all'aumento del prezzo del petrolio negli anni 2000, all'alto livello del tasso di cambio effettivo dell'euro e alla mancanza di competitività e adattabilità delle imprese francesi.[7] Le esportazioni francesi continuano a salire, a causa del forte aumento del consumo mondiale, ma più lentamente dell'aumento delle importazioni.
Non solo dal 2003 la Francia esporta meno beni e servizi di quanti ne importi, ma dal 2015 che il deficit commerciale (la differenza tra importazioni ed esportazioni) non fa altro che aumentare: era di 41 miliardi di euro nel 2015, di 45 nel 2016 e si prepara a sfiorare i 63 miliardi nel 2017, poco meno del record negativo di 69,4 miliardi del 2011, in piena crisi globale, secondo le stime degli economisti di Bercy.[8]
Nel quinquennio 2011-2016 le esportazioni della Francia sono calate ad un tasso medio del -3,2%, annuo dai $574 miliardi del 2011 ai $498 miliardi del 2016.[9] Secondo le Dogane francesi, il deficit commerciale ha raggiunto nel 2017 la quota di 62,3 miliardi di euro (era stato di 48,3 nel 2016): il disavanzo è, pertanto, aumentato del 28,9% rispetto all'anno precedente - era dal 2011 che non si registrava un deterioramento analogo.[2]
Nel 2021 la bilancia commerciale ha registrato un deficit pari a 84,7 miliardi di euro (ovvero il 3,4% del Pil);[10][11][12] si tratta del deficit commerciale peggiore di sempre per la Francia, superiore al precedente record negativo di -75 miliardi del 2011.[10] Rispetto al 2020, quando aveva raggiunto i 64,2 miliardi di euro, il deficit commerciale si è ampliato di oltre il 30% (circa venti miliardi in più di disavanzo).[11] Anche nei settori in cui un tempo i francesi erano all'avanguardia, come l’agricoltura, le prestazioni risultano in calo.[11]
L'entità del deficit commerciale francese sulle merci è salito a un nuovo massimo storico di quasi 164 miliardi di euro nel 2022, solo parzialmente "migliorato" nel 2023 a 99,6 miliardi di euro, che resta comunque superiore a tutti gli altri deficit registrati ininterrottamente dal 2002 (è anzi il secondo più alto della storia dopo quello del 2022).[13]All'origine del miglioramento del saldo in un anno: “Il calo del prezzo del petrolio e il ritorno alla normalità delle esportazioni di energia elettrica e delle importazioni di beni intermedi”; la combinazione di questi due fattori ha permesso di offrire una tregua alle statistiche francesi nel 2023, secondo Stéphane Colliac, economista di BNP Paribas.[13]
Paese | 2015 |
Germania | 71,0 |
Belgio | 31,2 |
Italia | 31,0 |
Spagna | 30,4 |
Regno Unito | 30,4 |
Stati Uniti | 27,4 |
Paesi Bassi | 17,5 |
Cina (senza Hong Kong) | 16,2 |
Svizzera | 12,9 |
Polonia | 7.1 |
Giappone | 6,8 |
Russia | 6,8 |
Algeria | 6,2 |
Turchia | 6,0 |
Singapore | 5,0 |
Svezia | 5,0 |
Corea del Sud | 5,0 |
Hong Kong | 4,4 |
Brasile | 4,3 |
Portogallo | 4,1 |