Il cane africanis o Kafir dog[1][2][3] è conosciuto con vari nomi, nelle varie lingue locali, è un nome generico attribuito a tutti i cani aborigeni del Sudafrica.
Il nome deriva dalla contrazione del nome scientifico African canis.
I vari altri nomi con cui è chiamato sono: African Dog, African Hunting Dog, Bantu Dog, Hottentot Hunting Dog, Hottentot Dog, Khoikhoi Dog,Umbwa Wa Ki-Shenzi, Zulu Dog, in lingua swahiliumbwa wa ki-Shenzi che significa "buon senso" o "meticcio" o "cane tradizionale".
Il cane africanis è riconosciuto e protetto dalla Kennel Union of South Africa (KUSA)[4] come una razza emergente.[5]
Non è ancora riconosciuto come razza dalla FCI; essi oggi rappresentano i cani pariah (cani da strada, cani selvatici, cani da villaggio) e sono i diretti discendenti dei cani dell'Africa antica.[6]
Secondo Desmond Morris l'africanis in passato è stato anche conosciuto come il Bantu Dog o il Pariah Dog sudafricano. I vecchi nomi locali includevano Sica, Isiqha, Ixhalaga, Ixalagha, Isigola, I-Twina e Itiwina.[7]
L'africanis è un cane originale nazionale dell'Africa meridionale, le cui origini antiche si possono far risalire alla preistoria con i branchi dei lupi selvatici d'Arabia e d'India.[8]
Questi cani sono probabilmente discendenti dei cani della Valle del Nilo di Levante arrivati in Sudafrica a seguito delle migrazioni del popolo bantu.[9]
La presenza del cane domestico in un sito Khoisan a Cape St. Francis (nella Provincia del Capo Orientale) può essere stabilito con certezza dal 800 a.C. in poi.[10][11]Vasco da Gama ed esploratori portoghesi, che esplorano nel 1497 il Sudafrica, parlano di cani simili a quelli portoghesi riferendosi ai cani del popolo Khoikhoi che li utilizzava.
Nel 1505 Theal parlando del Sudafrica e delle sue condizioni parla di un cane simile ad uno sciacallo con una cresta sulla schiena (Ridgeback) molto utile all'uomo.
Più tardi Kollb nel 1713 descrive i cani khoisan:
«Hanno una piccola testa e il muso molto forte. Il mantello è grigio topo. Essi sono raramente superano il metro e sono appena un terzo più lungo. Le orecchie sono erette e taglienti".»
(Kollb 1713)
Furono i ricercatori Johan Gallant e Joseph Sithole, che studiando i cani delle fattorie del KwaZulu-Natal, compresero che non si trattava di semplici meticci ma di una vera e propria razza con caratteristiche definite e comportamenti ed aspetto omogenei.
Questa razza si è evoluta come la conosciamo in risposta delle dure condizioni ambientali africane, l'intervento dell'uomo è stato marginale; solo i migliori per intelligenze e resistenza sono stati favoriti nella selezione naturale. Il suo aspetto non rigidamente definito è il risultato delle mutevoli condizioni ambientali pur potendosi individuare tratti comuni ben definiti. Questa razza si è evoluta in "ecotipi" modificati per una particolare regione e le condizioni specifiche in cui vivevano.
Naturalmente molto resistente ai parassiti interni ed esterni.
Cane snello e muscoloso di taglia media da 50 a 60 cm (con una tolleranza di 2–3 cm), variabile nel peso da 25 a 45 kg.[13] Possiede un muso allungato; il colore del manto è di solito color marrone ma presenta tutte le possibili combinazioni di colore.
Amichevole con l'uomo, espressivo, territoriale e vigile.[12]
Talvolta si riscontra la caratteristica cresta dorsale (ridge); questa è una caratteristica genetica che è stata trasmessa dall'africanis per la creazione della razza del Rhodesian Ridgeback.[12]
^ Dictionary Unit, kaffir dog, su definition of kaffir dog in A Dictionary of South African English - DSAE, 23 novembre 2020. URL consultato il 23 novembre 2020.
^Chappel, C.A. (1968-69). 'A Strandloper Skeleton Found at Cape St. Francis'. Diastema 2(3): 37-39.
^Klein, R.G. & Cruz-Uribe, K. (1989) 'Faunal Evidence for Prehistoric Herder-Forager Activities at Kasteelberg, Western Cape Province, South Africa'. South African Archaeological Bulletin 44: 82-97.
Swart S. Dogs and dogma — A discussion of the sociopolitical construction of southern african dog ‘breeds’ as a window into social history. S Afr Historical J. 2003:48.
Greyling, L. and Grobler, P., Van der Bank, H., Kotze A., (2004). 'Genetic characterisation of a domestic dog Canis familiaris breed endemic to South African rural areas'. ActaTheriologica 49 (3): 369 - 382
Plug, I. (2000). 'Overview of Iron Age Fauna from the Limpopo Valley'. South African Archaeological Society. Goodwin Series No.8: 117-126.
Van Schalkwyk, L. (1994). 'Mamba confluence: a preliminary report on an Early Iron Age industrial centre in the lower Thukela Basin, Natal'. Natal Mus. J. Humanities, Pietermaritzburg. Vol.6: 119-152.
Van Schalkwyk, L, (1994). 'Wosi: an Early Iron Age village in the Lower Thukela Basin, Natal'. Natal Mus. J. Humanities, Pietermaritzburg. Vol.6: 65-114.
Voigt, E.A. & Peters, J.H. (1994). 'The faunal assemblages from Wosi in the Thukela Valley'. Appendix to: Van Schalkwyk, L, (1994) Wosi: an Early Iron Age village in the Lower Thukela Basin, Natal. Natal Mus. J. Humanities, Pietermaritzburg. Vol.6: 105-117.